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SCENARI

Italiani stanchi di Conte, ma la sua "forza" è l'incertezza

La fiducia degli italiani per Conte è scesa dopo il Natale in lockdown, la maggioranza studia come farlo cadere ma l'incertezza e la mancanza di obiettivi dei partiti lo faranno rimanere in piedi ancora per un po'.

Editoriali 26_12_2020

L’arrivo dei primi vaccini non basterà al Governo per placare le tensioni dentro la maggioranza e la crescente insofferenza dei cittadini. Su questo secondo versante, quello della fiducia delle persone nelle istituzioni, nelle ultime ore sono arrivati altri segnali inequivocabili di scollamento tra governanti e paese reale e di crescente disagio psichico e mentale di milioni di persone. Un sondaggio Ipsos pubblicato in prima pagina sul Corriere della Sera due giorni fa ha svelato che il 60% dei cittadini è stufo di divieti e restrizioni, che reputa inadeguati e sproporzionati rispetto ai rischi reali della pandemia. E’ la stessa percentuale di persone che temono una crisi economica ben peggiore di quella del 2008.

Un secondo segnale allarmante è stato lanciato in un’intervista ad Adnkronos dal Presidente dell’Ordine nazionale degli psicologi, David Lazzari. Ecco le sue parole: «Molte persone in questi ultimi giorni hanno manifestato ansia per questa ‘variante inglese’ del coronavirus, ansia che può sfociare in angoscia per l’amplificazione ed il bombardamento mediatico continuo a cui siamo sottoposti. Di virus e malattie ne girano tante e non solo adesso con la pandemia, ma questo mette alla prova la vulnerabilità delle persone, tendiamo a minimizzare le incertezze o a nasconderle ma è necessario comprendere che l’imponderabilità fa parte della vita, ci facciamo continuamente i conti anche senza rendercene conto. Angoscia e paura che vengono alimentate e amplificate da un eccesso di ripetizione, da un bombardamento mediatico che genera allarmismo e timori superiori all’effettivo pericolo del virus stesso. Ed ecco che molte persone si chiudono nella propria nicchia, nel proprio mondo e non vogliono più uscire o comunque vogliono avere meno contatti possibili».

La nostra società è dunque seduta su una polveriera, pronta ad esplodere di fronte al dilagare di nuove povertà e, conseguentemente, di veementi proteste sociali.

Entrambi i campanelli d’allarme finiranno presto per travolgere l’esecutivo, che è già scosso dalle contrapposizioni sempre più nette tra il premier Giuseppe Conte e i leader dei partiti che lo sostengono. Ormai è chiaro che Pd e Cinque Stelle sono coalizzati nel tentativo di disarcionare l’inquilino di Palazzo Chigi per sostituirlo con un politico o quanto meno per sfilargli dalle mani il controllo della partita del Recovery Fund e la delega ai servizi segreti. L’obiettivo è indebolire l’“avvocato del popolo” affinchè lui da solo tolga il disturbo. Le critiche renziane all’esecutivo sono funzionali a tale disegno. Matteo Renzi, però, sembra fare marcia indietro rispetto alle minacce iniziali perché non ha ancora ben chiara la convenienza per sè di questo disegno, e cioè che cosa lui possa ragionevolmente mirare a ottenere dalla crisi di governo e dalla sostituzione del Presidente del Consiglio. Schermaglie, minacce e smentite si alternano perché non c’è ancora un accordo su cosa fare con Conte o dopo Conte.

La prospettiva delle elezioni anticipate è un’arma spuntata perché nessuno o quasi vuole andare a votare, neppure il centrodestra, che al momento non è unito e, soprattutto, non vuole accollarsi la gestione della pandemia in caso di successo nelle urne. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi preferiscono far logorare ancora un po’ l’attuale maggioranza e fare il pieno di voti quando l’onda della protesta delle categorie produttive e commerciali diventerà travolgente e ingestibile.

Anche l’ultima manovra di 40 miliardi, appena approvata con la non belligeranza delle opposizioni, è un pannicello caldo di fronte ai fallimenti di migliaia e migliaia di imprese che, con i ristori elargiti dal Governo, non riescono neppure a coprire i costi fissi e a salvare gli stipendi dei dipendenti.

A gennaio Renzi accetterà di chiudere la verifica e in cambio otterrà presumibilmente un rimpasto o una riduzione di potere per il premier Conte, obiettivo che unisce l’ex premier e gli altri alleati di centrosinistra.

Conte potrà poi agitare lo spettro del voto anticipato soltanto fino a fine luglio, quando inizierà il semestre bianco e sarà possibile cambiare esecutivo e maggioranza senza necessariamente passare per le urne. E’ assai probabile, quindi, che la crisi vera e propria venga solo congelata e scoppi in piena estate prossima, con un accordo tra Pd e Cinque Stelle per un nuovo premier che gestisca i fondi del Recovery (quelle somme inizieranno ad arrivare proprio nella seconda metà del 2021) e assicuri la compattezza delle truppe in vista dell’elezione, nel febbraio 2022, del successore di Sergio Mattarella al Quirinale. E c’è da scommettere che il nuovo inquilino del Colle, ammesso che non sia quello attuale, non mancherà di rispetto alle Camere che lo avranno eletto ed eviterà di interrompere anticipatamente la legislatura. In questo modo saranno salvi fino a marzo 2023 gli stipendi dei 945 parlamentari, molti dei quali, al prossimo giro, dovranno tornare alle rispettive occupazioni o cercarsi un lavoro. Nel caso di tanti deputati e senatori grillini, per la prima volta nella vita.