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PERSECUZIONE

"Intoccabili" e cristiani nelle catacombe dell'India

L'arcivescovo Anil JT Couto è stato picchiato dalla polizia e arrestato mentre manifestava a favore dei dalit, gli "intoccabili" fuori casta dell'India. Questa dura repressione è solo la punta dell'iceberg.

Esteri 13_12_2013
Repressione a Delhi

In India, a Delhi, l’11 dicembre la polizia ha arrestato l’arcivescovo Monsignor Anil JT Couto e numerosi altri vescovi, sacerdoti e suore che con lui partecipavano a una marcia pacifica in favore dei diritti dei dalit (i fuori casta) cristiani e musulmani. Risulta inoltre che gli agenti abbiano picchiato diversi religiosi che pure sfilavano indossando i paramenti. Ultimi e reietti nel sistema delle caste indiano, tuttavia i dalit indù nel 1950 hanno ottenuto il riconoscimento di diritti in campo economico, sociale ed educativo di cui ancora non godono quelli cristiani e musulmani. Per questi ultimi si batte da sempre la Conferenza episcopale indiana denunciando l’incostituzionalità delle discriminazioni di cui i dalit sono vittime e i danni morali ed economici che ne conseguono.

Per la gravità e l’eccezionalità del fatto – era dal 1997 che dei vescovi non venivano perseguiti per il loro impegno al fianco dei dalit – in queste ore la notizia dell’arresto dei religiosi cristiani ha fatto il giro del mondo.

Poco o niente si dice e si sa invece dei tanti altri episodi di violenza contro i cristiani che si verificano in India, cronaca quotidiana di una persecuzione che si fa più minacciosa in occasione delle maggiori ricorrenze religiose.

Il 10 dicembre, poche ore prima degli scontri che hanno coinvolto l’arcivescovo Couto a Delhi, nello stato del Karnataka il gruppo fondamentalista indù Bajrang Dal ha denunciato e fatto arrestare per conversione forzata due donne cristiane che stavano semplicemente distribuendo degli opuscoli religiosi. Insieme a un altro gruppo fondamentalista, il Vishwa Hindu Parishad, adesso Bajrang Dal minaccia azioni di massa per punire “chi pratica conversioni e attività anti-indù”.
Intervistato dall’agenzia di stampa AsiaNews, Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians, Gcic, si è detto molto preoccupato perché quanto accaduto – ha spiegato – “rientra in uno schema consolidato delle forze nazionaliste (indù): colpire in modo più intenso i cristiani sotto Natale”.

In India, come in altri paesi, nel periodo dell’Avvento si moltiplicano infatti gli attacchi ai cristiani. Il Gcic ha quindi chiesto alle autorità di provvedere affinché quest’anno i fedeli possano celebrare la nascita di Gesù Cristo in sicurezza.

Ma segnali negativi non lasciano ben sperare. Alla fine di ottobre un tribunale ha prosciolto, nonostante le prove incontrovertibili portate a carico, 54 estremisti indù responsabili dei saccheggi, delle distruzioni e delle violenze verificatisi durante i pogrom anticristiani del Natale 2007 nello stato di Orissa. Restano impuniti inoltre anche quasi tutti gli autori dei successivi, ancora più violenti pogrom del 2008 che provocarono 100 morti e 50.000 sfollati.

I cristiani guardano inoltre con inquietudine all’esito delle elezioni locali di novembre che hanno assegnato una vittoria netta al Bharatiya Janata Party, Bjp, il partito dei nazionalisti indù sostenuto dai movimenti fondamentalisti, a scapito del Congress Party, il partito di governo: 49 seggi sono andati al Bjp contro i 39 del Congress Party, in Chhattisgarh, 165 contro 58, in Madhya Pradesh, e 162 contro 21, in Rajasthan. Il Congress Party sconta l’esasperazione generale per la corruzione dilagante – scandali continui coinvolgono i politici – e per i costi crescenti dei generi alimentari e di prima necessità dovuti alla forte inflazione: ha sei mesi soltanto per recuperare consensi in vista delle elezioni generali di maggio.

Proprio nel Rajasthan dove il Bjp ha ottenuto la vittoria più schiacciante, i fondamentalisti indù hanno infierito di recente persino su un bambino di sette anni, Anugrag Gemethi, residente con la famiglia nel villaggio di Gamidi. Il piccolo è stato torturato e ucciso. Dopo il ritrovamento del suo cadavere in un laghetto il 18 novembre, diverse organizzazioni cristiane si sono mobilitate per ottenere che le autorità, a dir poco riluttanti a indagare, individuino i responsabili e infliggano loro una punizione esemplare. Secondo i promotori della campagna “Giustizia per il martire Anmol” (questo il soprannome con cui Anugrag veniva chiamato), i fondamentalisti avrebbero agito allo scopo di terrorizzare la minuscola comunità di cristiani del villaggio – 45 in tutto – nata nel 2003. A settembre avevano interrotto un incontro di preghiera minacciando i presenti di morte.

Anche la piccola comunità cristiana del villaggio di Taragaon, nel Chhattisgarh meridionale, è sotto pressione da mesi. Ad aprile il Bajrang Dal ne ha completamente distrutto la chiesa. I fedeli hanno deciso allora di riunirsi in casa per svolgere le funzioni religiose, ma questo non li ha messi al riparo da frequenti violenze e intimidazioni. L’ultimo episodio risale a ottobre quando dei membri di Bajrang Dal hanno schierato delle statue di divinità indù davanti alle abitazioni dei cristiani intimando loro di uscire ad adorarle e minacciando di trascinarli fuori casa a forza, di picchiarli e ucciderli se non avessero obbedito. Come altre volte, la polizia non è intervenuta: quasi mai gli estremisti vengono arrestati o anche solo convocati dalle autorità.

Invece, pur senza prove, a ottobre il tribunale di Phulbani, nell’Orissa, ha condannato all’ergastolo sette cristiani accusati dell’uccisione del leader indù Laxamananda Saraswati, la cui morte scatenò i pogrom anticristiani del 2008. Non solo mancano le prove, ma l’omicidio è stato più volte rivendicato dal leader maoista Sabyasachi Panda secondo cui i killer avevano lasciato sul luogo dell’attentato due lettere, appunto di rivendicazione, che le autorità avrebbero nascosto per poter attaccare i cristiani: complici i giornali locali che hanno rifiutato di pubblicare le dichiarazioni dello stesso Sabyasachi Panda. Sajan George, dopo la pubblicazione della sentenza il 3 ottobre, ha definito la condanna “una presa in giro, triste dimostrazione di come funziona il sistema giudiziario indiano” e ha denunciato i giudici “in combutta con le forze ultranazionaliste indù”.

Ora è nuovo motivo d’ansia per i cristiani di Phulbani la costruzione di un tempio indù proprio a ridosso della chiesa cattolica. Il parroco, Padre Angelo, teme soprattutto che sorgano problemi nel caso in cui coincidano in uno stesso giorno festività cristiane e indù. Il fatto che le autorità del distretto abbiano autorizzato la costruzione del tempio, e su un terreno di proprietà dello stato, senza tener conto delle conseguenze, secondo Sajan George "dimostra in modo chiaro la connivenza delle forze radicali indù con chi governa, con l'obiettivo di intimidire la minoranza cristiana”.