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IL BELLO DELLA LITURGIA

La Cupola della Genesi è la fede del Salmo 24

“Del Signore è la terra e quanto contiene…”, la stessa fede di Davide ha guidato, nei primi decenni del XIII secolo, le maestranze attive a San Marco nella definizione e nello sviluppo del programma musivo della prima delle sei cupole del nartece veneziano, quella della Genesi. Dove l’uomo ha bisogno di credere in Dio e Dio ha bisogno dell’uomo.

Cultura 05_12_2020

Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito
. (Sal 24, 1-2)

Inizia con un grande atto di fede il Salmo 24 che la tradizione attribuisce al re Davide: la stessa fede che nei primi decenni del XIII secolo ha guidato le maestranze attive a San Marco, in quel di Venezia, nella definizione e nello sviluppo del programma musivo della prima delle sei cupole del nartece veneziano, quella della Genesi. Il racconto, composto con tessere splendenti e colorate, è come una parafrasi per immagini dell’incipit del Credo, che afferma con certezza la natura di Dio Padre, creatore del cielo e della terra. La Storia della Salvezza, a Venezia, inizia esattamente da qui.

Attorno a un medaglione centrale punteggiato di stelle, tre fasce concentriche, che rimandano alla Trinità, sono a loro volta divise in scomparti, ciascuno dei quali fissa un momento dell’eternità. Lo Spirito di Dio, sotto forma di colomba, aleggia sui prodromi della materia per darle, infine, forma; il Figlio – ovvero la Sua sapienza – un uomo giovane e imberbe, riconoscibile dal nimbo crociato, si muove al seguito di tanti angeli quanti sono i giorni trascorsi dall’iniziativa divina della creazione, presentandosi le creature celesti quali metafora del tempo.

Del Signore è, dunque, il mondo: la separazione della luce dalle tenebre, rappresentate, rispettivamente, da sfere raggiate - rosso fuoco l’una, blu profondo l’altra – è il primo gesto di Cristo Logos che nei riquadri successivi è intento a immaginare lo splendore del firmamento, a tracciare i confini tra la terra e le acque, a fare crescere le piante, a illuminare l’universo con il sole e con la luna. Ecco, dunque, il luogo che, finalmente, può essere popolato: dagli animali della terra e da quelli del cielo, sui quali spiccano il leone, indizio della regalità della futura stirpe di Giuda, da cui discenderà Gesù, e il pavone, simbolo di Cristo.

Prosegue il Salmo: “Chi salirà il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?”. Dio ha bisogno dell’uomo: sulla superficie della cupola marciana, il momento topico della creazione di Adamo è risolto con creativo realismo, essendo ritratto il Progenitore come un uomo dalla carnagione scura, poiché generato dall’argilla. Poco più in là, Dio infonde in lui l’anima, che qui compare sotto forma di un piccolo essere alato in grado, però, di renderlo unico tra tutte le creature viventi. Il primo uomo, il settimo giorno, è capace di amare o di odiare, di seguire piuttosto che scegliere un’altra direzione, di discutere o dialogare.

E’ libero, dunque, anche di tradire, come la rappresentazione della cacciata dal Paradiso Terrestre ci documenta: nello splendore di questa scena, stupisce la presenza di un roveto ardente su cui brilla una croce, e di due fenici che stanno a significare la vita eterna e il desiderio di essa. Il peccato non è, dunque, l’ultima parola sull’uomo: lo testimonia l’iconografia veneziana, che prosegue, nella calotta delle altre cupole, con la promessa fatta ad Abramo e alla sua discendenza, motivando l’acclamazione al Re della gloria con cui si conclude il salmo biblico.