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REALTÀ OLTRE LA FANTASIA

Il politicamente corretto? Provate ad applicarlo al calcio

Se provassimo a sostituire le regole del calcio con quelle del politicamente corretto gli esiti sarebbero paradossali, in bilico tra il disastroso e il tragicomico. Sfoceremmo di certo nell’anarchia. Da ultimo sarebbe impossibile giocare a calcio. Purtroppo è quello che avviene quotidianamente con le regole del buonsenso e con quelle dettate da madre natura. Il risultato è il medesimo: è impossibile vivere da uomini.

Editoriali 02_05_2019

Applichiamo ad una partita di pallone non le regole del calcio, ma le regole del politicamente corretto.

La Lega Calcio e Antidiscriminazione ha deciso che tutte le partite di campionato di serie A dovranno svolgersi a Lampedusa come segno di solidarietà per i migranti. Lampedusa è così diventata la città con la più alta concentrazione di stadi al mondo. Ovviamente non si capisce più chi gioca in casa di chi. Le partite non possono svolgersi né il venerdì, per rispetto verso gli islamici, né il sabato, per rispetto verso gli ebrei. Tutti i manti erbosi sono stati sostituiti con plastica biodegradabile perché a tutti è parsa un’offesa all’ambiente calpestare l’erba. Ogni due anni i campi vanno rifatti perché si sono biodegradati. L’idea iniziale di non tagliare mai l’erba è stata abbandonata, non tanto perché i campi sarebbero stati impraticabili, ma perché comunque i giocatori avrebbero danneggiato la vegetazione.

In merito alle formazioni, da tempo ogni club, in ossequio alle quote rosa, è formato da 5 giocatori uomini e 5 giocatrici donne. Il portiere in un tempo è donna e nell’altro è uomo. Fanno eccezione quelle squadre che possono schierare tra i pali un transessuale. A tal proposito la Lega Calcio sta spingendo perché ci siano quote rappresentative anche di omosessuali e transessuali, ovviamente di ambo i sessi. Dopo la regola “Panchine aperte”, le panchine sono diventate lunghissime, contando fino 50-60 giocatori, dato che devono essere necessariamente accolti in panchina tutti i giocatori che ne fanno richiesta, anche quelli provenienti dalla III Categoria. Richieste per ripartire questi giocatori tra i vari club europei sono state fatte ripetutamente alla UEFA, ma questa fa orecchi da mercante. L’arbitro è sempre donna ed è coadiuvato da una coppia di guardalinee obbligatoriamente uniti civilmente tra loro. Ricordiamo che la regola del fuorigioco è stata soppressa perché sessista in quanto le donne non la comprendevano. I giocatori riportano sulla maglia solo il loro nome, non c’è alcun numero perché nessuno è migliore degli altri, bensì siamo tutti uguali.

Oggi giocano Juve-Milan. La formazione è stata scelta secondo modalità partecipative – ossia una testa un voto – tra allenatori, giocatori, preparatori atletici, massaggiatori, autisti e addetti alle borracce a bordo campo e così Allegri e Gattuso sono andati in minoranza e non hanno potuto decidere alcunchè. Tra gli attaccanti della Juventus segnaliamo la coppia Ronaldo – Ronaldo. Il secondo Ronaldo è un clone del primo a motivo delle sue eccezionali doti tecniche ed è venuto alla luce grazie alla gestazione per altri portata avanti da un transessuale che è madre e insieme padre della figlia del primo Ronaldo, figlia concepita con lo sperma di Pelè e gli ovociti, ovviamente congelati, della Navrátilová. Il primo Ronaldo riceve un bonus di 10mila euro a gol perché è padre di tre bebè avuti con la pratica dell’utero in affitto ed è dunque una forma di paternità da incentivare.

Ecco la cronaca della partita. Il Milan parte con tre gol di vantaggio prima dell’inizio del match per motivi di equità, dato che in classifica è separato da molti punti dalla Juve. Il fischio di inizio è stato posticipato di mezz’ora perché democraticamente così hanno deciso i giocatori in campo. Al terzo minuto del primo tempo Chiellini entra in tackle su Suso. L’intervento è stato duro e devono fare il loro ingresso in campo i massaggiatori. Dopo un breve consulto scuotono la testa e decidono di sopprimerlo per il suo miglior interesse: non è degno per un giocatore continuare la partita in quelle condizioni. Un minuto di silenzio per ricordare Suso e si riparte con la fascia al braccio color arcobaleno spento in segno di lutto.

