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BELGIO

Eutanasia neonatale: anestesisti ormai becchini

Un'indagine di Acta Obstetricia et Gynecologica Scandinavica interpella 117 tra medici anestesisti e paramedici sull'eutanasia neonatale. I risultati lasciano di sasso: consenso pressoché unanime verso l’aborto tardivo ed elevatissimo favore all’eutanasia neonatale anche nel caso in cui il bimbo abbia possibilità di sopravvivenza. Il 93,6% di loro non è più medico, ma becchino.
- REPUBBLICA CECA, "DOLCE MORTE" RESPINTA, di Luca Volontè 

Vita e bioetica 17_08_2020

Solo a ricordarli, i nomi di Charlie Gard, Isaiah Haastrup e Alfie Evans – i piccoli uccisi in Inghilterra perché non abbastanza sani – fanno ancora venire i brividi, tanto furono sconvolgenti le loro vicende. Una commozione, quella che viene a ripensare a quei bambini, che probabilmente non interesserebbe però i medici del Belgio, Paese dove la «dolce morte» pare stia riscuotendo un preoccupante successo, appunto, tra i sanitari. A metterlo in luce è una nuova ricerca, uscita in questi giorni sulla rivista Acta Obstetricia Et Gynecologica Scandinavica, con la quale sono stati somministrati questionari a 117 professionisti attivi presso gli otto centri con un'unità di terapia intensiva neonatale presenti nelle Fiandre.

Dei 117 tra medici e paramedici interpellati, hanno risposto in modo completo al questionario in 92 (79%). Ebbene, dall’esame delle risposte di costoro sono emersi aspetti che sarebbe eufemistico definire inquietanti. Infatti non solo si è registrato un consenso pressoché unanime verso l’aborto tardivo sia che il nascituro versi in una condizione letale (100%) sia che le condizioni fetali siano gravi ancorché non letali (95,6%), ma si è pure riscontrato un elevatissimo favore all’eutanasia neonatale anche nel caso in cui il bimbo, pur presentando delle criticità, abbia possibilità di sopravvivenza.

Più precisamente, si è visto che, di tutti gli operatori sanitari che hanno risposto al questionario, l'89,1% - addirittura il 93,6% dei medici - concorda sul fatto che, in caso di una condizione neonatale grave (ma non letale), la somministrazione di farmaci con l'intenzione esplicita di porre fine alla vita neonatale qualcosa sia accettabile. Coerentemente, circa la stessa quota di personale attivo in ambito neonatale (87,9%) concorda sul fatto che la legge belga dovrebbe essere modificata per rendere possibile l’anzidetto processo eutanasico. Con tanti saluti ad Ippocrate, verrebbe ironicamente da commentare.

Battute a parte, delle due l’una: o il campione interpellato in questo studio è particolarmente incline alla «dolce morte» oppure in Belgio l’eutanasia è ormai pienamente accettata. A deporre in favore della seconda ipotesi, almeno due riscontri. Il primo è il boom belga della «dolce morte»: i casi complessivi registrati sono infatti lievitati dai 235 del 2003 ai 2.357 del 2018, con un aumento del 903% in 15 anni. Il secondo elemento che può spiegare il riscontrato atteggiamento pro eutanasico verso i minori consiste nel fatto che questa forma estrema di «dolce morte», di fatto, è già realtà dal momento che già nel 2017, in Belgio, ne erano stati segnalati tre casi: quelli - secondo quanto ricostruito da Charles Lane sul Washington Post - di un diciassettenne con distrofia muscolare, di un undicenne con fibrosi cistica e di un bambino di nove anni con un tumore al cervello.

Il consenso plebiscitario verso l’eutanasia neonatale osservato nel nuovo studio uscito su Acta Obstetricia Et Gynecologica Scandinavica, insomma, non è causale, ma poggia su purtroppo solide premesse culturali. Che evidenziano come, una volta accettato il principio secondo cui alcune vite non sono più degne di essere vissute, l’età anagrafica di queste vite – che si tratti cioè dell’anziano o del neonato – diviene cosa  molto relativa. Ciò che prevale, infatti, è il principio, in questo caso un principio di morte, a cui tutto il resto viene tragicamente e implacabilmente a subordinarsi.

Ora, basterà la notizia del baratro morale verso cui sta sprofondando il Belgio rispetto all’eutanasia neonatale a scuotere le coscienze negli altri Paesi, Italia in primis? Non è purtroppo dato saperlo. Però l’auspicio è lecito, anzi doveroso dal momento che, dinnanzi ad esempi e dati come quelli poc’anzi ricordati, nessuno domani potrà più dirsi meravigliato degli esiti sociali catastrofici cui può condurre la «dolce morte» dato che siamo tutti, già oggi, nelle condizioni di sapere quello ci attende se decideremo di non spenderci per una inversione di rotta.