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IL LIBRO

La dittatura del Bene che si fa caricatura

"Condannati a questa falsa bontà, a questo surrogato del buono che fa sentire cattivi coloro che in realtà sono poi veramente buoni, perché non dimenticano che non c’è bontà senza misericordia". Tradotto finalmente il libro di Muray. 

Attualità 12_01_2018

Non penso che ci voglia molta fantasia quando si dice che viviamo in tempi in cui il politically correct è divenuta una melassa insopportabile e nauseante. Io non ne posso più, ma vedo che tanta gente è oramai insofferente di questa dittatura molto più feroce di tanti fascismi. Ecco perché bisogna essere grati quando si leggono libri come “L’impero del bene” di Philippe Muray (2017 Edizioni Mimesis).

Questa è la versione italiana di un testo francese apparso nel 1991 con lo stesso titolo in cui Muray, saggista e romanziere francese morto nel 2006, si abbatte contro il misericordismo senza giustizia, il che dovrebbe far essere questo testo una lettura obbligatoria di questi tempi per cattolici di tutte le latitudini. 

Vi posso solo dire di leggere questo libro che si apre con una massima stupenda: “Siamo affetti da un Bene incurabile”.  Come definire meglio con una frase il disastro a cui siamo condannati, l’ombra del bene, il bene che divorzia dal vero e giusto? “Il Bene è la risposta anticipata alle domande che abbiamo smesso di farci. Piovono benedizioni da tutti i cieli, gli dei sono caduti sulla terra, la seduta è tolta, olé!”

E la furia di Muray non risparmia neanche i misericordiosi a buon mercato di cui veramente potremmo volentieri fare a meno: “Ah! Le opere dei Misericordiosi! Oggi sono i cantanti, gli attori, gli sportivi, i creativi della pubblicità, sono loro, lo sappiamo,  i veri modelli del nuovo esercizio di apologetica spettacolare. Vi sbattono in faccia il loro entusiasmo senza colpo ferire, con così  tanto trasporto, si lanciano con così tanto fervore contro la droga,  contro la miopatia congenita, contro le alluvioni, contro la fame  nel mondo, per i diritti dell’uomo, per salvaguardare l’esistenza   dei curdi, e con toni così convincenti, partecipi, commossi, che  anche voi avete la sensazione, nel vederli scagliare le loro frecce coraggiose in pertugi tanto inesplorati, anche voi credete, per un attimo, che quelle Cause le abbiano scoperte loro. Che spettacolo palpitante! Management degli affetti speciali! Predatori del Bene perduto! Telefono azzurro dei Perseguitati! È troppo, vi prego, abbiate pietà di me!”.

E il tragico è che siamo condannati a questa falsa bontà, a questo surrogato del buono che fa sentire cattivi coloro che in realtà sono poi veramente buoni, perché non dimenticano che non c’è bontà senza giustizia: “La libertà di pensiero è sempre stata una malattia. Oggi, finalmente, possiamo dirci completamente guariti. Chi non declama  il catechismo collettivo è additato come pazzo. Mai come oggi il  gregge di coloro che guardano scorrere le immagini ha temuto che un minimo scarto, una variazione, potessero danneggiarlo. Mai come oggi il Bene è stato sinonimo di una condivisione così  assoluta”. 

Il bene che diviene dittatura, ma non il vero bene che viene da Dio, ma la sua orrenda caricatura che ci fa esclamare ancora con Muray: “Il Bene genera disastri orribili”.  E nessuno se ne rende conto più di noi.