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Natale, una storia vera/5

I pastori e l’Agnello di Dio, nei Vangeli indizi logici

Tra i motivi addotti dagli scettici riguardo alla storicità del Natale all’inizio dell’inverno c’è che i pastori non avrebbero potuto stare all’aperto di notte, come invece informa san Luca. In realtà, il ciclo riproduttivo delle pecore, legato al cosiddetto fotoperiodo, e il clima avvalorano tale possibilità.

Ecclesia 22_12_2020

Accumulati numerosi e probanti indizi (vedi qui, qui, qui e qui) che individuano l’anno del Natale, si possono approfondire quelli che ne identificano la stagione. L’evolversi delle gravidanze di Elisabetta e di Maria, muovendo dal servizio di Zaccaria nel giorno dell’incenso, portano alle settimane conclusive dell’anno 2 a.C., con la naturale incertezza che fa dei nove mesi di gestazione solo un riferimento teorico e non matematico.

A supporto del periodo a cavallo tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno c’è un altro elemento ricorrente nei Vangeli del Natale e nel palesarsi del Verbo fatto carne. Gesù viene come re, al tempo di Erode e di Augusto, ma nella mitezza e nell’umiltà. Verrà detto l’Agnello di Dio ed entrerà in Gerusalemme sul dorso di un puledro d’asino.

L’insistenza sull’agnello (come Giovanni il Battista presenterà Gesù, come ne parla l’Apocalisse e come lo ripresentiamo ostia-vittima in ogni Santa Messa) dà l’occasione per riflettere sulla realtà dei primi visitatori di Gesù neonato.

È stato detto anche, dagli scettici, che i pastori non avrebbero potuto stare all’aperto nelle notti di inverno, ma la natura lo richiede. Infatti, le pecore hanno una gravidanza che dura cinque mesi, il che permette due gravidanze l’anno. Il ciclo riproduttivo è legato al cosiddetto fotoperiodo: in pratica per la pecora è più facile rimanere ingravidata quando le giornate si accorciano piuttosto che quando la luce aumenta.

Nel gregge i periodi propizi sono dopo il solstizio d’estate (da fine giugno le giornate si accorciano) e prima di quello di inverno (dicembre). L’estro della pecora è ogni 18 giorni e la pecora è fertile soltanto un giorno. Se fallisce l’inseminazione, la pecora può riceverla solo 18 giorni dopo.

Ne deduciamo che la massima parte delle nascite di agnellini (uno o due per pecora) si concentra cinque mesi dopo le settimane da fine giugno a inizio luglio (quindi da fine novembre ad inizio dicembre) oppure cinque mesi dopo fine dicembre (quindi a fine maggio). Non sfugga che nei riti pasquali prescritti dalla legge mosaica l’agnello da sacrificare doveva essere maschio e nato nell’anno (l’anno ebraico inizia a tishri): quindi uno di quelli nati nella stagione fredda, e non di quelli che nascono a maggio.

Durante l’ultimo mese di gravidanza la pecora deve mangiare molto, perché l’agnellino si sviluppa perlopiù in quelle settimane. La pecora partoriente si allontana dal gregge in cerca di un luogo appartato: ecco perché i pastori devono vegliare, per difenderla insieme al suo agnellino dagli animali selvatici.

Il territorio di Israele che ospita la scena del Natale si può suddividere in tre zone climatiche: subtropicale presso la costa mediterranea, continentale sui monti e tropicale lungo la valle del Giordano. In genere ci sono soltanto due stagioni: quella calda-secca e quella fredda-piovosa. L’autunno e la primavera si riducono a poche settimane, a ridosso, prima e dopo, della stagione piovosa.

La pioggia è una rarità da metà maggio e scompare del tutto da giugno a settembre. La stagione piovosa comincia a inizio novembre (raramente prima) e si può suddividere in tre parti: la prima pioggia (Dt 11,14) rammollisce il terreno riarso favorendo l’aratura; poi, dopo un periodo di tempo clemente, piove copiosamente da metà dicembre, riempiendo pozzi e cisterne: qui inizia l’inverno vero e proprio, citato anche da san Giovanni a proposito della Festa della Dedicazione (o delle Luci) nel capitolo 10 del quarto Vangelo; infine ci sono le ultime piogge a marzo e aprile, che favoriscono la crescita delle messi non tanto in ragione della quantità di pioggia quanto per la sua buona distribuzione. In caso di siccità invernale le ultime piogge non riescono a compensare la carenza idrica. La neve alla quota di Betlemme (775 metri sul livello del mare) può cadere, anche se poi si scioglie subito.

Nascere al freddo e al gelo è possibile. Nei Vangeli ci sono indizi tutti davvero logici. Non in tutti gli anni la Festa delle Luci cade in inverno. Nel calendario lunare questa festa può partire da metà novembre o da metà dicembre. Quando è “alta” cade nel periodo di pioggia copiosa. Ad esempio, nel 32 d.C., Hannukkah iniziò il 15 dicembre. Nel 30 d.C. e nel 31 d.C. non fu così.

Il periodo in cui spesso nascono gli agnelli (fine novembre e primi giorni di dicembre) è favorevole anche climaticamente alla presenza all’aperto dei pastori, trovandosi tra le prime piogge e l’inverno. Anche il viaggio affrontato da Giuseppe e Maria appare sensato. Essi furono in qualche modo forzati a partire (dagli ordini “superiori” riguardanti il censimento dei Romani o dalla necessità di essere a Betlemme per ottemperare la profezia di Michea?) proprio verso il termine dei mesi di gestazione di Maria, ma almeno poterono viaggiare dopo le prime piogge e prima che venissero i giorni meteorologicamente peggiori.

I pastori che dormivano all’aperto, come era loro necessario fare in quel periodo, furono i primi a ricevere la notizia del Natale.

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