Al nono del primo tempo l’arbitra fischia un calcio di rigore per un supposto fallo di mano di Musacchio. A margine: non si chiama più calcio di rigore – espressione che appariva troppo dura e violenta – bensì calcio della tolleranza. Così come il termine punizione è stato sostituito con “premio”. C’è incertezza sull’esistenza del fallo e si fa ricorso al VAR. Tutti gli spettatori sugli spalti e a casa votano. Si decide che il fallo non c’è stato. Si riprende a giocare. Al 13° Ronaldo segna in rovesciata, ma il gol viene annullato per un fallo commesso sul portiere in uscita. Ronaldo protesta dicendo che la decisione dell’arbitra è pretestuosa: in realtà lei non condivide la sua scelta di essere padre di tre bambini avuti con l’utero in affitto. Il gol viene assegnato alla Juve, l’arbitra viene sostituita con una collega lesbica e va a fare compagnia a Suso.

Al 22° Dybala controlla male il pallone e questo finisce fuori dal campo. Viene assegnata rimessa laterale al Milan, ma il capitano della Juve protesta: quelle linee bianche che delimitano il perimetro del campo sono limiti imposti in modo arbitrario alla libertà dei calciatori di giocare dove vogliono. Un rapido consulto con la Lega Calcio e Antidiscriminazione e si decide che d’ora in poi dai campi di calcio verranno cancellate tutte le linee laterali.

Dopo due minuti il gioco si ferma nuovamente. Donnarumma, portiere del Milan, si sente discriminato perché indossa una divisa diversa da quella dei compagni. Cambio di divisa per Donnarumma. Nuovo stop all’incontro. Il capitano del Milan chiede all’arbitro che tutti i giocatori della Juve indossino anche loro la casacca rossonera perché la vista delle maglie bianconere è per loro fastidiosa e offensiva, dato che non tiene conto della diversa sensibilità calcistica dei milanisti. In spirito di inclusione i giocatori juventini entrano negli spogliatoi e ne escono con addosso la divisa milanista, ovviamente spogliata della croce che campeggia sullo stemma. Ora sono tutti vestiti uguali. Anche sugli spalti spariscono bandiere e striscioni juventini.

Al 45° brutto fallo su Piątek da parte di Bonucci. Questi protesta e dato che bisogna rispettare sempre l’opinione degli altri l’arbitra non solo decide di revocare la decisione già presa, ma, estraendo un cartellino color arcobaleno, ammonisce Piątek per simulazione. Ne nasce un contenzioso. L’arbitra bilanciando gli interessi in gioco decide che, essendo la Juve già vincitrice di fatto del campionato ed invece il Milan solo in potenza, prevalgono gli interessi della Juve. Si chiude il primo tempo.

Nell’intervallo i tifosi possono cibarsi solo di verdura e di bibite senza gas e zuccheri.

Secondo tempo. Suso per il Milan segna di mano. La Juve protesta ma inutilmente: “Chi siamo noi per giudicare chi segna di mano? – chiede con fare retorico l’arbitra -  Uno se non fa male agli altri,  è libero di segnare come vuole”. Mandžukić imbufalito protesta: “Ma a noi cià fato male!”. Replica l’arbitra: “Le regole del calcio sono in continua evoluzione come la società, occorre adattarsi. Chi non lo fa è uno sfigato che vive nel medioevo”.

Al 18° del secondo tempo punizione, rectius: premio per il Milan al limitare dell’area di rigore, cioè di tolleranza. Le barriere sono vietate perché limitazione alla libertà del giocatore di segnare. Sostanzialmente si tratta di un rigore sulla lunga distanza. Cutrone tira, ma manda alto poco sopra la traversa. Cutrone protesta perché se si sono tolte le barriere dal momento che vengono giustamente intese come limitanti la libertà dei giocatori, appare ovvio che anche l’altezza delle porte limita tale libertà. Si decide che dalla prossima domenica le porte misureranno 11 metri in larghezza e 4 di altezza. Inoltre si sta vagliando anche l’ipotesi di eliminare addirittura i pali e la traversa.

