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DAVANTI AL G20

Il tramonto dell'economia nella miopia della politica

La riunione straordinaria del Governo per varare misure urgenti ha partorito provvedimenti inadeguati alla gravità della situazione. 

Attualità 03_11_2011
g20
Un inizio di novembre in cui l’Italia ha dato una nuova dimostrazione di una politica inconcludente, di un Governo diviso, di una maggioranza preoccupata di tutt’altro rispetto ad una concreta ed efficace risposta alla crisi. Dopo il terremoto finanziario in cui gli interessi sui titoli di Stato italiani sono saliti a livelli record, ben oltre il 6%, ci si attendeva infatti una risposta chiara ed efficace per dimostrare, alla vigilia del vertice dei 20 Grandi a Cannes, che il nostro paese ha ancora tutte le carte in regola per garantire gli impegni presi e per avviare sul serio una strategia di sviluppo.

Ma ancora una volta i provvedimenti che avrebbero potuto segnare una svolta sono rimasti nei cassetti, se mai ci sono entrati. Ancora una volta i veti incrociati, le preoccupazioni per la tenuta della maggioranza (e quindi la volontà di non scontentare nessuno), le contese personali e le ripicche private hanno avuto il sopravvento. E non hanno avuto effetto nemmeno gli interventi, tanto irrituali quanto necessari, che il presidente della Repubblica si è sentito in dovere di fare per richiamare il Governo alla necessità di dare una dimostrazione di credibilità di fronte alla sfiducia interna e internazionale.

Il maxi-emendamento approvato mercoledì sera dal Consiglio dei ministri contiene certamente misure importanti e che si aspettavano da tempo: ma si tratta comunque di misure di contorno che in tempi normali avrebbero dovute essere varate con le tradizionali procedure parlamentari. Si parla di rilancio delle infrastrutture favorendo gli investimenti dei privati: ottima iniziativa, ma per vederne gli effetti concreti passeranno mesi se non anni. Si parla di semplificazioni, in particolare sugli orari di apertura dei negozi: ma che cosa ha fatto negli ultimi tre anni il ministro delle semplificazioni? e si pensa veramente di spingere i consumi creando condizioni ancora più difficili per i piccoli negozi di quartiere o dei piccoli centri? Si parla di privatizzazioni nei servizi pubblici locali: un passo che si attende da tempo, ma a cui dovranno seguire decisioni concrete dei singoli enti locali… e ci vorranno anni.

Le risposte immediate che un vero Governo avrebbe dovuto dare sono di tutt’altro tipo. Un drastico e immediato taglio dei costi della politica: per dare un segnale di condivisione delle difficoltà e per sostenere il consenso verso i sacrifici richiesti. Una manovra fiscale spostando almeno in parte il prelievo “dalle persone alle cose”, come più volte teorizzato dallo stesso ministro dell’economia: più tasse sui grandi patrimoni e sulle rendite finanziarie e meno tasse sul lavoro e sulle imprese. Una riforma delle pensioni che abolisca, gradualmente, ma in tempi stretti, le pensioni di anzianità e che liberi risorse per aiutare il lavoro dei giovani e le famiglie.

La crisi in atto, in cui l’Italia è nello stesso tempo vittima e protagonista, dovrebbe essere considerata un’opportunità per rendere più moderna l’organizzazione dello Stato e per varare in tempi stretti provvedimenti che abbiano a cuore la difesa del lavoro e del risparmio, una crescita fondata su garanzie sostanziali, una prospettiva di medio/lungo termine che tenga conto dei cambiamenti sociali.

Invece continua a prevalere una concezione centralista e statalista della società, una concezione che ha paradossalmente il suo primo difensore nella Lega di Umberto Bossi che si è dimostrata la forza maggiormente conservatrice di fronte ad ogni possibile riforma: dal veto a toccare le pensioni, al no all’abolizione delle province.

E le scelte economiche sono diventate il paravento di una politica inconcludente mentre invece dovrebbero essere lo specchio di valori condivisi per la crescita della società. Già, i  valori. La prospettiva del valore integrale della persona umana, richiamata ancora una volta dal Papa il giorno dei Santi, si perde nelle nebbie delle scelte concrete del Palazzo dove spicca la difesa delle poltrone, dei privilegi, del potere rispetto ad una politica concepita come servizio alla società.