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PERSECUZIONE E IGNAVIA

Francia, niente asilo agli iraniani convertiti al cristianesimo

Ata Fathimaharloei e Somayeh Hajifoghahaz, coniugi iraniani, genitori di due figli, erano perseguitati dal regime. Convertiti al cristianesimo, su di loro pende una condanna a morte. Ma la Francia, dove vivono, non concede l'asilo politico. 

Libertà religiosa 06_01_2021
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È stato di nuovo negato, in Francia, per la seconda volta, l’asilo ad una coppia di trentenni iraniani, condannati a morte in patria per il solo fatto di esser diventati cristiani.

Lui si chiama Ata Fathimaharloei, 33 anni. Un tempo era musulmano, anche se non praticante. Per questo era già stato frustato, aveva anche ricevuto punizioni corporali per il fatto di non aver rispettato il Ramadan. In ospedale, dove lavorava, ha conosciuto una collega, Somayeh Hajifoghahaz, 34 anni. Tre anni fa i due si sono sposati. Ma la loro felicità è durata poco: alla fine di quello stesso anno, la situazione per la coppia è precipitata.

Tramite un altro collega, i coniugi hanno conosciuto una famiglia cristiana, di cui sono divenuti ben presto amici. Senonché il collega li ha denunciati, Ata ha perso immediatamente il lavoro e sua moglie, incinta, ha chiesto aiuto al padre. Il quale, a sua volta, è ufficiale dei servizi segreti e membro delle milizie di Stato. Ed ha assistito alla loro conversione al Cristianesimo…

I due hanno scelto a quel punto la via dell’esilio, prima in Turchia, poi in Ucraina, quindi di nuovo in Turchia e da qui in Grecia, Bosnia, Croazia, Italia, infine in Francia, a Nizza prima ed a Perpignan poi, nei Pirenei orientali, dove si trovano tuttora con i figli (nel frattempo, diventati due). Qui Ata ha trovato una sistemazione grazie ad un amico.

Un’odissea, la loro, svoltasi tra mille peripezie, quali un finto scafista, che in realtà ha solo sottratto loro denaro, e la condanna alla pena di morte, giunta nel frattempo dall’Iran, lui per apostasia, per aver abiurato l’islam, lei per adulterio, che prevede la lapidazione. Ma anche in quell’Europa, che si pretende patria del diritto e della civiltà, le cose per loro non sono andate e tuttora non vanno affatto meglio, anzi.

La prima domanda d’asilo, presentata dalla coppia nel 2018, è stata respinta; i coniugi ci hanno riprovato, ma l’esito è stato negativo anche al secondo tentativo, poiché il Tribunale per il Diritto d’Asilo non ha ritenuto «certa» l’autenticità della loro richiesta. Della loro incredibile vicenda ha cominciato ad occuparsi, nel frattempo, la stampa, il quotidiano locale L’Indépendant nello specifico. Mentre il loro avvocato ha dichiarato di aver ricevuto documenti «illuminanti» dall’Iran, già tradotti in francese, però la pratica deve ricominciare da capo, tutto da rifare, con ulteriori costi, perdita di tempo, nessuna certezza e soprattutto con la spada di Damocle di una sentenza capitale sulla testa, nel caso per qualsiasi momento i coniugi fossero espulsi e rimandati in Iran.