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MEDIO ORIENTE

Golfo di Oman, prove di guerra tra Iran e Stati Uniti

Un attacco militare contro due petroliere nello Stretto di Hormuz fa salire alle stelle la tensione tra Stati Uniti e Iran, che si rimpallano la responsabilità. Lo Stretto di Hormuz è di grande importanza strategica e i rischi di un "incidente" che possa far precipitare la situazione sono molto alti.

Esteri 15_06_2019
La petroliera Front Altair colpita da un siluro

Due petroliere viaggiano alla deriva nel Golfo di Oman. Sugli scafi, i segni di un recente attacco. Lo scorso giovedì, le due imbarcazioni sono state centrate mentre transitavano nel Golfo; una - la Front Altair, di proprietà norvegese - sarebbe stata colpita “da un siluro”, mentre l’altra - la Kokuka Courageous, che batte bandiera panamense - sarebbe rimasta danneggiata in un “attacco sospetto” che ha aperto uno squarcio nello scafo sopra la linea di galleggiamento.

La dinamica dell’evento non è ancora chiara; né tantomeno lo è la responsabilità dell’accaduto. Di certo sono stati colpiti due obiettivi sensibili all’interno di uno spazio marittimo di fondamentale importanza a livello strategico, lo Stretto di Hormuz. Unico passaggio marittimo per il trasporto di petrolio dai principali produttori della regione all’Oceano Indiano, lo Stretto di Hormuz è uno snodo fondamentale per le petroliere che, dal Golfo Persico, devono raggiungere i mercati europei e asiatici.

La sua posizione strategica - questo spazio di mare divide infatti la Penisola arabica dalle coste dell’Iran - lo rende uno dei principali choke-point del mercato petrolifero mondiale. Per dirlo in cifre, nello Stretto transita circa il 24 percento del petrolio prodotto nel mondo, il 60% di quello proveniente dal Golfo. Soltanto nei primi quattro mesi del 2019, vi sarebbero transitati più di 16 milioni di barili al giorno. Dallo Stretto passano tutte le esportazioni provenienti da Kuwait, Qatar e Bahrain; a queste si aggiungono il 90 percento di quelle che provengono da Arabia Saudita e Iraq e il 75 percento di quelle emiratine. L’importanza strategica dello Stretto di Hormuz è determinata anche dal fatto che la maggior parte di questi Paesi non ha a disposizione rotte alternative per l’esportazione del greggio.

Subito dopo l’incidente, gli Stati Uniti - attraverso il segretario di Stato americano, Mike Pompeo - hanno attribuito la responsabilità dell’accaduto all'iraniano Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Washington sarebbe giunto a questa consapevolezza analizzando il tipo di armi utilizzato e l’expertise richiesta per compiere simili attacchi. Non solo: gli Usa avrebbero anche le prove delle loro affermazioni. Un video in bianco e nero, girato da un aereo americano in sorvolo, incastrerebbe i militari iraniani mentre estraggono, subito dopo l’esplosione, una mina magnetica inesplosa dallo scafo della Kokuka Courageous.

Secondo Teheran, invece, gli Usa “non avrebbero uno straccio di prova”, ma incolpare l’Iran per gli attacchi di giovedì sarebbe “la strada più conveniente e più facile da intraprendere per Pompeo e gli altri funzionari americani”. Diversa anche l’interpretazione delle immagini mostrate dagli Stati Uniti; secondo il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Abbas Mousavi, si sarebbe trattato di una missione di soccorso: “responsabile della sicurezza dello Stretto” Teheran avrebbe “salvato l’equipaggio delle petroliere colpite, nel minor tempo possibile”.

Si tratta del secondo episodio di questo genere in un mese. Il 12 maggio scorso, quattro petroliere, - delle quali due saudite, una norvegese e una emiratina - erano state attaccate al largo delle coste emiratine. Anche in questo caso, l’attenzione americana si era focalizzata sull’Iran, accusato di voler minare la sicurezza delle forniture di greggio. Da tempo, Teheran minaccia di bloccare il transito di petrolio all’interno dello Stretto di Hormuz, in risposta all’imposizione di sanzioni da parte degli Stati Uniti o a causa di tensioni con i Paesi del Golfo, in particolare l’Arabia Saudita.

I rapporti tra Washington e Teheran - già tesi a causa della decisione unilaterale degli Stati Uniti di ritirarsi dall’accordo sul nucleare e di imporre nuove sanzioni all’Iran - sembrano peggiorare giorno dopo giorno. A partire dallo scorso maggio, gli Usa hanno intensificato la loro presenza militare nel Golfo, temendo che l’Iran e i suoi proxies abbiano già intrapreso una campagna per spaventare le forze americane e impedire il transito delle petroliere attraverso lo Stretto di Hormuz. Secondo Pompeo, dunque, l’attacco di giovedì sarebbe solo l’ultima provocazione dell’Iran, il quale starebbe già “realizzando la promessa” di interrompere il traffico di greggio nello Stretto.

Le tensioni tra le due parti stanno raggiungendo i livelli di guardia, lasciando la comunità internazionale con il fiato sospeso, con il timore che anche un piccolo incidente possa causare lo scoppio di una nuova guerra nel Golfo o l’aumento significativo del prezzo del greggio a livello mondiale.