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L'ANNIVERSARIO

Il de Gaulle dimenticato, cattolico difensore della fede

Passata in sordina e senza Messa (causa Covid), la celebrazione del 50° anniversario della morte di Charles de Gaulle ha coinciso con il 130° della sua nascita. Il generale, leader della resistenza francese al nazismo, liberatore della Francia e poi presidente, viene ricordato per le sue doti politiche e militari. Non per la sua fede cattolica, che invece lo ha guidato per tutta la vita.

Cultura 05_12_2020
De Gaulle con la figlia Anne

Il 2020 è stato l'anno del 130° anniversario dalla nascita di Charles de Gaulle ma anche quello del 50° dalla morte. Alla cerimonia di commemorazione presso la sua tomba a Colombey-les-Deux-Églises, però, c'erano solo 30 persone e la tradizionale Messa in suo onore è stata cancellata a causa della pandemia. Trenta, lo stesso limite imposto - e bocciato dal Consiglio di Stato - dal suo successore Emmanuel Macron per il numero di fedeli autorizzati a partecipare alle celebrazioni liturgiche durante questo secondo lockdown. La cancellazione della Messa in suo onore nell'anniversario del mezzo secolo dalla morte e lo svolgimento della sola cerimonia militare non ha reso pienamente giustizia alla memoria del Generale perché, come ricordò già in un'occasione il figlio Philippe lamentando il fatto che del padre si parlasse soltanto in termini di "politico patriottico, egli "camminava su due gambe: il suo patriottismo e la sua fede cristiana".

Charles de Gaulle nacque a Lille nel 1890 da una famiglia profondamente cattolica, figlio di un professore di storia e letteratura in un collegio di gesuiti che gli trasmise l'amore per la Tradizione e forgiato da un ramo materno da cui ereditò la sensibilità per la questione sociale suscitata dalla pubblicazione della Rerum Novarum. L'ispirazione alla dottrina sociale della Chiesa contraddistinse le sue politiche negli anni della presidenza e come statista ancora oggi resta un esempio di sana laicità, capace di non sradicare i valori nazionali dall'humus cristiano. Il Generale si formò sui testi di scrittori e pensatori cattolici del calibro di Ernest Psichari, Georges Bernanos, François Mauriac e Francois-René de Chateaubriand. Ma soprattutto, de Gaulle rimase per tutto il resto della sua vita un fervente credente e praticante che fece della fede "la forza trainante della sua vita", come ebbe a ricordare il già citato figlio Philippe. Lo fu in modo particolare negli anni dell'esilio londinese quando divenne capo della Resistenza francese al nazifascismo per la quale scelse come simbolo un tricolore con la croce di Lorena. Una croce per gli uomini liberi contro la svastica di chi li avrebbe voluti schiavi.

Nel giugno del 1942, alla notizia della prima vittoria delle Forze della Francia Libera nella battaglia di Bir-Hakeim l'allora capo del governo in esilio si diresse subito in una cappella cattolica di Londra per intonare il Magnificat. L'inno di gratitudine al Signore accompagnò anche il suo ritorno trionfale nella Parigi liberata dell'agosto 1944, all'interno di una cattedrale di Notre Dame a cui venne impedito l'ingresso al cardinal Suhard, arcivescovo accusato di collaborazionismo con il regime di Vichy da alcuni dei leader della Resistenza. Un gesto contrario al suo volere, come raccontò anni dopo nel libro di memorie, ma a cui si adeguò per non esasperare gli animi dei più anticlericali, preparandosi al tempo stesso a dare segnali rassicuranti nella direzione di Roma con una lettera ossequiante a Pio XII in cui menzionò gli "interessi spirituali del popolo francese" ed il "rispetto che abbiamo per i ricordi più cari della nostra fede cristiana, nonché per il patrimonio religioso, intellettuale e morale che rappresenta". Nell'immediato Dopoguerra il capo del governo trovò due sponde in Vaticano che sarebbero tornate ancora più utili dopo la sua ascesa alla presidenza della Repubblica nel 1958: il cardinale Eugène Tisserant (soprannominato "cardinal de Gaulle" in Curia proprio per le sue simpatie golliste) e monsignor Angelo Roncalli, nunzio apostolico a Parigi dal '44 al '53. Al Conclave del 1958, svoltosi pochi mesi dopo che venne richiamato al potere con la fine della Quarta Repubblica, Roncalli venne eletto Papa per la gioia del Generale che il 27 giugno del 1959 si recò in Vaticano in visita ufficiale, inginocchiandosi al suo cospetto e pronunciando questa frase: "depositiamo, in nome della Francia, i nostri rispetti ai suoi piedi". Per un'altra visita di Stato di un presidente della Repubblica francese in Vaticano si sarebbe dovuto attendere Jacques Chirac nel gennaio del 1996, San Giovanni Paolo II regnante.

