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IL VIAGGIO IN MACEDONIA

Il Papa sul celibato: “Preti casti e teneri, non "zitelli”

Nel corso della sua ultima tappa del 29esimo viaggio apostolico, Francesco è in Macedonia dove ha omaggiato il memoriale di Santa Madre Teresa di Calcutta, originaria di Skopje. Nell'incontro ha parlato di ecumenismo e temi interreligiosi. Nella visita ai preti l'incontro con un sacerdote di rito bizantino sposato con figli. 

Ecclesia 08_05_2019

“Ponte tra Occidente ed Oriente” e “punto di confluenza di numerose correnti culturali”. Così papa Francesco ha definito la Macedonia del Nord, ultima meta del suo 29esimo viaggio pastorale. Nel suo discorso di saluto appena atterrato a Skopje, Bergoglio ha elogiato la “composizione multietnica e multireligiosa" del Paese balcanico che – a suo dire - sarebbe alla base di “una pacifica e duratura convivenza, nella quale le singole identità hanno saputo e potuto esprimersi e svilupparsi senza negare, opprimere o discriminare le altre”.

Secondo il papa, queste “speciali caratteristiche” possono agevolare una “più stretta integrazione con i Paesi europei”. Il pontefice ha espresso, quindi, l’auspicio che l’intera regione balcanica possa proseguire il suo cammino lungo la strada dell’integrazione con il resto d’Europa da realizzare “nel rispetto delle diversità e dei diritti fondamentali”.

In Macedonia del Nord, “la differente appartenenza religiosa di Ortodossi, Musulmani, Cattolici, Ebrei e Protestanti, quanto la distinzione etnica tra Macedoni, Albanesi, Serbi, Croati e persone di altra origine”, avrebbe creato “un mosaico in cui ogni tessera è necessaria all’originalità e bellezza del quadro d’insieme” e che deve essere trasmesso alle nuove generazioni. Non sono mancati, poi, elogi alla giovane Repubblica per l’accoglienza riservata ai profughi nei giorni dell’emergenza migratoria del 2015 e del 2016: “La pronta solidarietà offerta a coloro che si trovavano allora nel più acuto bisogno per aver perso tante persone care oltre alla casa, al lavoro e alla patria – ha detto il papa rivolgendosi alle autorità nazionali - vi fa onore e parla dell’anima di questo popolo che, conoscendo anche le privazioni, riconosce nella solidarietà e nella condivisione dei beni le vie di ogni autentico sviluppo”.

Successivamente, Francesco si è recato nella piazza principale di Skopje per celebrare la santa Messa. Ad accoglierlo, centinaia di bandiere nazionali con il sole nascente sventolate dai fedeli presenti davanti ai quali Bergoglio ha ricordato che “il Signore è venuto per dare vita al mondo e lo fa sempre in un modo che riesce a sfidare la ristrettezza dei nostri calcoli, la mediocrità delle nostre aspettative e la superficialità dei nostri intellettualismi; mette in discussione le nostre vedute e le nostre certezze, invitandoci a passare a un orizzonte nuovo che dà spazio a un modo diverso di costruire la realtà”.

Partendo dal commento del Vangelo, l’omelia del papa ha messo nel mirino alcuni atteggiamenti attribuiti all’uomo contemporaneo: “Ci siamo abituati – ha affermato - a mangiare il pane duro della disinformazione e siamo finiti prigionieri del discredito, delle etichette e dell’infamia; abbiamo creduto che il conformismo avrebbe saziato la nostra sete e abbiamo finito per abbeverarci di indifferenza e di insensibilità; ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità”.

Finendo “prigionieri della virtualità”, ha osservato ancora il pontefice, “abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà”. Francesco ha esortato i fedeli ad avere “fame di pane, fame di fraternità, fame di Dio”. Un’esigenza di cui è stata consapevole per tutta la vita Madre Teresa di Calcutta, la Santa originaria di Skopje.

L’omaggio alla memoria della fondatrice delle Missionarie della Carità è stata al centro della tappa presso il memoriale a lei dedicato, alla presenza di due suoi cugini e dei leader della comunità ortodossa, islamica, evangelica metodista ed ebraica. Davanti ad una reliquia della Santa, Francesco ha recitato una preghiera in suo onore: “Accogliendo il grido di Gesù dalla croce, «Ho sete» - vi si legge in un passaggio - Madre Teresa ha dissetato la sete di Gesù sulla croce, compiendo le opere dell’amore misericordioso”. Dopo aver benedetto la prima pietra del Santuario che sarà dedicato alla suora scomparsa nel 1997, il papa ha preso parte all’incontro ecumenico e interreligioso con i giovani nel centro pastorale della diocesi.

