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Tattiche culturali

Il Partito gay fallirà ma aiuterà la rivoluzione Lgbt

Nasce il Partito gay, simile ai Verdi che sono sopravvissuti solo finché le loro istanze non sono diventate quelle di tutti. Perciò, ora che l'agenda arcobaleno è trasversale, l'idea è tardiva.

Gender Watch 22_11_2020

Abbiamo avuto il Partito dei pensionati, del Sole che ride, dell’Aborto? No grazie, dei disoccupati, dei lavoratori e dei disabili e dunque non poteva mancare il Partito Gay. Padrino del neo partito è Fabrizio Marrazzo, fondatore di Gay Help Line e Gay Center, il quale il 19 novembre scorso ha presentato la sua creatura presso l'hotel Nazionale in piazza di Monte Citorio a Roma.

«Ad oggi non abbiamo ancora ottenuto quello che altre comunità hanno avuto 30 anni fa – ha spiegato Marrazzo – le istanze della comunità LGBT+ non sono rappresentate pienamente dalla politica, sono da tempo inascoltate, come avvenuto anche di recente. Nell'ultima manovra finanziaria ad esempio sono stati definiti incentivi per l'assunzione di giovani e donne, ma nonostante le nostre richieste sono rimaste escluse le persone trans, che sono coloro che da sempre subiscono maggiori discriminazioni sul lavoro. La circolare Padre e Madre dell'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini – ha continuato il leader arcobaleno – crea problemi ai figli delle famiglie Arcobaleno ed è ancora lì, intatta».

Marrazzo poi aggiunge che sia la attuale normativa sia quella futura prevista dal Ddl Zan non tutelerebbero compiutamente le rivendicazioni LGBT: «Con la legge Mancini del 1994 le minoranze etniche e religiose sono state tutelate dalle forme di odio, ma ancora oggi non si commette reato se si dice che un gay è malato. In base al ddl Zan possiamo organizzare […] iniziative formative solo dopo la firma di un accordo di corresponsabilità con i genitori, da siglare prima che inizi l'anno scolastico. Questo meccanismo per il tema del bullismo non è necessario e renderà tutto più complicato di quanto già non lo sia e rimettendo tutto alla decisione dei genitori non si tutelano i ragazzi che in casa hanno un padre o una madre omofobi». In sintesi, questa è la conclusione, «non possiamo più delegare le nostre istanze a terzi» e dunque urge fondare un partito gay.

Non vogliamo qui entrare nel merito delle riflessioni articolate da Marrazzo, bensì puntare la lente di ingrandimento sulla iniziativa di per se stessa. In modo preliminare potremmo pensare che questa operazione è stata orchestrata per portare voti al centro sinistra. Se così fosse l’idea è poco efficace: il militante gay già vota a sinistra senza bisogno di inventarsi un partito ad hoc. Quindi risulta poco realistico che il vero scopo sia quello.

Più probabilmente ci troviamo di fronte all’ennesimo partito di scopo. Questi partiti hanno avuto al loro sorgere due destini. O hanno contribuito ad introdurre in ambito politico una certa tematica e poi, raggiunto l’obiettivo, si sono dissolti se non formalmente almeno dal punto di vista dell’importanza numerica (vedi il Partito dei Verdi, il Partito del Sole che ride), oppure sono morti in fase perinatale (vedi il partito di Ferrara sull’aborto). Quale sarà il futuro del gaio partito di Marrazzo? Probabilmente simile al partito di Ferrara, ma per ragioni differenti. Infatti le istanze promosse da Marrazzo & co. sono ormai diventate patrimonio comune di tutti i partiti di centro sinistra e addirittura di qualche realtà politica del centro destra. Sostanzialmente è un partito inutile.

Nella prospettiva rivoluzionaria entro cui si muovono i fondatori del Partito Gay, è molto meglio che gli obiettivi politici siano condivisi trasversalmente da più forze politiche piuttosto che essere promossi solo da un unico partito. Questa è la fase due di qualsiasi partito di scopo. Pensiamo al fenomeno ambientalista: i partiti green a livello europeo nascono tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta posizionati ovviamente a sinistra. Poi sostanzialmente la loro importanza scema, perché? Perché hanno esaurito la loro funzione. Oggi tutti i partiti, sia di destra sia di sinistra, hanno nel proprio programma una sezione dedicata all’ambiente. Non serve più un partito che funga da volano per promuovere in ambito legislativo alcune idee. A voler essere precisi, dovremmo aggiungere che il vero obiettivo politico delle lobby LGBT sta in questo: le loro rivendicazioni devono diventare scevre da casacche partitiche e si devono trasformare in aspirazioni di tutta la collettività. Devono farsi cultura.

Quelle che è accaduto ai partiti dipinti di verde e ciò che accade anche per il partito dipinto d’arcobaleno, con la differenza importante che la sua nascita è avvenuta fuori tempo massimo. Infatti il Partito Gay vuole realizzare uno scenario che ormai già presente da anni, vuole appiccare un incendio che già divampa da tempo. Marrazzo però obietta, come abbiamo visto, che alcune istanze sono andate deluse da quelle stesse forze politiche che loro medesimi hanno fino a ieri appoggiato. Dunque i loro amici di cordata non sono puri e duri come dovrebbero essere. La risposta che verrebbe da questi amici di cordata potrebbe essere la seguente: questa è la politica. Un gioco di compromessi a crescere. Oggi abbiamo ottenuto ad esempio di insegnare il gender nelle scuole con il permesso dei genitori. Domani elimineremo anche il vincolo di chiedere il permesso ai genitori. Oggi abbiamo incentivi lavorativi per giovani e donne, domani lo avremo anche per i trans perché, passata la legge Zan, questi ultimi verranno qualificati come soggetti socialmente e particolarmente fragili.

Nella rivoluzione c’è sempre chi è punta di lancia e vuole tutto e subito e chi procede per gradi. In genere ottengono più risultati i secondi, ma – a dire la verità – anche grazie ai primi che, chiedendo 100, permettono ai loro amici di apparire moderati e di ottenere 50, ossia ben più di quanto sperato. In questo senso, forse, il Partito Gay sarebbe sì un flop alle urne, ma potrebbe comunque tornare utile comunque alle forze rivoluzionarie.