Durante il decennio della sua presidenza, de Gaulle, il "soldato e capo dei francesi" che non si era piegato ad Hitler, più volte si lasciò immortalare raccolto in preghiera, genuflesso davanti al Santissimo Sacramento. All'Eliseo fece costruire una piccola cappella affacciata sul cortile d'onore dove talvolta celebrava Messa anche suo nipote François (padre missionario in Africa) e in cui spiccava la presenza di un'icona in bronzo la Madonna Nera di Czestochowa regalatagli dai vescovi polacchi. La vicinanza alle Chiese perseguitate nei Paesi del blocco sovietico fu uno dei tratti che caratterizzò la sua capacità di coniugare esperienza di fede e scelte politiche: durante un viaggio ufficiale in Unione Sovietica nel 1966 pretese la riapertura della chiesa della Madonna di Lourdes di Leningrado, chiusa da cinquant'anni, per partecipare alla celebrazione della Messa domenicale insieme alla moglie e dare un segnale simbolico di sostegno alle comunità cattoliche che erano sotto il giogo comunista. La fede di de Gaulle venne alimentata dal contesto familiare grazie al matrimonio con Yvonne, first lady amante del low profile che ai tempi dell'Eliseo veniva persino irrisa per il suo fervente cattolicesimo e dipinta come una bigotta.

La fede e l'unione della coppia venne rafforzata dalla nascita dell'ultimogenita, Anne, affetta da sindrome di Down (nata 31 anni prima che lo scienziato Jérôme Lejeune l'identificasse come una trisomia del cromosoma 21) ed amatissima dal Generale che ad un cappellano militare nel 1940 confidò: "questa bambina è la mia gioia e la mia forza, una grazia di Dio nella mia vita che mi aiuta a guardare oltre tutti i fallimenti e gli onori, e sempre per guardare più in alto". Nella Francia degli anni Venti e Trenta la disabilità di un figlio era causa di pregiudizi e cattiverie sui genitori e molto frequentemente questi bambini, chiamati "mongoloidi", venivano abbandonati al loro destino in ospedali specializzati oppure nascosti alla vista degli altri, per vergogna. I de Gaulle, invece, confortati dalla loro fede, accolsero Anne come "una bambina al pari di tutte le altre" (le parole di Charles subito dopo la nascita), avvolgendola di attenzioni e tenerezze. Una famosa foto in bianco e nero ritrae il Generale, vestito in giacca e cravatta, cullare divertito la piccola su una spiaggia in una posa a cui i francesi, che conoscevano soltanto il militare altero e tutto d'un pezzo, non erano di certo abituati. De Gaulle ci tenne ad insegnare ad Anne le preghiere, mentre la moglie lavorò all'apertura di una casa per ospitare ragazze con disabilità che versavano in condizioni economiche precarie. La morte della terzogenita nel 1948 provò moltissimo il Generale che commentò: "la sua anima ora è libera, ma la morte di questa nostra bambina sofferente ci ha provocato un dolore immenso". Alla sua memoria venne intitolata la Fondazione che aprì la casa per bambini disabili voluta da Yvonne ed affidata alle suore e a cui Charles lasciò in eredità i proventi dalla vendita delle sue memorie.

Nel testamento, scritto già nel 1952, il liberatore della Francia lasciò detto di non volere funerali di Stato e chiese di essere seppellito a Colombey-les-Deux-Églises insieme ad Anne. E così fu alla sua morte nel 1970. La sua bara, decorata con un crocifisso, venne portata nella chiesa del paese della Champagne-Ardenne senza musiche e fanfare perché, come spiegò il figlio Philippe: "per mio padre la liturgia romana era abbastanza bella da seppellire un cristiano per il quale la morte è un trionfo". A cinquant'anni dalla sua scomparsa fa un certo effetto vedere ricordarlo con una cerimonia laica ma senza Messa. L'idea di Francia di un Generale che considerava il battesimo di Clodoveo l'evento più importante della storia nazionale non può trovare rispondenza in un Paese dove il potere statale limita la libertà di culto anche a Natale. E, tuttavia, la vitalità dei fedeli francesi in protesta contro il divieto dà speranza sul fatto che ci sia chi – come auspicava De Gaulle - è “ancora animato dalla fiamma cristiana, quella che getta la luce dell'amore e della fratellanza sulla valle dei dolori umani, quella dove, di secolo in secolo, si è accesa l'ispirazione spirituale e morale della Francia”.