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ORE DECISIVE

Governo in bilico su un recovery fund che non salva

Sono ore decisive per le sorti del Governo, non tanto per la votazione odierna sul Mes quanto per il muro contro muro tra Conte e i partiti sulla gestione del Recovery Fund. Mentre sul fondo salva-Stati la paura dei grillini di perdere la poltrona consentirà all’esecutivo di non andare in minoranza oggi al Senato, sul Recovery la rottura è tutt’altro che remota. 

Editoriali 09_12_2020

Sono ore decisive per le sorti del Governo, non tanto per la votazione odierna sul Mes quanto per il muro contro muro tra Conte e i partiti sulla gestione del Recovery Fund. Mentre sul fondo salva-Stati la paura dei grillini di perdere la poltrona consentirà all’esecutivo di non andare in minoranza oggi al Senato, sul Recovery la rottura è tutt’altro che remota. Specie dopo il rinvio del consiglio dei ministri in programma ieri pomeriggio.

Una sessantina di parlamentari pentastellati nei giorni scorsi si sono opposti alla  riforma del Mes, che oggi dovrà essere votata in Parlamento e che non comporta –va chiarito- l’obbligo di utilizzare quello strumento. Tuttavia, si tratta di una sconfessione (l’ennesima) del programma grillino, che contiene la ferma contrarietà a quello strumento, oggi in parte rivalutato dall’ala governativa del Movimento e fatto digerire al resto delle pattuglie 5S, solo per evitare la caduta del Governo e le possibili elezioni anticipate.

Le fibrillazioni, però, non riguardano solo i grillini, ma anche le altre forze politiche. In particolare è Italia Viva ad incalzare il premier e a contestare la sua gestione della partita del Recovery, considerata troppo autocratica e accentrata su di sè. Matteo Renzi non digerisce, infatti, la cabina di regia immaginata da Palazzo Chigi per gestire gli aiuti europei e chiede maggiore collegialità e un coinvolgimento reale e non di facciata del Parlamento nelle scelte che riguardano tutto il Paese. Su questo punto le opposizioni di centrodestra la pensano come lui.

Tuttavia, i più maliziosi, pensano che l’ex premier abbia un accordo con Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio per indebolire Conte o addirittura farlo cadere. "Insistere su una misura che sostituisce il governo con una task force, la seduta del Parlamento con una diretta Facebook e che, addirittura, pretende di sostituire i Servizi segreti con una fondazione privata voluta dal premier, è una follia. Noi abbiamo mandato a casa Salvini per non dargli i pieni poteri, ma non è che i pieni poteri li diamo a Conte", ha tuonato Matteo Renzi, senza escludere una possibile rottura all'interno della maggioranza ("Spero proprio di no, ma temo di sì").

"Il decreto di attuazione del Recovery Fund -ha aggiunto il senatore fiorentino- pensa alla moltiplicazione delle poltrone ma non va a dare una mano ai disoccupati, ai negozi chiusi, alle persone che soffrono. Se le cose rimangono come sono, noi di Italia viva voteremo contro. Per noi un'ideale vale più di una poltrona!. E ancora: "Molte cose non funzionano ma vogliamo dare una mano al governo, siamo pronti a fare la nostra parte, però non ci siederemo mai a un tavolo nel quale la torta da duecento miliardi è pensata per i consulenti romani e non per i cittadini italiani". 

Se, dunque, l’esecutivo si salverà oggi sul Mes, non può dormire sonni tranquilli sul Recovery, che peraltro contiene alcune scelte davvero discutibili. Prima fra tutte quella di destinare la gran parte dei quasi 200 miliardi del Recovery alla digitalizzazione e al green, due filoni importanti ma, nel breve e medio periodo, sicuramente improduttivi e certamente non in grado di risollevare l’economia italiana nel 2021. Alla sanità, alle infrastrutture e ad altri settori considerati strategici per aiutare l’Italia a rialzarsi dopo la batosta della pandemia andranno pochissimi fondi europei.

Perfino le somme destinate alla parità di genere saranno superiori a quelle della sanità. Ricevere aiuti (peraltro solo in parte a fondo perduto) e non avere la libertà di spenderli in funzione delle reali necessità di una comunità nazionale equivale a una solidarietà dimezzata. La Germania è peraltro già pronta con il suo piano per il Recovery ed esorta gli altri Stati come l’Italia a fare presto e a non perdere altro tempo in divisioni e discussioni inutili.

Tutto questo, però, conferma che non saranno i soldi europei a salvare il nostro Paese dalla recessione e dalla disfatta socio-economica. Ci vorranno ingenti sacrifici da parte degli italiani, che si vedranno presto costretti a pagare nuove tasse e forse anche a subire una patrimoniale sui patrimoni mobiliari e immobiliari. Il Recovery rischia dunque di essere soltanto lo strumento per la temporanea sopravvivenza dell’esecutivo (e, forse, della legislatura) e non lo sbandierato toccasana per aprire la strada alla ricostruzione nazionale post-pandemia.