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ANIMALISMO

In compagnia dei lupi? Anche i verdi si ribellano

La settimana scorsa, in due distinti attacchi a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, uno o più lupi hanno aggredito le pecore di un allevatore di Sinio (Cuneo). Se non siamo tornati ai tempi della lotta con le fiere poco ci manca. Ma anche associazioni ecologiste iniziano a invertire la tendenza.

Creato 30_03_2015
Lupo

La settimana scorsa, in due distinti attacchi a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, uno o più lupi hanno aggredito le pecore di un allevatore di Sinio (Cuneo) uccidendone 14 e ferendone diverse altre. Sinio è un villaggio delle Langhe a non grande distanza da una città industriale come Alba. Avendo trovato spazio sulle pagine di un quotidiano importante come La Stampa di Torino, la notizia ha avuto un’eco maggiore di quella di altri recenti episodi simili verificatisi altrove sia sulle Alpi che sugli Appennini. Benché largamente censurato per non dispiacere ai “verdi” (gente di città molto più numerosa e influente dei pastori e degli allevatori di alta collina e di montagna), il diffondersi del lupo e dell’orso fuori delle poche aree ridotte e controllate ove l’uno e l’altro sussistevano sta diventando un serio problema.

Già cominciammo a ricordarlo due anni fa, ma da allora la situazione è peggiorata. E non solo in Italia, ma un po’ dappertutto nell’Europa occidentale come pure negli Stati Uniti. Mentre però altrove in Europa almeno se ne può discutere, e negli Stati Uniti la caccia di contenimento è già stata autorizzata, nel nostro Paese la censura è quasi totale. Con la sola eccezione di articoli di esecrazione per chi osi affermare un fatto ovvio: ossia che la prossimità tra l’uomo e i grandi carnivori come il lupo, l’orso e anche la lince è impossibile. Anche perché al momento non si sono ancora riformati grossi branchi di lupi, siamo ancora nella fase degli attacchi al solo bestiame domestico, che comunque  è un danno gravissimo per la pastorizia e l’allevamento bovino ed equino all’aperto, anche perché al momento non si sono ancora riformati grossi branchi di lupi. Se però tali branchi dovessero riformarsi pure l’uomo sarebbe direttamente in pericolo. Si pensi ad esempio al caso di alpinisti e escursionisti infortunati, a superstiti feriti di incidenti stradali in attesa di soccorso in luoghi disabitati, ma non solo. D’altra parte, nel tragico caso dell’aero della Germanwings recentemente portato a schiantarsi sui monti dell’Alta Provenza, si è dovuto mettere in conto l’afflusso di lupi attirati dalla presenza dei resti delle vittime nel luogo dell’impatto; e per evitarlo è stato ordinato di accendere fuochi e di prendere altri provvedimenti al riguardo.

Stiamo tornando all’epoca della lotta con le fiere? Sembrava impossibile, ma ci stiamo avvicinando. E per un motivo nient’affatto secondario. Alla radice di tale questione sta ancora in ultima analisi  il crollo del principio di evidenza: insomma quella sostituzione dei fatti con le opinioni che il filosofo Friedrich Nietzsche, cupo precursore della crisi del nostro tempo, preconizzava ormai circa centovent’anni fa. In questo senso la sconsiderata volontà di far tornare i grandi carnivori là dove dimora l’uomo è un altro frutto di quel medesimo sonno della ragione che sta alla base, fra le altre cose, della pretesa che la sessualità secondo natura e l’omosessualità siano equivalenti; oppure della decisione di comprarsi una presunta maternità o paternità acquistando sperma e/o ovuli  nonché prendendo in affitto uteri di terze persone. Siamo sempre, seppur in modi e ambiti assai diversi, di fronte di fronte al medesimo rifiuto dell’evidenza e alla medesima sostituzione dei fatti con le opinioni.

Tornando ora specificamente al nostro argomento di oggi c’è da sottolineare che si sta attualmente registrando una svolta importante. Fino a poco tempo fa sembrava che in Italia i contadini di montagna, gli allevatori e i pastori fossero soli nella mobilitazione contro quella prossimità con i grandi carnivori che si pretende di imporre loro su pressione dei “verdi”. Nel marzo 2014, riunito in un convegno internazionale convocato a Poschiavo (Grigioni, Svizzera), un gruppo di loro associazioni di pastori e di allevatori, e di esperti a loro vicini, aveva sottoscritto appunto la “Dichiarazione di Poschiavo”, oggi reperibile su Internet in italiano e nelle altre tre lingue più diffuse in Europa: un documento molto ragionevole ma ciononostante rimasto senza un’eco proporzionata all’obiettiva importanza del problema che poneva. 

Adesso un aiuto inatteso ma molto significativo viene a tale battaglia da un sodalizio ambientalista di grande prestigio, l’Associazione Italiana per la Wilderness, AIW, il cui scopo sociale è la creazione appunto di “wilderness”, ossia di aree silvestri riservate in via esclusiva agli animali selvatici e alla flora spontanea. In forza della sua esperienza unica in materia la AIW è scesa in campo il 26 marzo scorso con un  documento e un comunicato in cui dichiara inaccettabile “l’idea che un animale come il lupo possa vivere liberamente nelle zone iper-urbanizzate e coltivate dell’Europa centro meridionale senza creare problemi alla vita dell’uomo, sia per predazioni sul bestiame ed altri animali domestici sia per rischio di aggressioni all’uomo(…). 

“Non esiste al mondo una Nazione dove si consenta la vita ad animali predatori di grossa mole anche nelle vicinanze delle zone densamente abitate dall’uomo; quindi una politica di contenimento numerico si sta facendo sempre più urgente, anche in previsione delle nascite di questa primavera, per cui le popolazioni di lupi subiranno una crescita esponenziale difficile da valutare. (…) Se non si vuole che il lupo sia nuovamente sterminato, bisogna che le autorità provvedano a mantenere basso il livello della sua presenza, altrimenti i cittadini si sentiranno in dovere di intervenire di persona per tutelare i propri interessi e la propria incolumità per un’umana e comprensibile reazione di paura (…).” 

Muovendo proprio dal suo interesse a che il lupo non si estingua, dunque da un punto di partenza opposto a quello delle associazioni di pastori e di allevatori che si erano espresse nelle Dichiarazione di Poschiavo, l’AIW giunge insomma a conclusioni che con essa sono largamente compatibili. Si delinea così un’alleanza importante che avrebbe però bisogno di trovare sostegno anche al di fuori delle aree direttamente interessate.