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NUOVO CORSO

Il repulisti della diplomazia marocchina (anche in Italia)

Dopo quasi due mesi di ‘penitenza’ ad attendere in un albergo di Rabat, a loro spese, gli ambasciatori marocchini hanno conosciuto le nuove assegnazioni alla presenza di re Mohammed VI. L’ex capo missione in Italia finisce in Romania. Suona come un accantonamento. A destare critiche anche l’indifferenza mostrata per settimane verso la morte di Imane Fadil.

Attualità 27_06_2019

Si è conclusa in maniera “diplomatica” la vicenda degli ambasciatori marocchini che per circa due mesi sono rimasti in attesa di comunicazione circa la loro futura destinazione estera all’interno di un albergo di Rabat. A loro spese.

Era il 29 aprile quando gli ambasciatori, una ventina, avevano preso alloggio presso l'Hotel Hassan della capitale in vista della tradizionale cerimonia di conferimento dei nuovi incarichi presieduta da Re Mohammed VI in persona (nella foto). La cerimonia avrebbe dovuto avere luogo il 30 aprile, secondo le informazioni fornite dal Ministero degli Esteri, ma per le autorità marocchine non era il momento di celebrare.

Troppo lungo e pesante era infatti l’elenco dei casi di corruzione e comportamento inappropriato a carico dei massimi rappresentanti del Regno del Marocco nel mondo. Un Ramadan di penitenza, più un altro mese di tribolazioni per l’incertezza legata al proprio futuro professionale, è stato dunque il metodo prescelto dal Ministero degli Esteri per rieducare i suoi funzionari al rispetto delle basilari regole di condotta del mestiere di diplomatico.

Il 25 giugno si è così svolto l’incontro con Mohammed VI, che ha dato il suo crisma alle nuove destinazioni assegnate agli ambasciatori. Certo, la Romania è una sede molto diversa da quella degli Stati Uniti, dove di solito vengono inviati coloro che hanno ricoperto l’incarico di capo missione in Italia. Bucarest, invece di Washington, suona pertanto come una punizione rispetto alle ambizioni di carriera nutrite durante gli anni romani di malversazioni e affarismo economico, culminati in uno scandalo dove continua ad aleggiare lo spettro di Imane Fadil, la donna marocchina morta in circostanze ancora oscure.

A destare critiche, scalpore e anche sospetti è stata l’indifferenza mostrata per settimane verso il decesso di una giovane che era una componente a tutti gli effetti della comunità marocchina in Italia, mentre era dovere dell’ambasciatore mostrare interesse e vicinanza fin da subito.

L’assegnazione della sede rumena corrisponde a un accantonamento, a una messa da parte dove si può nuocere il meno possibile agli interessi del Marocco, all’immagine del Regno e alle sue relazioni con altri Stati. La comunità marocchina in Italia esulta e guarda con fiducia al nuovo corso diplomatico, con l’augurio che venga ripreso il percorso di collaborazione e osmosi con l’Ambasciata di Roma interrotto per ben nove anni. Rimediare ai danni provocati dalla gestione precedente richiede un significativo cambiamento di rotta, che deve coinvolgere anche il mondo dell’associazionismo religioso marocchino.

Per volontà dell’ancien régime, l’orientamento delle varie federazioni regionali sembra essere più vicino a quello dei Fratelli Musulmani - finanziati anche in Italia con decine di milioni di euro dal Qatar (come documentato nel libro inchiesta Qatar Papers) - anziché alla religiosità moderata della maggioranza della comunità, promossa tradizionalmente dalle istituzioni marocchine all’estero. Invertire questa tendenza richiede tempo e soprattutto volontà politica. Questa non può mancare, perché il Marocco non deve lasciarsi in alcun modo inglobare nell’agenda islamista dei Fratelli Musulmani e dei paesi che li sponsorizzano: il Qatar degli emiri Al Thani e la Turchia di Erdogan.

Il Marocco è per sua natura ponte di dialogo e cooperazione tra Europa e mondo arabo, tra Cristianesimo e Islam, come confermato dalla recente visita di papa Francesco e dal suo incontro con re Mohammed VI. Il nuovo corso diplomatico in Italia è chiamato a far sì che il Marocco conservi e rafforzi ulteriormente questo suo tratto peculiare, nel perseguimento degli interessi della comunità marocchina.