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LA VICENDA ILVA

Incompetenza e miopia, ideologia grillina al capolinea

Pensando ai danni fatti dall’ideologismo grillino da quando il Movimento Cinque Stelle è forza di governo, non si può che auspicare una rapida dissoluzione dell’attuale esecutivo. Il caso Ilva è un capolavoro di incapacità politica, una dimostrazione tangibile di incompetenza e pressappochismo, con conseguenze e ripercussioni incalcolabili. Un ambientalismo disancorato dalla realtà e destinato a impoverire il tessuto socio-produttivo del Paese.

Attualità 06_11_2019

Verrebbe da dire: "Fermateli prima che sia troppo tardi, toglietegli il giocattolo dalle mani". Pensando ai danni fatti dall’ideologismo grillino da quando il Movimento Cinque Stelle è forza di governo, non si può che auspicare una rapida dissoluzione dell’attuale esecutivo.

La vicenda Ilva è emblematica dell’incapacità di una classe dirigente di gestire partite complesse nelle quali bisogna coniugare le esigenze di un territorio con le ragioni dell’economia e della politica.

Se Arcelor Mittal abbandona l’Ilva, al posto del colosso franco-indiano potrebbe tornare in sella la vecchia cordata sconfitta all’epoca del governo Gentiloni e composta da Sajjan Jindal, già proprietario delle ex acciaierie Lucchini di Piombino, dal gruppo Arvedi di Cremona e da Cassa depositi e prestiti. Forse ci sarebbe la regia di Matteo Renzi, che nel consiglio d’amministrazione di Jindal ha l’amico fidato Marco Carrai, ma non è detto che sia questa la ragione dell’imbarazzante possibile ripescaggio degli sconfitti della gara precedente.

Il problema è comunque un problema di credibilità dell’Italia all’estero e di (in)sostenibilità delle politiche grilline in ambito economico-imprenditoriale.

La gestione del Ministero dello sviluppo economico da parte di Luigi Di Maio ha lasciato insoluti i nodi più intricati dell’industria italiana, ha aggravato le crisi aziendali più spinose, ha lasciato che si incancrenissero i dossier più scottanti, Ilva in testa. Il governo precedente, infatti, si è ritrovato ostaggio dei deliri ideologici grillini, che hanno prodotto un sostanziale immobilismo decisionale.

Il caso Ilva è un capolavoro di incapacità politica, una dimostrazione tangibile di incompetenza e pressappochismo, con conseguenze e ripercussioni incalcolabili.

Qualcosa di più capiremo oggi, quando i dirigenti dell’azienda si incontreranno a Roma con il governo per decidere le sorti della più grande acciaieria d’Europa, che impiega 10.700 operai, di cui 8.200 nello stabilimento di Taranto (gli altri in quelli di Novi Ligure e Cornigliano) e che produce ogni anno acciaio per 24 miliardi di euro.

Resteranno negli annali le riunioni di porzioni importanti di Consiglio dei ministri a Taranto. Vere e proprie parate demagogiche per gettare fumo negli occhi dei tarantini e degli italiani, illudendoli che una soluzione rispettosa delle ragioni dello sviluppo industriale e dell’ambiente sarebbe stata trovata. E invece la miopia delle scelte governative ha prodotto il disastro che è sotto gli occhi di tutti. Un ambientalismo, quello grillino, completamente disancorato dalla realtà, e destinato a impoverire il tessuto socio-produttivo del Paese solo per un’ostinazione ideologica velleitaria e offensiva del buon senso.

E non è il solo limite dell’ideologismo grillino. Nel caso di Alitalia, l’ostinazione di Di Maio e soci nell’impedire l’individuazione di una libera soluzione di mercato ha prodotto il settimo rinnovo del prestito ponte e uno stallo che inizia a preoccupare non solo i dipendenti ma l’intera comunità nazionale, sempre più insofferente all’idea di dover continuare a contribuire a tenere in vita un carrozzone ipertrofico e inefficiente. Eppure tra i grillini c’è chi si accanisce ancora nel difendere scelte nazionalistiche ormai fuori dal tempo e prive di qualsiasi logica di mercato.

Infine, la componente “green” dell’ideologia pentastellata sta introducendo elementi davvero inconcepibili anche nella manovra di bilancio. L’ipotesi della plastic tax probabilmente rientrerà, ma solo perché gli imprenditori del packaging dell’Emilia Romagna si sono messi di traverso minacciando di votare Lega e centrodestra alle prossime regionali di gennaio.

Tutte queste sbandate di un governo sempre più allo sbando evidenziano due cose. Da una parte l’approssimazione e il caos che accompagnano le scelte ideologiche del Movimento Cinque Stelle, sull’orlo di implodere e di scindersi in correnti e partitini; dall’altra la disonestà intellettuale di tutte le forze politiche che appoggiano l’esecutivo e che antepongono i propri interessi di bottega alle scelte necessarie per il bene del Paese. Tanti italiani vorrebbero svegliarsi e scoprire che si è trattato solo di un terribile incubo.