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MOSTRA

La cattedrale, frutto di un popolo

Dal 19 al 29 aprile a Milano c'è la mostra “Ad Usum Fabricae” per raccontare la storia della costruzione del Duomo, che deve le sue alte guglie alla fede di un popolo. Lo ha scoperto Martina Saltamacchia, studiando i registri delle donazioni alla cattedrale.

Cultura 21_04_2013
navata del Duomo

La nostra vita è fatta per fare cose grandi, come i cristiani medievali che vivevano in catapecchie e costruivano cattedrali: un mio amico mi ha detto questa frase, mi ha colpito e ho voluto verificarla. Per questo mi sono messa a studiare la storia del Duomo di Milano”. Così Martina Saltamacchia, ora Assistant Professor at University of Nebraska at Omaha, spiega con semplicità il motivo che l'ha portata a fare una scoperta scrivendo la sua tesi di laurea in Bocconi: contrariamente a quanto si crede il Duomo di Milano non è stato costruito principalmente grazie alle donazioni di Gian Galeazzo Visconti, ma è stato il popolo milanese a metterlo in piedi, donando poco per volta e lavorando gratuitamente. Questa scoperta è poi diventata un libro e infine una mostra, “ad Usum Fabricae”, che ora si può visitare a Milano fino al 29 aprile a Palazzo Giureconsulti, gratuitamente, dalle 10 alle 20. La mostra, di cui è curatrice anche Mariella Carlotti, è promossa da Compagnia delle Opere di Milano e dal Centro Culturale di Milano, in collaborazione con Metropolitana Milanese.

Studiando la storia del Duomo ho riscontrato due tesi contrastanti – racconta Martina Saltamacchia - secondo la maggior parte dei testi erano state le donazioni di Gian Galeazzo Visconti a permettere di costruire il Duomo, ma c'era anche una tradizione popolare secondo cui era stato il popolo a costruire la cattedrale. Chi aveva ragione? Ho iniziato quindi a lavorare all'archivio della Fabbrica del Duomo e analizzato il registro delle donazioni, che riportava sia la cifra in denaro che gli oggetti donati”. L'anno campione per lo studio delle donazioni è il 1400, scelto per la sua normalità, non essendo anno di peste o di carestia, né anno di speciali giubilei o indulgenze per la città di Milano. Continua Saltamacchia: “Dall'analisi puntuale delle migliaia di donazioni dell'anno 1400 emerge come le centinaia e centinaia di piccoli doni di valore anche minimo rappresentarono sorprendentemente la gran parte delle entrate raccolte per la costruzione del Duomo. Più precisamente, la cospicua donazione del Principe Gian Galeazzo Visconti, pari a 14.000 lire, costituì solo il 16% delle offerte di quell'anno, mentre il restante 84% fu realizzato grazie ai piccoli grandi doni del popolo”.

La mostra ricostruisce le vicende singolari dei vari donatori che simboleggiano la varietà e la diversità delle persone che hanno contribuito alla costruzione del Duomo: il mercante Marco Carelli, a cui è dedicata la prima guglia realizzata nel Duomo, il capitano della corte dell'Arengo Alessio  della Tarchetta, la sfortunata Marta de Codevachi, la poverissima Caterina di Abbiateguazzone.  Da queste storie emerge la profonda unità di tutti gli aspetti della vita caratteristica del mondo medievale. “Noi moderni tendiamo a dividere – spiega Martina Saltamacchia - pensiamo che si faccia una cosa per fede solo quando è completamente disinteressata, mentre l'uomo medievale viveva un'unità di intenti. La donazione poteva essere fatta per tutti questi motivi contemporaneamente: devozione alla Madonna, orgoglio civico, per vantarsi, per espirare i peccati. Queste cose possono stare insieme, senza escludersi. Siamo noi moderni ad essere dualisti. Questi uomini che hanno costruito il Duomo sono semplicemente uomini, non c'è bisogno di avere requisiti particolari per costruire la cattedrale, ma una persona così com'è può partecipare. Ad esempio i carcerati facevano testamento per lasciare tutto alla cattedrale. Quando c'era l'indulgenza per chi portava offerte o lavorava gratuitamente al Duomo, veniva concesso di poterla lucrare anche ai criminali”.

Oltre che dalla bellezza della storia popolare, la mostra è arricchita da pezzi originali del '300 e '400, prestiti che fanno parte del patrimonio archivistico della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, come il testamento olografo di Marco Carelli, e di quello museale del Museo del Duomo di Milano.