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IL CASO

"Fallo protetto", la Coop si infila nel preservativo

Si chiama “Fallo protetto”, è il claim concepito (si fa per dire) dalla Coop per la sua nuova gamma di preservativi low cost. Con il profilattico a marchio Coop, la holding rossa della grande distribuzione si infila in un mercato che vale 82 milioni di euro. Un'operazione mascherata dalle solite panzane dell'eticamente corretto.

Economia 03_12_2014
Lo spot della Coop

Sottocosto, sottobanco e adesso anche sotto “protezione”. La guerra commerciale tra i giganti della grande distribuzione pare non avere più limiti né misure. Fuori corso le vecchie monete del “prendi tre e paghi uno”, l’invasione degli ultra spot ha abbandonato le tavole per infilarsi fin sotto le lenzuola, e non certo per lavarle più bianche. Arriva dalla Coop, la grande Cooperativa rosso-romagnola, l’ultimo assalto al frastornato consumatore. Non più preso per la gola, stavolta, ma da qualcosa che sta un pochino più giù. Si chiama “Fallo protetto”, è il claim concepito (ma non certo è il verbo più appropriato) dalla Coop per lanciare la sua nuova gamma di preservativi low cost. Come il tonno Riomare e il Tavernello in confezione famiglia, anche il "guanto di Venere" finisce nella borsa della spesa, elevato a genere di prima necessità. C’è poco da sghignazzare: il profilattico nei magazzini sponsorizzati dalla Littizzetto è qualcosa di più di un semplice prodotto: una svolta destinata a scombinare il calcolo dell’inflazione nel paniere dell’Istat, una rivoluzione nella distribuzione dei mezzi di anti-riproduzione di massa. 

Arriva il preservativo a marchio Coop. Così potete… “coopulare” come e quanto vi pare. Tradotto in volgare è questo il messaggio della campagna ideata dall’agenzia Young & Rubicam per pubblicizzare i condom cooperativi.  “Fallo come vuoi, ma fallo protetto!” dice il claim che si presenta con una serie di varianti: “Da me o da te? Luce accesa o luce spenta?”. Nel packaging del prodotto c’è un uccellino (scelta non casuale) che fischietta spensierato nella sua gabbia (a forma di condom) al sicuro dalle grinfie di un gatto. Le “protezioni” sono fabbricati in Thailandia, in puro lattice di gomma naturale, sostanza lavorata nello stesso luogo di origine, ci tengono a precisare sul sito della Coop. Costano solo 3 euro per la confezione da sei pezzi, cioè uno sconto del 30 per cento rispetto ai prodotti leader delle altre catene, che diventa del 50 per la versione “sottile”. «Se si guardano i prezzi delle farmacie», dichiara entusiasta Maria Giulia Pizzaleo della direzione prodotti a marchio Coop, «praticamente siamo sulla metà della spesa, cosa che i più giovani, vista l’accessibilità dei costi, apprezzeranno sicuramente». Certo, il prezzo è basso, forse anche per rimediare alla gaffe di aver strapagato una grande agenzia di pubblicità che ha riciclato lo stesso slogan escogitato da una piccola Onlus di sieropositivi nel 1993, cioè quasi un quarto di secolo fa. Insomma, mica una bella figura per la Coop colta così spudoratamente in “fallo”. 

Ma c’è dell’altro ed è la parte peggiore della campagna: l’etichetta “umanitaria” ed eticamente corretta che la holding rossa esibisce per coprire il suo business anticoncezionale. Con i suoi preservativi low cost, infatti, la Coop si inserisce in un giro di affari di enormi proporzioni: di profilattici, in Italia, se ne vendono infatti ben 91 milioni di pezzi all’anno, numero che genera un fatturato di 82 milioni di euro. Per questo, sul sito si mette bene in guardia il consumatore dal riutilizzare un profilattico perché «comporta determinati rischi: infezioni, lacerazione e perdita di lubrificazione e resistenza dovute al lavaggio. Tutti fattori che aumentano il rischio di gravidanza o di contrarre malattie sessualmente trasmissibili». Notare bene: qui gravidanza e Aids sono sullo stesso piano, entrambi mali da evitare.  In ogni caso, avverte il bugiardino, «l'uso non vaginale può aumentare il rischio di rottura o sfilamento del profilattico». Insomma, con il lato B la Coop non si assume responsabilità. Ma allora, quel “fallo come vuoi” mica è vero: bisognerebbe denunciarli per pubblicità ingannevole. 

Panem et circenses, dicevano i latini e oggi la Coop pare avere capito la lezione. Agli scaffali del panem, ha aggiunto una grande varietà di pietanze a prezzo scontato, ai circenses nel Foro ci somma quelli del sesso. Meno truci e crudeli di quelli che impegnavano i gladiatori, soprattutto senza il rischio di mettere al mondo mocciosi rompiscatole e poco low cost. Eppure, solo due mesi fa, presentando il Rapporto annuale su “Consumi & Distribuzione” (clicca qui), Marco Pedroni, presidente della Coop, ammetteva che senza più bambini l’uscita dalla crisi ce la scordiamo, che «senza figli non c'è ripresa delle aspettative, non c'è incremento dei consumi, non c'è futuro». Ma forse nessuno l’aveva avvisato della nuova campagna per l’incappucciamento della maternità. Però il presidente ha ragione, a dispetto del marketing schizofrenico e delle scemenze dei fallo-creativi.  Per riempire di nuovo i carrelli dei grandi magazzini, le coppie italiane devono riprendere a mettere al mondo figli, pensare positivo e guardare con speranza al futuro. La vita “protetta” e al riparo dai rischi è una gigantesca bugia, messa in giro dalla concorrenza, da chi ci vuole tutti più soli e spaventati. Con i preservativi della Thailandia la nostra economia non va da nessuna parte, non servono a proteggerci dalla crisi tantomeno dall’Aids. Allora, al diavolo quel “Fallo protetto” e rifacciamoci con “Pance e carrello”: è più pop e anche molto Coop.