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BALCANI

Elezioni in Croazia, scelta fra sovranismo e laicismo

Domenica 22 dicembre la Croazia torna alle urne per scegliere il nuovo presidente. Sono tre i personaggi che si disputano la massima carica dello Stato. Kolinda Grabar-Kitarović, conservatrice moderata e cattolica "adulta", Zoran Milanović post-comunista e laicista. E il sovranista Miroslav Škoro, imprenditore e cantante patriottico, vera novità di questa tornata elettorale.

Esteri 21_12_2019
Zagabria

Domenica 22 dicembre circa quattro milioni di cittadini della Repubblica di Croazia, in Patria, in Bosnia-Erzegovina e nella Diaspora, si recheranno alle urne per la settima volta dall'indipendenza del Paese nel 1991 per eleggere il Presidente della Repubblica. Il successore del Primo Presidente Franjo Tudjman (eletto due volte), di Stjepan Mesić (egualmente eletto due volte), di Ivo Josipović e di Kolinda Grabar-Kitarović sarà scelto tra undici candidati, tuttavia solamente tre di questi lottano per accedere al ballottaggio di domenica 5 gennaio 2010: la Presidente uscente, sostenuta dal partito di centro-destra di maggioranza relativa nel Paese, l'HDZ, cui gli ultimi sondaggi resi pubblici assegnano il 27% dei voti; l'ex primo ministro Zoran Milanović, sostenuto dall'SDP (ex comunisti, ma non troppo), che godrebbe la fiducia del 24% degli elettori, e la vera sorpresa di questa tornata elettorale, il cantante e imprenditore Miroslav Škoro sostenuto da una coalizione di centro-destra alternativa all'HDZ guidata dai sovranisti, dall'alleanza di liste indipendenti Most, e da altre personalità di centro e di destra ivi inclusi numerosi iscritti all'HDZ, e che secondo i sondaggi otterrebbe il 23% dei consensi. Tenendo conto quindi del margine statistico di errore, tra questi tre candidati sarà battaglia all'ultimo voto.

La Presidente uscente, Kolinda Grabar-Kitarović, è cattolica praticante, ma dalle idee piuttosto confuse: sull'aborto è pro choice, pratica yoga ed è appassionata di numerologia. Dopo un promettente avvio, ha deluso le aspettative di molti suoi elettori, anche cattolici, e con il passare del tempo si è limitata a gestire la propria immagine pubblica presenziando a eventi sportivi nei quali erano protagonisti atleti e squadre croate, senza tuttavia incidere più di tanto in ambito politico. Sulla crisi migratoria la sua personale simpatia per le tesi del Gruppo di Višegrad non ha portato a mutamenti nella politica del Paese, sempre più appiattita sulle posizioni di Bruxelles. I croati della Bosnia-Erzegovina, scippati dai bosgnacchi del membro della Presidenza loro spettante, hanno trovato nel governo croato e nella Presidente solo parole di conforto, ma nessun passo concreto che migliorasse la loro posizione. La Presidente ha inoltre svolto con diligenza il compitino assegnatole da Bruxelles volto a favorire l'avvicinamento della Serbia all'Unione Europea per sottrarre quest'ultima dalla sfera di influenza della Russia - il suo atteggiamento remissivo in occasione della visita a Zagabria del Presidente serbo Vučić è stato da molti considerato scandaloso, considerando le durissime invettive anti-croate che da sempre caratterizzano la leadership politica serba, non dissimili dalla propaganda che precedette la guerra degli anni Novanta.

Il candidato Zoran Milanović, ateo, è ricordato con vivo orrore dai cattolici croati poiché quando era Primo Ministro, tra il 2011 e il 2015, fece approvare una legge sulla fecondazione assistita tra le più liberali in Europa e cercò di imporre alle scuole di ogni ordine e grado lezioni di ideologia gender fondate sulle teorie di Alfred Kinsey, notoriamente pedofilo e maniaco sessuale. Il suo pessimo governo ha provocato cinque anni fa la mancata rielezione dell'allora Presidente uscente Josipović, il quale non gliel'ha mai perdonata, tant'è che l'ex Presidente è giunto perfino a lodare Miroslav Škoro, avversario di Milanović. Secondo i sondaggi, l'elezione di Milanović alla massima carica dello Stato è assai improbabile anche se superasse il primo turno.