Intanto sugli spalti un tifoso del Milan viene arrestato perché stava tifando per la sua squadra e dunque, implicitamente, stava tifando contro la Juve. Ciò è stato classificato dalle forze dell’ordine come un discorso d’odio, nonché qualificato come atteggiamento aggressivo e discriminatorio. Infatti il nuovo regolamento per gli stadi prevede che tifare per significa tifare contro. Il tifoso è stato subito colpito da daspo e avrà l’obbligo, fino alla fine del campionato, di presentarsi ogni domenica presso la sede del WWF del suo paese per fare volontariato accudendo colonie di stercorari.

Torniamo in campo. Il match appare sempre più confuso anche perché tutti indossano la medesima divisa. Ad un certo punto Piątek annuncia che intende cambiare squadra e diventare juventino: “Non mi sentivo più a mio agio in questa casacca che mi pareva una gabbia che mi imprigionava. Vivevo da troppo tempo in una squadra sbagliata. Sin da piccolo vedevo la Juve e volevo appartenere a questo club. Mi comportavo da juventino, pensavo da juventino, mi vestivo sempre di bianco e di nero e anche se tutti mi prendevano in giro sapevo che quella era la strada giusta: passare da il Milan, squadra maschile, alla Juve, squadra femminile”. Tutti i giocatori ovviamente non possono che dargli ragione: l’identità calcistica prima di tutto.

Eccoci arrivati al 25° con uno splendido gol di testa di Castillejo per il Milan. Il giocatore spenta l’esultanza per il gol si avvicina all’arbitra e si vedono i due parlottare per un po’. Viene deciso che il gol vale doppio perché secondo il parere di Borini quella rete vale doppio a motivo della bellezza del gesto atletico e quindi, nel rispetto dell’autodeterminazione del giocatore, non si può che accondiscendere a questa sua richiesta.

Al 30° della ripresa i giocatori sono esausti. Infatti il nuovo regolamento prevede che, per evitare eccessive immissioni di CO2 nell’atmosfera, i giocatori debbano respirare poco. Inoltre una minore ossigenazione dell’organismo porta anche ad un abbassamento della temperatura corporea che va meritoriamente a contribuire alla lotta contro il surriscaldamento globale.

Arriviamo al 32°: Szczęsny, portiere della Juve, chiede e ottiene di sospendere la partita. Una lumaca è proprio sulla linea di porta e c’è il rischio che venga calpestata. Si riprende dopo 53 minuti, ma inizia a far buio. Non si può accendere l’impianto di illuminazione perché in questa domenica si celebra l’Ora della Terra: per un’ora tutte le luci degli edifici pubblici e privati dovranno rimanere spente. Tra il buio e il fatto che tutti i giocatori indossano la stessa divisa la partita si fa sempre più difficoltosa.

Al 40° sostituzione nelle fila della Juve: esce Kean infortunato e fa il suo ingresso Gretha, una zebra, come segno di inclusività verso i diritti degli animali. Dopo un minuto Chiellini entra nuovamente deciso sulla caviglie di Cutrone in modo plateale. L’arbitra non fischia. Cutrone chiede spiegazione e la direttrice di gara, facendo spallucce, gli risponde: “Non bisogna giudicare nessuno”.

All’89° il difensore del Milan Romagnoli volutamente lascia che Bernardeschi faccia gol. I suoi compagni inferociti gli danno addosso e lui così si giustifica: “Io non avrei mai segnato un gol alla mia squadra, ma non posso impedire che altri lo segnino se lo vogliono”.

Infine al 92° calcio della tolleranza in favore del Milan che, al termine della partita, appare ben più provato della Juve. L’arbitra prende il pallone e invece di posizionarlo sul dischetto, lo mette assai più vicino alla porta. Il capitano della Juve ne chiede il motivo alla direttrice di gara, la quale gli risponde: “I giocatori avversari sono più provati di voi, quindi non è giusto fissare una regola valida per tutti – ossia tutti devono tirare dal dischetto – bensì occorre distinguere caso per caso, occorre saper discernere situazione da situazione”.

La partita finisce 7 a 6 per la Juve. Il Milan fa ricorso alla Corte Europea del Calcio. I giudici modificano il risultato: sette pari. Hanno applicato al caso l’art. 8 della Convenzione sul calcio che tutela la vita privata dei calciatori in campo. E’ apparso infatti evidente che una disparità di punteggio andava a ledere il diritto dei giocatori e dei tifosi milanisti di condurre un’esistenza consona ai propri valori, tra cui quello di vincere sempre o perlomeno di pareggiare. E così per sentenza tutti vissero felici e contenti.