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PAPA

Francesco: «Il carrierismo vi rende ridicoli»

«È una lebbra», ha detto ai diplomatici vaticani, per poi aggiungere: «Quando c’è un Segretario o un Nunzio che non va per la via della santità e si lascia coinvolgere nelle tante forme di mondanità spirituale si rende ridicolo e tutti ridono di lui».

Ecclesia 07_06_2013
Il Papa ha incontrato i futuri diplomatici vaticani

Il 6 giugno Papa Francesco ha ricevuto in udienza gli allievi della Pontificia Accademia Ecclesiastica, che prepara i futuri diplomatici. Riprendendo puntualmente – il collegamento con interventi del suo predecessore sta diventando consueto – il discorso che Benedetto XVI aveva rivolto il 10 giugno 2011 agli allievi della stessa Accademia, il Pontefice regnante è voluto tornare sul tema a lui caro della «mondanità spirituale», cioè del rischio che corre chi fa il bene – anche un bene oggettivo – non per amore di Dio ma per mero umanitarismo, dietro a cui emerge sempre, presto o tardi, la ricerca dell’applauso del mondo.

Con accenti molto forti, Francesco ha denunciato questo rischio, particolarmente presente tra i diplomatici, come qualche cosa che abbassa i nunzi alla caricatura «ridicola» che spesso di loro offre la stampa laica e li espone alla «lebbra del carrierismo». O siete santi, ha detto il Pontefice ai futuri diplomatici, o è meglio che torniate in diocesi a fare i parroci.

I diplomatici pontifici, ha ricordato il Papa, sono «a servizio diretto del Successore di Pietro, del suo carisma di unità e comunione, e della sua sollecitudine per tutte le Chiese». La caratteristica che  «deve davvero prendere forma» nel diplomatico della Santa Sede è «una grande libertà interiore». Ma che cosa significa questa espressione del Pontefice, «libertà interiore»?

In primo luogo significa «essere liberi da progetti personali, da alcune delle modalità concrete con le quali forse, un giorno, avevate pensato di vivere il vostro sacerdozio, dalla possibilità di programmare il futuro; dalla prospettiva di permanere a lungo in un “vostro” luogo di azione pastorale». Il diplomatico si sposta spesso: dunque dovete, ha detto il Papa, «rendervi liberi, in qualche modo, anche rispetto alla cultura e alla mentalità dalla quale provenite, non per dimenticarla e tanto meno per rinnegarla, ma per aprirvi, nella carità, alla comprensione di culture diverse e all’incontro con uomini appartenenti a mondi anche molto lontani dal vostro».

Ma il nunzio apostolico non è un diplomatico comune. Dovete – ha aggiunto Francesco – «vigilare per essere liberi da ambizioni o mire personali, che tanto male possono procurare alla Chiesa, avendo cura di mettere sempre al primo posto non la vostra realizzazione, o il riconoscimento che potreste ricevere dentro e fuori la comunità ecclesiale, ma il bene superiore della causa del Vangelo e il compimento della missione che vi sarà affidata». Non vale solo, ma vale certo «anche» per i diplomatici «Il carrierismo è una lebbra, una lebbra. Per favore: niente carrierismo».

Cade nel carrierismo chi si lega a gruppi che annunciano teorie o idee proprie, mentre il diplomatico lavora per comunicare le posizioni della Chiesa e del Papa. «Per questo motivo, dovrete essere disposti ad integrare ogni vostra visione di Chiesa, pure legittima, ogni personale idea o giudizio, nell’orizzonte dello sguardo di Pietro e della sua peculiare missione». Le nunziature sono «Rappresentanze Pontificie» e il loro scopo è far sapere agli Stati e alle Chiese locali che cosa pensa e che cosa vuole il Papa. Vivere sempre nel servizio di Pietro «potrà apparire esigente, ma vi permetterà, per così dire, di essere e di respirare nel cuore della Chiesa, della sua cattolicità». Ricollegandosi ancora al discorso del 2011 di Benedetto XVI, Francesco ha citato un’espressione di Papa Ratzinger: «laddove c’è apertura all’oggettività della cattolicità, lì c’è anche il principio di autentica personalizzazione».

I diplomatici della Santa Sede devono prepararsi «non a una professione, a un ministero», E come gli altri ministeri nella Chiesa, anche quello diplomatico «vi chiede un uscire da voi stessi, un distacco da sé che può essere raggiunto unicamente attraverso un intenso cammino spirituale e una seria unificazione della vita attorno al mistero dell’amore di Dio e all’imperscrutabile disegno della sua chiamata». La libertà interiore è allora «la libertà dai nostri progetti e dalla nostra volontà non come motivo di frustrazione o di svuotamento, ma come apertura al dono sovrabbondante di Dio».

La vita spirituale è «la sorgente della libertà interiore. Senza preghiera non c’è libertà interiore». La Chiesa universale ha appena celebrato il cinquantenario della morte del beato Giovanni XXIII (1881-1963), che prima di diventare il «Papa buono» fu un grande diplomatico. Papa Francesco ha affermato che «il suo servizio come Rappresentante Pontificio è stato uno degli ambiti, e non il meno significativo, nei quali la sua santità ha preso forma. Rileggendo i suoi scritti, impressiona la cura che egli sempre pose nel custodire la propria anima, in mezzo alle più svariate occupazioni in campo ecclesiale e politico. Da qui nascevano la sua libertà interiore, la letizia che trasmetteva esternamente, e la stessa efficacia della sua azione pastorale e diplomatica».

Francesco cita quanto il futuro Papa Giovanni scrisse nel suo «Giornale dell’Anima», durante gli Esercizi spirituali del 1948, mentre era nunzio apostolico a Parigi: «Più mi faccio maturo d’anni e di esperienze, e più riconosco che la via più sicura per la mia santificazione personale e per il miglior successo del mio servizio della Santa Sede, resta lo sforzo vigilante di ridurre tutto, principi, indirizzi, posizioni, affari, al massimo di semplicità e di calma; con attenzione a potare sempre la mia vigna di ciò che è solo fogliame inutile… ed andare diritto a ciò che è verità, giustizia, carità, soprattutto carità. Ogni altro sistema di fare, non è che posa e ricerca di affermazione personale, che presto si tradisce e diventa ingombrante e ridicolo».

E il Papa ha aggiunto una seconda citazione del suo predecessore Giovanni XXIII, quando – lasciato il servizio diplomatico – era diventato Patriarca di Venezia: «Ora io mi trovo in pieno ministero diretto delle anime. In verità ho sempre ritenuto che per un ecclesiastico la diplomazia “così detta” deve sempre essere permeata di spirito pastorale; diversamente non conta nulla, e volge al ridicolo una missione santa». «Sentite bene – ha commentato Francesco –: quando in Nunziatura c’è un Segretario o un Nunzio che non va per la via della santità e si lascia coinvolgere nelle tante forme, nelle tante maniere di mondanità spirituale si rende ridicolo e tutti ridono di lui. Per favore, non rendetevi ridicoli: o santi o tornate in diocesi a fare il parroco; ma non siate ridicoli nella vita diplomatica, dove per un sacerdote vi sono tanti pericoli per la vita spirituale».