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L'ANTIDOTO

IL PAPISTA BORBONICO

L'ardore del conte Théodule Emile de Christen, combattente cattolico, volontario a Gaeta per la difesa del Regno delle Due Sicilie e più volte in aiuto del Papa. Ma fu braccato dai piemontesi...

L'antidoto 08_10_2011
De Christen Se da noi la guerra Nord-Sud fosse un pacifico ricordo storico, come negli Usa, il personaggio di cui andiamo a parlare avrebbe il suo bel monumento (come gli eroi sudisti li hanno negli Usa). Se ne è ricordato Maurizio Lupo nel suo diario risorgimentale (La Stampa 6 settembre 2011) e nel sito delle Edizioni del Giglio è ampiamente commemorato. Si tratta del conte alsaziano Emile Théodule De Christen.

Colonnello dell’esercito francese già a venticinque anni, nel 1860 si congedò per dare manforte al papa. Quando Francesco II si accinse all’estrema difesa a Gaeta, si mise a sua disposizione. Posto al comando di un corpo di volontari, combatté i piemontesi in Abruzzo e in Terra di Lavoro, poi raggiunse il re a Gaeta. Caduta la fortezza, il De Christen si portò a Napoli per organizzare l’insurrezione contro l’occupante. Si finse inglese e operò in clandestinità ma la manovra fu scoperta a causa di un delatore e il De Christen venne arrestato. Lo tennero in carcere un anno intero prima di processarlo. In tribunale, un testimone «oculare» indicò non lui ma quello seduto accanto. Tuttavia, il giudice ammise la testimonianza e, addirittura, permise che questa venisse modificata ben quattro volte nel corso del processo. Come da copione, De Christen venne condannato a dieci anni, da scontarsi in galera a Napoli e poi a Gavi in Piemonte.

In cella,
i detenuti politici erano mischiati a quelli comuni e incatenati due a due, mani e piedi. Il cibo malsano e le pessime condizioni igieniche erano causa di continue malattie. Le ferite da percosse e torture non venivano curate. Non era permesso mettersi in contatto con i familiari o con le rispettive ambasciate. Per giunta, a dirigere le carceri napoletane, dopo l’epurazione che colpì anche la magistratura, erano stati messi fior di camorristi. Per il De Christen intervennero pressioni internazionali che costrinsero il governo piemontese ad amnistiarlo dopo due anni. Il conte francese pubblicò a Parigi il suo diario del carcere, Journal de ma captivité, che divenne un bestseller. Tornato a Roma, combatté a difesa del papa a Mentana nel 1867 e a Porta Pia nel 1870. Ammalatosi gravemente, morì a Roma a soli trentacinque anni.