Rivolgendosi a loro dal palco, Bergoglio è andato spesso a braccio, parlando con passione, in particolare, dell’esigenza di coltivare un rapporto diretto con gli anziani. Francesco ha esortato i giovani ad passare del tempo con i nonni, ascoltando i loro “lunghi racconti, che a volte sembrano fantasiosi, ma, in realtà, sono pieni di un’esperienza preziosa, di simboli eloquenti e di saggezza nascosta da scoprire e valorizzare”. L’importanza di questo contatto diretto con gli anziani, ha ribadito, viene dalla necessità di aggrapparsi “alle radici per prendere il succo che farà crescere l’albero, e darà fiori e frutti”. Perché come un albero a cui si tagliano le radici muore, così “se a voi giovani vi tagliano le vostre radici, che sono le storie del vostro popolo, voi morirete”.

Francesco ha messo in guardia dai pericoli rappresentati dalle “colonizzazioni ideologiche” che esortano a dimenticare “le cose vecchie” per imboccare sempre e comunque strade nuove. Ma di fronte a queste offerte c’è bisogno di discernimento per non essere ingannati come gli indigeni d’America a cui i coloni europei davano pezzi di vetro in cambio dell’oro. Un esempio che – ha rivelato il papa – egli si sentiva fare spesso durante la sua adolescenza e che ha voluto rievocare nell’incontro con i giovani della Macedonia del Nord.

Il carattere ecumenico ed interreligioso della tappa è emerso nelle risposte fornite a tre giovani: un’islamica, una cattolica di rito greco-bizantino ed una coppia formata da una cattolica e un ortodosso. Francesco ha incoraggiato la ragazza musulmana a continuare a sognare un mondo in cui possa regnare la concordia tra fedi e popoli e a non cadere nella tentazione del lamento e della rassegnazione, prerogativa di quelli che “seguono la dea lamentela”.

Nella risposta alla giovane, il pontefice ha ricordato il documento firmato negli Emirati Arabi Uniti con il grande imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, definito “un amico”. Prima di congedarsi per l’incontro con il clero e le religiose in cattedrale, il papa ha confessato che la sua attenzione era stata catturata da una signora incinta in prima fila e ha colto l’occasione per ringraziare tutte quelle “donne coraggiose” che, mettendo al mondo un figlio, “portano avanti la storia”.

Concluso l’incontro, il papa si è spostato nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù per l’”abbraccio” con i sacerdoti e le religiose macedoni. Nella cattedrale, Francesco ha ascoltato anche la testimonianza di un sacerdote di rito bizantino, sposato e con figli. Prendendo spunto dalle parole di padre Goce e di sua moglie, il papa ha detto la sua sull’importanza della tenerezza anche nel ministero sacerdotale: “C’è il pericolo che quando non si vive in famiglia, quando non c’è il bisogno di accarezzare i propri figli, che il cuore divenga un po’ ‘zitello’. E poi c’è il pericolo che il voto di castità, delle suore e dei preti celibatari si trasformi in voto di ‘zitellonia’”.

Quindi, Bergoglio ha esortato i religiosi e le religiose a non perdere mai “la tenerezza ministeriale e la tenerezza della consacrazione religiosa”, antidoto al “carrierismo”. I beni materiali e le necessità quotidiane non devono mai far perdere lo spirito della prima chiamata: “Fare i conti con la realtà, con i mezzi che scarseggiano, le risorse precarie, il bilancio in rosso – ha avvertito il Papa – non deve farci cadere nella tentazione di guardare troppo a noi stessi, e chiuderci in un silenzio segnato da sottile frustrazione, che impedisce l’ascolto di Dio”.

Infine, un appello alle famiglie ad essere “icona della famiglia di Nazareth” che visse gli “incubi” dell’”incomprensibile violenza di Erode”, esperienza che – secondo Bergoglio – “tragicamente si ripete ancora oggi in tante famiglie di profughi miserabili e affamati”. Al termine dell’incontro con il clero nella cattedrale, la cerimonia di congedo all’aeroporto di Skopje ha messo fine a questo 29esimo viaggio pastorale di papa Francesco che ha fatto ritorno a Roma ieri sera.