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IL VOTO IN POLONIA

Governare da cristiani fa vincere le elezioni

Le tifoserie europee e i mass media di sinistra non hanno potuto festeggiare la loro rivoluzione anti popolare polacca, uno schiaffone popolare che i polacchi hanno voluto mandare forte e chiaro a Bruxelles e a tutti i benpensanti europei. E’ possibile governare bene, promuovere le virtù civili e cristiane e far crescere benessere ed economia in paese dell’Europa, senza doversi piegare a ricatti e minacce di istituzioni e lobbies.
-POLONIA FELIX di Roberto Marchesini

Politica 15_10_2019

La grande giornata, dopo il voto in Polonia (elezioni politiche) e Ungheria (elezioni comunali) è arrivata. In entrambi i Paesi, a cui si contesta di aver governi che difendono i valori cristiani e le democrazie fondate sul rispetto della vita umana e della famiglia fondata sul matrimonio  e sulla natalità, negli ultimi anni la Commissione europea di Junker, in particolare il Vice Presidente Timmermans ha contestato ogni tipo di violazione dei diritti umani e dello ‘stato di diritto’.

 A ciò si aggiunga che ogni possibile lobbies pro aborto, gender ed LGBTI ha fatto una propria guerra, fiancheggiata da ogni mass media europeo, per ridurre la popolarità dei due partiti di Governo, il polacco PiS e l’ungherese Fidesz e bollarli come ‘populisti’, ‘tradizionalisti’, ‘antieuropeisti’.

Bene, nonostante tutto ciò, il voto polacco è stato chiarissimo: il partito di Governo, che moltissimi successi ha ottenuto nella crescita della natalità e della economia del paese, ha stravinto le elezioni di domenica. Il PiS (Giustizia e Libertà) di Kaczynski è passato dal 39% del 2015 al 44,3% di oggi. L’opposizione coalizzata o meno si è fermata molto più in basso: Coalizione civica al 26,7%; Alleanza di Sinistra 12,34%.

Le tifoserie europee e i mass media di sinistra non hanno potuto festeggiare la loro rivoluzione anti popolare polacca, uno schiaffone popolare che i polacchi hanno voluto mandare forte e chiaro a Bruxelles e a tutti i benpensanti europei. E’ possibile governare bene, promuovere le virtù civili e cristiane e far crescere benessere ed economia in paese dell’Europa, senza doversi piegare a ricatti e minacce di istituzioni e lobbies.

Nell’Ungheria i Orban invece le cose non sono andate così bene, non è stato un successo totale. Fidesz si mantiene saldamente al primo posto tra le forze politiche del paese. Orban e i suoi uomini mantengono la grande maggioranza dei sindaci delle grandi città, ma perdono il comune capoluogo di Budapest, dove l’intera coalizione di opposizione, dal centro alla sinistra, vince con il 50% contro il 44% di Fidesz. Uno smacco che già viene preso ad esempio, dai tanti politici e commentatori che hanno in odio il leader ungherese, come buon auspicio per la fine della sua carriera politica. Tuttavia, Orban e il suo partito hanno vinto in ben 13 delle 23 città in cui si votava e ottenuto 147 sindaci nelle città minori con più di 5000 abitanti.

Il “de profundis” per i conservatori e sovranisti cristiani che, filantropi e burocrati europei avenano intonato, dovrà esser rimandato a data da destinarsi. In Ungheria si voterà per il rinnovo del Parlamento nel 2022, in Polonia tra 5 anni, non sarà facile scalzare governi e leaders così popolari e benefattori dei propri paesi.

Tre lezioni per tutti ci vengono dal voto di domenica in Polonia e Ungheria. La prima, è possibile esser cristiani e coerentemente con i ‘principi non negoziabili’ governare bene, far del bene e vincere le elezioni, senza né mediazioni, né ambiguità. Seconda lezione, pur avendo il mondo contro, anche laddove si perdono simboliche battaglie politiche, l’importante è valutare per intero il voto popolare e governare bene nelle tante città del paese che sono la vera ossatura della nazione. Terzo, l’Europa e la sue tifoserie sinistre, dovrebbero imparare a smettere i propri abiti partigiani contro i governi nazionali eletti. Il popolo polacco e ungherese hanno parlato, democraticamente con il proprio voto, ora è ancora un volta il tempo del rispetto e della collaborazione reciproca, soprattutto necessaria da parte di burocrati europei che mai nessuno ha votato né eletto.