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L'ANTIDOTO

Il Sud deportato

Per effetto dell'Unità,
emigrarono
oltre
un milione
di cittadini meridionali.

L'antidoto 03_12_2011
emigranti sud
Per dieci anni il governo piemontese-italiano cercò l’appoggio di stati esteri onde creare una colonia penale per i borbonici irriducibili (quasi tutti). Fu presa in considerazione una striscia di terra in Eritrea, poi «Menabrea (premier e ministro degli esteri, ndr) pensò alla Patagonia, al Borneo, alla Tunisia, al Mozambico, all’Angola, all’Australia, alle Nicobare, a Timor, a Goa, a Macao». Ma «l’Inghilterra non appoggiò il progetto italiano nel Mar Rosso, né altrove. Non lo fecero nemmeno l’Argentina, la Francia e l’Olanda». Nel 1872 il ministro degli esteri era Visconti Venosta, che riprovò, «tanto più –scrisse- che presso le impressionabili popolazioni del Mezzogiorno la pena della deportazione colpisce più le fantasie e atterrisce più della stessa pena di morte».

Ma, dopo dieci anni di dinieghi internazionali, il progetto fu accantonato. «Ormai i ministri e gli ambasciatori italiani potevano stare tranquilli. Per convincere intere generazioni, e milioni di meridionali a lasciare l’Italia bastarono le fame e la totale assenza di prospettive. Tra il 1870 e il 1880 partirono per l’Europa e l’America più di un milione di cittadini meridionali, un vero e proprio esodo che privò il Sud di una buona fetta di popolazione e forza lavoro. Nel 1861 gli italiani erano 22 milioni, in cento anni gli emigrati arrivarono a 14 milioni, di cui quasi 10 milioni hanno lasciato il Meridione» (Cfr. Giordano Bruno Guerri, Il bosco nel cuore. Lotte e amori delle brigantesse che difesero il Sud, Mondadori, pagg. 192-194).