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TURCHIA-LIBIA

Jihadisti sbarcano in Libia. E Conte pensa ai migranti

Libia: proprio mentre nel Paese mediterraneo sbarcano jihadisti siriani mandati dalla Turchia, in appoggio a Sarraj, l'unica cosa che il Pd contesta ad Ankara è il respingimento di clandestini raccolti in mare (secondo la legge). Il governo ha in mente solo i migranti ed esprime vaghe parole su tutto il resto. 

Esteri 31_01_2020
Di Maio e Conte discutono di Libia a Berlino

Ormai le iniziative del governo italiano anche rispetto la crisi libica vanno al di là di ogni paradosso per scivolare inevitabilmente nel ridicolo. Mentre Ankara sbarca a Tripoli 3mila mercenari jihadisti siriani (decine dei quali potrebbero essere già sbarcati in Italia con i flussi migratori illegali) il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, anche ieri ha parlato di una “tregua fragile” in Libia che ”va rafforzata”. Evidentemente non è informato degli ultimi attacchi su più fronti delle truppe di Haftar che hanno cancellato il cessate il fuoco al punto che sono saltati anche i colloqui per la nomina della commissione 5+5 di ufficiali delle due fazioni (LNA di Khalifa Haftar e GNA di Fayez al-Sarraj) che avrebbe dovuto monitorarlo.

Con la consueta incisività, il capo della Farnesina ha ribadito la "preoccupazione dell'Italia per la presenza di navi turche impegnate in attività di perforazioni non autorizzate a sud della Zona economica esclusiva di Cipro", in un'area assegnata anche all’ENI. Toni che di certo avranno impressionato Ankara, che dalle acque cipriote alla Libia calpesta impunemente gli interessi italiani senza subire neppure minacce di rappresaglie. Infatti anche le tante chiacchiere di Giuseppe Conte e Di Maio (anche della Ue, a dire il vero) delle scorse settimane sul contrasto alle forniture di armi si dono rivelate aria fritta. Quasi una cinquantina di voli di cargo pesanti hanno portato armi all’LNA dagli Emirati Arabi Uniti alla Cirenaica nelle ultime settimane mentre ieri proprio le forze di Haftar hanno denunciato lo sbarco di altre armi turche a Tripoli. "Abbiamo ricevuto rapporti sicuri che confermano che ieri nel porto di Tripoli sono state consegnate armi e munizioni grazie alla protezione di due navi da guerra turche" ha detto il portavoce dell'Esercito nazionale libico, colonnello Ahmed Al Mismari. "La questione ora – ha proseguito il portavoce - è vedere come la comunità internazionale si pone di fronte a questa pubblica invasione turca e come comunità internazionale e Nazioni Unite si posizioneranno di fronte a questa chiara violazione della tregua". Al Mismari ha anche affermato che la base aerea di Mitiga è ormai "una base aerea completamente turca" aggiungendo che "sono stati individuati mercenari siriani alla base di al-Assa, sul confine con la Tunisia, li conosciamo e conosciamo anche i loro obiettivi. La Turchia sta permettendo a elementi di Daesh (lo Stato Islamico) e di al-Qaeda di insediarsi sulla costa libica e una parte di essi potrebbe anche muoversi in Europa"

Considerato che nel porto di Tripoli vi sono 80 militari della Marina Militare italiana, che assistono la Guardia Costiera libica nelle operazioni di contrasto all’immigrazione illegale, sarebbe stata prevedibile qualche dichiarazione dal governo di Roma circa il crescente ruolo militare dei turchi nella capitale della nostra ex colonia. Eppure mercoledì i turchi hanno impartito un’altra seria lezione all’Italia e all’Europa anche sul fronte del contrasto all’immigrazione illegale. La fregata Gaziantep, che incrocia al largo della Libia ha soccorso un gommone con 30 migranti illegali che ha poi consegnato alla Guardia Costiera libica, forza armata che risponde al governo voluto, istituito e riconosciuto dall’Onu.

