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BREXIT

Fra Londra e Bruxelles resta il conflitto sull'Irlanda

Passata a Londra la nuova Legge per il mercato interno: se i negoziati sul libero scambio fra Regno Unito e Unione Europea dovessero fallire completamente, l'Irlanda del Nord rimarrebbe comunque nel mercato comune del Regno Unito, per evitarne una secessione di fatto. Un'opzione che però spiana il rischio del ritorno alla frontiera interna irlandese, foriera di conflitto.

Esteri 16_09_2020
Irlandesi europeisti protestano a Londra durante il voto

La camera dei Comuni a Londra ha votato con una netta maggioranza (340 voti contro 263) a favore della nuova Legge per il mercato interno, proposta dal governo Johnson come ultima spiaggia, nel caso i negoziati sul libero scambio fra Regno Unito e Unione Europea dovessero fallire completamente. Aveva peccato sicuramente di ottimismo chi pensava che il 31 gennaio la Brexit fosse un fatto compiuto. Il negoziato sul commercio fra Londra e Bruxelles è più complicato che mai. E a renderlo veramente un rompicapo è sempre la stessa questione che aveva rallentato la Brexit stessa negli ultimi anni: l’Irlanda del Nord.

La Gran Bretagna è un’isola, l’Irlanda pure, ma fra l’Irlanda del Nord, che assieme alla Gran Bretagna (Inghilterra, Scozia e Galles) fa parte del Regno Unito, e la Repubblica d’Irlanda, che è tuttora uno Stato membro dell’Ue, c'è l'unico confine di terra coinvolto nella Brexit. L’appartenenza di Regno Unito e Irlanda alla stessa Unione Europea era stato il fattore determinante per la pace del Venerdì Santo del 1998, dopo una pluri-decennale guerra civile fra unionisti (prevalentemente protestanti e fedeli alla corona britannica) e repubblicani (prevalentemente cattolici e irredentisti irlandesi). Ora che le due parti non fanno più parte della stessa comunità sovranazionale, il rischio è che la guerra riprenda dopo 22 anni di lunga tregua. La questione è seria: se dovesse tornare una frontiera “rigida” con controlli alle dogane per chi passa il confine fra Irlanda del Nord e Repubblica di Irlanda, i repubblicani, trovandosi di nuovo stranieri in terra ostile, potrebbero realmente riprendere le armi. E negli ultimi anni si sono già registrate alcune recrudescenze di terrorismo dell’ala oltranzista dell’Irish Republican Army. La soluzione, almeno temporanea, che aveva permesso a Londra e Bruxelles di concordare la Brexit era la permanenza dell’Irlanda del Nord nelle regole del Mercato unico europeo. La frontiera di terra resta aperta. Ma quella di mare? Le merci che viaggiano fra l’Irlanda del Nord e la Gran Bretagna potrebbero essere controllate alla dogana. Ma il problema dovrebbe essere ovviato con l’accordo di libero scambio fra Ue e Regno Unito, che creerebbe un’unica area di libera circolazione.

Il negoziato, in questo inizio settembre, ha subito una battuta d’arresto soprattutto nel momento in cui il Regno Unito ha realizzato di non essere ancora nella lista dei Paesi che possono importare liberamente i prodotti agro-alimentari dall’Ue. Secondo i negoziatori britannici la minaccia velata della controparte europea (rappresentata da Michel Barnier), è quella di ricorrere a metodi estremi in caso di fallimento del negoziato, imponendo dazi sui prodotti agro-alimentari alla Gran Bretagna, ma non all’Irlanda del Nord (che resta nel Mercato comune). Ciò creerebbe un confine interno al Regno Unito, separando di fatto l’Irlanda del Nord da Londra e “annettendola” al resto dell’Irlanda (quindi all’Ue). In uno scenario come questo, sarebbero gli unionisti nordirlandesi a trovarsi come stranieri in terra ostile e spinti a riprendere le armi. Di qui l’urgenza con cui il governo Johnson ha sponsorizzato la nuova legge sul Mercato interno, sfidando le critiche violente sia di Bruxelles che dell’opposizione britannica. La legge dà il potere al governo di modificare l’accordo di uscita dall’Ue nel capitolo che riguarda l’Irlanda del Nord, mirando all’unico obiettivo di mantenerla integrata nel mercato britannico, comunque vadano i negoziati con l’Ue.

Ricordando ai deputati la storia delle origini del Regno Unito, Johnson ha ribadito: “La creazione del Regno Unito con gli Atti dell’Unione del 1707 e del 1801, non fu solo un evento politico, ma un atto di consapevole integrazione economica che portò alla costruzione delle fondamenta della prima rivoluzione industriale del mondo e alla prosperità di cui godiamo fino ad oggi. Quando gli altri Paesi europei erano ancora divisi, noi abbiamo unito le nostre fortune e abbiamo consentito alla mano invisibile del mercato di esportare i dolci della Cornovaglia in Scozia, il manzo scozzese in Galles, il manzo gallese in Inghilterra e la crema del Devonshire nell’Irlanda del Nord, od ovunque potesse essere gustata. Quando scegliemmo di aderire alla Comunità europea, nel 1973, decidemmo anche che i trattati europei fungessero da garanti legali di queste libertà. Ora che abbiamo lasciato l’Ue e il periodo di transizione sta finendo, dobbiamo rafforzare ancora una volta le nostre leggi per preservare quelle condizioni da cui dipendono posti di lavoro e vite umane”.

L’opposizione è stata molto forte, sia all’esterno che all’interno del Partito Conservatore. Anche se, alla fine, solo due deputati conservatori hanno votato contro, altri trenta si sono astenuti. E potrebbero disertare nelle prossime sessioni di voto, perché quello del 14 settembre è stato il primo ma non ultimo passaggio in parlamento. La ex premier Theresa May è esplicitamente contraria, così come lo è l’altro premier storico John Major, colui che aderì all’Unione Europea firmando il trattato di Maastricht nell’ormai lontano 1992. Lord Hague, altro importante leader conservatore, sul Daily Telegraph esprime la sua contrarietà a una legge che potrebbe, a suo avviso, compromettere la reputazione internazionale del Regno Unito, perché, cambiando unilateralmente i termini dell’accordo sulla Brexit, può essere considerata come una violazione di un trattato internazionale. Ed è soprattutto su questo che batte la critica dell’Unione Europea, sostenuta da una stampa unanime sul continente.

Lungi dall’essere arrivati a una soluzione dell’Irlanda del Nord, Regno Unito e Unione Europea continuano a parlare due lingue differenti. Il Regno Unito si considera ormai fuori e mira a difendere interessi e integrità nazionali. Al contrario, all’Unione interessa che il Mercato comune sia preservato il più possibile e che, dunque, la frontiera irlandese resti aperta ad ogni costo. Se però il Regno Unito è uscito dall’Ue, è proprio per l’insofferenza nei confronti delle regole del Mercato comune. Preservandolo, l’Unione si assicurerebbe che il Regno Unito accetti le regole del mercato dell’Ue pur non avendo più diritto di voto. Al tempo stesso è difficile pensare che il ritorno di una frontiera in Irlanda non faccia scoppiare una tensione fortissima, come non si vedeva da un ventennio.