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PROGETTI POLITICI

Il sogno di Zamagni: tutta la vaghezza del "moderato"

L’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in un'intervista spiega il suo progetto (sogno) politico. Un partito di centro, che raggruppi i moderati. Ma cosa è il moderatismo? Conforme o contrario alla Dottrina Sociale? Le sue priorità sarebbero altre rispetto ai principi non negoziabili. 

Politica 15_07_2020
Stefano Zamagni

L’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, rilascia un’intervista a Incronac@ , testata del Master in giornalismo presso l’Università di Bologna. Il tema è quello delle amministrative del 2021.

Tralasciamo molte dichiarazioni di Zamagni e puntiamo il focus solo su alcuni passaggi di questa intervista. L’economista afferma: «Negli ultimi trent’anni il centro è stato annullato, e le uniche espressioni che si hanno sono centrodestra e centrosinistra. Se non ricreiamo un’autentica dialettica democratica resteremo con un sistema bipolare di partiti che si collocano a destra e sinistra e non hanno interesse a migliorarsi, perché interessati solo a mantenere le posizioni di rendita». Segue la domanda dell’intervistatore: «Come si sblocca questa situazione?» Risposta: «Dando vita a una formazione di centro autonomo che si propone per la qualità del suo programma. […] Sulla base di questi esiti elettorali ci saranno le alleanze qualora nessuno dei tre schieramenti ottenesse la maggioranza. Ma quello che è importante è che una aggregazione di centro costringe le altre due a migliorarsi».

Un paio di riflessioni a caldo: se il centro non c’è più significa che l’elettorato non lo vuole. Riproporlo sarebbe inutile. Seconda riflessione: se la destra e la sinistra non hanno intenzione di migliorarsi e puntano solo a tenersi la poltrona incollata alle terga perché mai il centro dovrebbe essere diverso? Perché una coalizione tra sinistra o destra con il centro dovrebbe mitigare questi due poli opposti? La risposta arriva subito dopo: «Coalizione di centro non significa però il “partito dei cattolici”. Oggi l’esperienza della DC non è più replicabile, quindi quando si parla di centro non si fa riferimento a soggetti che hanno una determinata matrice ma che si riconoscono nel moderatismo». In breve il centro, dato che rifugge gli eccessi degli estremi, è eticamente superiore a questi.

Anche qui qualche pensierino. Condividiamo, con allegrezza, la riflessione sulle esequie dell’esperienza democristiana, ma ci incuriosisce quel termine: ´moderatismo´. Partiamo dall’abc. Chi governa deve perseguire il bene comune. L’espressione massima del bene comune è quella indicata dalla Dottrina sociale della Chiesa. E fin qui crediamo che Zamagni concordi, tenuto anche conto della carica che ricopre al di là delle Mura leonine. Dunque se proprio si volesse auspicare una svolta in politica occorrerebbe rifarsi alla Dottrina Sociale della Chiesa che esprime valori forti, tutt’altro che moderati. I quali per concretarsi nel tessuto sociale, a seconda delle circostanze, necessiteranno a volte di modi altrettanto forti e a volte di modi moderati. Invece il Nostro si vota al moderatismo che crediamo voglia sposare non solo in relazione ai modi (lo ripetiamo: a volte ci vogliono le maniere forti soprattutto quando in ballo ci sono i principi non negoziabili), ma anche ai contenuti.

Dunque in relazione ai contenuti occorre prediligere i toni pastello: immigrazione, povertà, lavoro, Europa, ambiente, etc. In merito alle modalità idem: dialogo, partecipazione, inclusività, pluralismo, etc. Va da sé che anche alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa i primi temi sono temi forti, tutt’altro che moderati, ma solo se letti alla luce dell’autentica dottrina morale-sociale. Inoltre per la Dottrina sociale alcuni temi sono più importanti o più urgenti di altri: vita (e dunque aborto, fecondazione artificiale, utero in affitto, inverno demografico, eutanasia,), famiglia (e dunque divorzio, Unioni civili), libertà di educazione e di espressione (e dunque Ddl Zan, scuole paritarie) etc. sono più importanti di immigrazione, povertà, lavoro, Europa. Tanto più importanti che i mali che interessano queste ultime materie possono essere risolti solo se si risolvono i mali che interessano le prime tematiche (vita, famiglia, etc.).

C’è poi da aggiungere che agganciare questo futuribile centro alla sinistra non mitigherebbe le posizioni progressiste di quest’ultima su temi quali vita, famiglia, educazione, libertà religiosa, ma, all’opposto, spianerebbe la strada verso il genocidio dei principi non negoziabili perchè fagociterebbe i moderati, li travolgerebbe e li acquisterebbe subito alla propria causa fatta di autodeterminazione della donna e del morente, omofobia e laicismo (posto che i moderati non si siano già votati alla causa in questi termini ben prima dell’imparentamento con la sinistra, cosa assai probabile).

Infine e andando oltre le parole del prof. Zamagni, il moderatismo spesso esprime moderazione solo nel nome. Gli immigrati e i disoccupati infatti diventano non di rado assoluti morali, colonne d’Ercole oltre le quali finisce il mondo. Si criticano gli estremismi (populismi, liberalismi, etc.) ma poi si estremizzano i cambiamenti climatici e gli sbarchi di clandestini.  Inoltre disoccupati e immigrati sono non di rado usati come clave contro l’avversario. E dunque le modalità democratiche e dialettiche evaporano al sole dei sondaggi (si sa che l’elettore medio adora il sangre y arena) e sono assai spesso sostituite da fatwa, posizioni apodittiche, toni bellicosi e intransigenti, ostracismi.

Dunque, ed è forse l’aspetto più interessante dell’intervento di Zamagni, non si sceglie ciò che la ragione riconosce più importante per il bene comune, al di là dell’impatto che questo può avere sulle coscienze di noi post moderni che ci siamo inselvatichiti nella selva del buonismo indifferente a tutto e a tutti, adottando gli strumenti più idonei per realizzarlo, bensì si fa una scelta sui toni. Si predilige, almeno nelle intenzioni, il contenuto sobrio, gli angoli smussati, le morbidezze di perifrasi vaghe sul bene civico, la flessuosità di alcuni principi propri della giustizia sociale, il clima temperato di quella politica che vuole essere amica di tutti (tanto è vero che il moderatismo alla Zamagni può andare a braccetto della sinistra come della destra), il passo misurato di chi teme strappi in avanti. In breve, non importano tanto i principi in sé, basta che siano moderati. Non importa il cosa, ma il come è questo qualcosa.

Non per mancare di rispetto alle riflessione di Zamagni, ma per quell’imprevedibile gioco delle associazioni che compie il nostro (limitato) cervello, a leggere la proposta moderata di Zamagni per le prossimo amministrative (ma forse anche per le politiche) ci è venuto in mente il celeberrimo spot dei Ferrero Rocher degli anni 90, dove una ricchissima donna, seduta sulla propria Rolls Royce, esprimeva al proprio autista Ambrogio un vago desiderio: «La mia non è proprio fame, è più voglia di qualcosa di buono». Ecco, il moderatismo auspicato da Zamagni ci pare voglia alludere ad un desiderio non specifico, bensì vago: non sappiamo bene cosa vogliamo fare in politica, ma comunque deve essere qualcosa di moderato, sia nel merito che nei modi. Un bel partito Ferrero Rocher?