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ASSOLOMBARDA

Gli industriali del Nord bocciano il governo Conte

Gli industriali del Nord non hanno fiducia nel governo Conte e bocciano il documento di programmazione economico-finanziaria. La dura requisitoria del presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi, contro reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni, nazionalizzazione di Alitalia, esprime l'opposizione della parte più produttiva del Paese

Economia 19_10_2018
Imprenditori lombardi assistono all'intervento di Tria, alla Scala

Gli industriali del Nord non hanno fiducia nel governo Conte e bocciano il documento di programmazione economico-finanziaria inviato a Bruxelles. Già due giorni fa Marco Bonometti, capo degli industriali lombardi di Confindustria, aveva puntato il dito contro il reddito di cittadinanza e altri provvedimenti varati dall’esecutivo in carica. Ieri c’è stata un’altra staffilata del mondo confindustriale all’indirizzo di Palazzo Chigi, in occasione dell’assemblea generale di Assolombarda, alla Scala di Milano. Assolombarda, la più grande organizzazione territoriale di Confindustria, pur chiarendo di voler rimanere fuori dalla politica, di non voler fare opposizione e di  "tifare da sempre per l'Italia", a prescindere dal colore di chi sta al governo, ha però smontato pezzo per pezzo la manovra economico-finanziaria costruita dal governo.

La dura requisitoria del presidente Carlo Bonomi ha scaldato i cuori della platea di imprenditori, sempre più insofferenti ad un populismo inconcludente che cozza contro l’operosità e il pragmatismo meneghino e lombardo. E con piglio decisionista, senza troppi giri di parole, Bonomi ha accusato il “governo del cambiamento” di aver prodotto una manovra che non punta alla crescita del Paese ma «solo al dividendo elettorale». Il Presidente di Assolombarda non si è limitato a criticare quanto messo in cantiere dal Ministro Giovanni Tria (presente alla Scala durante i lavori dell’Assemblea generale Assolombarda) e dai suoi tecnici di via XX Settembre, ma ha avanzato anche alcune proposte di modifica delle linee guida della manovra. E mentre ha ricordato che le imprese vantano ancora crediti per 40 miliardi di euro nei confronti dello Stato, il Presidente di Assolombarda ha criticato anche l’annunciato prossimo rientro dello Stato nell'azionariato di Alitalia, che finirà per produrre altri costi a carico della collettività: «Diciamo no a uno Stato che crede di poter rigestire il trasporto aereo. Abbiamo profuso sei volte l'ammontare di quello che il Venture Capital dà alle start-up in un anno e tutto questo per un vettore che perde 1,2 milioni di euro al giorno. Perché non lasciamo che gli italiani si esprimano con un referendum per dire se vogliono pagare di tasca propria per Alitalia?». «Non conosciamo ancora il dettaglio della legge di Bilancio – ha attaccato Bonomi - ma abbiamo già pagato un prezzo elevato alle modalità con cui il governo è giunto ad aggiornare il Def, per poi modificarlo. Senza convincere mercati ed Europa. Se il maggior deficit si persegue per continuare sulla vecchia strada di miliardi aggiuntivi alla spesa corrente, ecco che allora le stime di maggiore crescita del Pil del governo non risultano credibili e il debito pubblico continuerà a salire».

E ha aggiunto: «Se un governo chiede alle controllate pubbliche di fare quel che nella manovra il governo non pensa di riuscire a realizzare, è il governo che ha un problema. I dieci miliardi del reddito di cittadinanza sarebbero meglio spesi in un "Fraunhofer” (organizzazione tedesca che raccoglie 60 istituti di ricerca applicata) italiano della ricerca per l'industria e la manifattura». Gli industriali milanesi e lombardi sono contrari anche alle iniziative dell'esecutivo in materia di pensioni: «No a uno Stato paternalistico che torna a prepensionare aggravando il futuro dei più giovani - ha tuonato Bonomi - Nessun dato empirico comprova l'ipotesi che un pensionato anzitempo lasci il suo lavoro a un disoccupato giovane. Al contrario, i dati dei Paesi Ocse mostrano che a crescere di più è chi ha insieme più occupati giovani e anziani, senza nessun automatico effetto sostitutivo. E allora spendiamo i miliardi destinati ai prepensionamenti negli Its e nelle Università professionalizzanti, che ci servono come il pane per risolvere il mismatch dei tecnici che oggi mancano e che le nostre imprese non riescono a trovare. Vogliamo politiche attive del lavoro, non uno Stato maxi fabbrica di persone subalterne ai suoi trasferimenti».

La dura reprimenda degli industriali milanesi e lombardi all’esecutivo Conte arriva nel giorno in cui l’Unione Europea ha inviato, come previsto, una lettera a Palazzo Chigi per chiedere una revisione della manovra. La missiva è firmata dal vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis e dal Commissario agli affari economici, Pierre Moscovici, che muovono rilievi molto profondi al progetto di bilancio inviato il 15 ottobre da Roma a Bruxelles ed elencano una serie di criticità. «Innanzitutto – scrivono i commissari europei - il bilancio italiano mostra una deviazione senza precedenti nella storia del Patto di stabilità, sia per il fatto che contempla una espansione vicina all'1% - mentre il Consiglio aveva invitato l'Italia a una correzione fiscale - sia per una deviazione dagli obiettivi pari all'1,5%». Alla luce di questi fattori, si profila un non rispetto particolarmente serio degli obblighi del Patto e si chiede al Governo di dare una risposta ai rilievi entro lunedì 22 ottobre.

Moscovici e Dombrovskis ricordano che - con un debito al 130% del Pil e le attuali previsioni - l'Italia rischia di esser fuori dalla regola sul debito. Le nubi si addensano, quindi, all’orizzonte, e il fatto che la parte più consistente del Paese sul piano produttivo e imprenditoriale, la Lombardia, prenda posizione contro la manovra conferma che le riserve europee non sono figlie di un pregiudizio.