Silenzio assoluto dai palazzi romani circa la minaccia terroristica portata dai mercenari sbarcati da Ankara in Libia, ma durissime le critiche levatesi negli ambenti politici e delle organizzazioni legate a vario titolo al business dei soccorsi e dell’accoglienza degli immigrati clandestini per il “respingimento” attuato dalla nave turca. Insomma tutti arrabbiati con i turchi, non perché violano l’embargo dell’Onu sulle armi alla Libia né perché sbarcano in Libia tagliagole qaedisti e dell’Isis coi quali dovremo presto fare i conti anche in Italia visto che spalanchiamo i porti a chiunque paghi criminali, ma perché hanno riportato in Libia 30 clandestini africani che evidentemente molti avrebbero voluto veder sbarcare in Italia, dove i flussi di clandestini in gennaio sono quasi 10 volte quelli dello stesso mese del 2019  (1.273 sbarcati al 29 gennaio contro 155 ma alcune centinaia verranno fatti sbarcare presto da navi delle ong).

Eppure se tutte le navi militari imitassero la fregata turca i traffici di esseri umani nel Mediterraneo cesserebbero in pochi giorni, anzi, se lo avessero fatto fin dal 2011 tali flussi non ci sarebbero mai stati. Invece la maggioranza di governo italiana è tutta in fermento per la necessità di rivedere gli accordi con Tripoli sui migranti, accordi che in molti vorrebbero abrogare vanificando così gli sforzi fatti dai ministri Marco Minniti e Matteo Salvini per mettere in condizioni la Guardia Costiera libica di fermare e riportare indietro un gran numero di clandestini. L’ipotesi più probabile è che il governo Conte 2 pretenda da Tripoli di chiudere i centri di detenzione, ma nell’esecutivo non manca chi vorrebbe interrompere ogni intesa con i libici, cosa che porterebbe ogni barcone o gommone a raggiungere l’Italia.

Del resto oggi che Tripoli può contare solo sui turchi come alleati militari e ha seri problemi a difendersi dalle offensive di Haftar e ad alloggiare 250 mila profughi di guerra, le probabilità che Fayez al-Sarraj mandi al diavolo Roma e la sua demenziale politica migratoria potrebbero essere molto alte. Ben più ragionevole sarebbe stato chiedere all’Onu di farsi carico dei centri di detenzione e di aprire altri campi di raccolta per rimpatriare i migranti illegali respinti in Libia dalla locale Guardia costiera, scoraggiando così ulteriori partenze. Ma così facendo il business dei clandestini si esaurirebbe in breve tempo….

Invece il Pd anche ieri ha chiesto la chiusura dei campi di detenzione in Libia e l’evacuazione in Europa (cioè in Italia) dei migranti illegali che vi si trovano, oltre ovviamente al ripristino dell’Operazione Ue Sophia la cui componente navale svanì nel nulla quando Matteo Salvini e il governo giallo-verde pretesero l’anno scorso che i partner europei si facessero carico dei migranti salvati dalle rispettive navi militari. La scusa oggi è ripristinarla per “rafforzare l'embargo sulle armi alla Libia" di cui in realtà a nessuno importa nulla come abbiamo visto in occasione degli ultimi sbarchi di mercenari, soldati e armi turchi. E’ chiaro quindi l’obiettivo del Pd (responsabile dello sbarco di oltre 650 mila clandestini durante i governi che ha guidato dal 2013 al 2018) mentre l’M5S ormai allo sbando sembra aver dimenticato che meno di due anni or sono vinse le elezioni parlamentari cavalcando lo slogan “Immigrazione: obiettivo sbarchi zero. L’Italia non è il campo profughi d’Europa”. 

Un contesto utile oggi al governo a far riprendere su vasta scala gli sbarchi di clandestini in Italia affiancando navi militari italiane e Ue a quelle delle Ong. Una nuova operazione Mare Nostrum si staglia all’orizzonte?