La vera novità di questo turno elettorale è il cantante e imprenditore Miroslav Škoro. Originario di Osijek, in Slavonia, cattolico praticante, sposato con un'americana di origine serba per parte di padre, ma anch'essa cattolica, dalla quale ha avuto due figli, è convintamente prolife, non si è detto a priori contrario a vietare per legge l'aborto, sebbene ritenga tale divieto improbabile da attuare. Egli è noto per il suo genere melodico-identitario-patriottico che lo fa considerare dalla sinistra "nazionalista", mentre i serbi ovviamente lo giudicano «apertamente ustascia». Il suo più grande successo, Ne dirajte mi ravnicu (Non toccatemi la pianura), scritto nel 1989 e dedicato alle molte persone che lasciavano la Slavonia per trovare lavoro, all'epoca della Guerra per la Patria divenne l'inno dei croati che sognavano di tornare nella Slavonia messa a ferro e fuoco e occupata dai serbi. Sebbene sia stato sempre vicino alle posizioni politiche dell'HDZ, e per breve tempo deputato al Parlamento croato per questo partito, nella sua produzione musicale Škoro non ha mai mancato di lanciare stilettate contro i suoi leader, accusati di essere traditori per avere consegnato i generali dell'esercito croato al Tribunale Internazionale dell'Aja (Sude mi - Mi processano, 2003) e considerati un «serpente che si nasconde nelle viscere» e persone che «giurano falsamente su ciò che mi è sacro: la fede, l'amore e la Patria» (Svetinja - Ciò che è sacro, 2005). L'avvento al potere nell'HDZ di Andrej Plenković, notoriamente telecomandato da Bruxelles, ha causato la rottura definitiva tra il cantante e l'HDZ e l'ha spinto a candidarsi alla Presidenza della Repubblica nel tentativo, come egli ha spiegato in un recente comizio a Zagabria, di restituire ai croati il loro Stato «libero e sovrano».

Dell'HDZ del Presidente Tudjman, dice Škoro, questo partito ha conservato solamente il nome, poiché esso ha tradito l'atto sovrano con cui la Croazia è diventata indipendente, e ha svenduto la Patria rendendola una marionetta al servizio di interessi stranieri. Molto realisticamente nelle promesse di Škoro non si parla di distacco dall'Unione Europea, bensì di rialzare la Croazia e di tornare a difendere attivamente gli interessi del Paese indipendentemente dai diktat di Bruxelles. Egli intende difendere non solo a parole gli interessi dei croati in Bosnia-Erzegovina, propone di inviare l'esercito a difendere i confini minacciati dalle ondate di migranti, e pronuncia un deciso "no" all'ingresso della Serbia nell'Unione Europea finché non cessi la campagna di odio contro i croati e la Croazia diretta dagli attuali governanti serbi, non vengano risarcite le famiglie dei prigionieri croati nei campi di prigionia serbi degli anni Novanta, non vengano fornite notizie certe sui croati scomparsi durante la guerra, e trovato un accordo definitivo sui confini, cose sulle quali l'attuale governo, per fare piacere a Bruxelles, non intende insistere. Egli intende togliere potere ai partiti che hanno occupato come sanguisughe tutti i gangli vitali dello Stato provocandone la paralisi, da una parte aumentando i poteri del Presidente della Repubblica, e dall'altra coinvolgendo più spesso il popolo attraverso appositi referendum.

Anche se non dovesse diventare Presidente, Miroslav Škoro ha già vinto la sua partita, poiché ha raccolto attorno a sé molti elettori di centro-destra delusi dall'HDZ, un partito che da molti anni ormai ha esaurito il proprio compito storico ed è aggrappato al potere grazie a una fitta rete di malaffare, clientelismo e corruzione. Se questo progetto sovranista e identitario dovesse avere successo, per la Croazia si aprirebbero le porte di un vero ammodernamento, morale, spirituale e materiale, limitando i danni dell'ormai incipiente declino dell'HDZ, che se fosse troppo traumatico, consegnerebbe la Croazia in mano alle sinistre e alle forze laiciste anti-cattoliche.