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San Galdino a cura di Ermes Dovico
STORICITÀ DEI VANGELI

La storia santa a fine anno

La follia omicida di Erode, la fuga
in Egitto della Sacra Famiglia, l'approssimarsi di san Silvestro.

Cultura 31_12_2011
La follia omicida di Erode

Erode, sul finire della propria esistenza, è descritto come mentalmente instabile. In realtà tutta la sua vita è costellata di tragiche vicende affettive e dal terrore di perdere il potere che lo inebriava. Giuseppe Flavio ne scrive diffusamente nelle sue Antichità giudaiche. Sapendolo ormai afflitto da male incurabile, ci fu chi aizzò la rivolta contro un re che aveva offeso la fede ebraica, mettendo una grande aquila d’oro sopra il portone del tempio. In quel mentre l’aquila fu abbattuta, proprio a ridosso dell’eclisse di luna che sappiamo avvenuta pochi giorni prima della morte di Erode. La reazione non mancò e portò ad esecuzioni sommarie di giovani rivoltosi e dei loro mandanti sacerdotali.

La descrizione dei sintomi di Erode nelle ultime settimane di vita, ce lo mostra davvero in uno stato pietoso e quasi stomachevole (paragrafo 5 del capitolo 6 del libro XVII) eppure ancora combattivo, di un uomo che le tenta tutte per cercare di salvarsi. Finalmente conscio dell’imminente morte diede una serie di ordini per costringere tutta la nazione a piangerlo.

La data della morte di Erode, già settantenne, dopo 37 anni di regno (in un conteggio che assegna il settimo anno all’epoca della battaglia di Azio, nel 31 a.C.) è necessariamente posteriore alla gettonatissima cantonata, propalata anche tra esegeti cattolici (che reputano devozionalismi i dati storici dei Vangeli), che la dice «certamente avvenuta nel 4 a.C.». I numeri non sono comprimibili e tutte le informazioni di Giuseppe Flavio, compresa la notazione riguardante l’eclisse di luna, ci portano ai primissimi giorni dell’anno 1 d.C.

La data di nascita di Gesù l’abbiamo già individuata negli ultimi giorni del 2 a.C. In mezzo rimangono circa 12-14 mesi, che sono un tempo coerente con ciò che descrive san Matteo: i Magi arrivano a Gerusalemme, Erode è ancora vivo. Poi non tornano da lui. Erode si arrabbia e si preoccupa. Ha vissuto nel terrore di perdere il potere, uccidendo o facendo uccidere moglie e figli.

Interessandoci ai bambini uccisi da Erode, illuso di ritagliarsi un ulteriore scampolo di potere, possiamo ripercorrere sommariamente come visse questo re. La donna che amò davvero fu la prima Mariamne, una diretta discendente degli Asmonei: il matrimonio (il secondo per Erode, che aveva già sposato Doride) consentì ad Erode (di madre araba e di padre idumeo) di ambire al trono della nazione ebraica. Eravamo ancora a prima che Erode prendesse Gerusalemme (nel 37 a.C.). Per quanto amata, la prima Mariamne fu una delle tante vittime di Erode, in questo caso per gelosia.

Alessandro e Aristobulo erano due dei quattro figli avuti da Erode con la prima Mariamne (Erode ebbe una seconda moglie con quel nome ed in seguito si sposò con almeno altre cinque donne, da due delle quali, Maltace e Cleopatra di Gerusalemme, nacquero Archelao, Antipa e Filippo che ritroviamo nominati nei Vangeli). I due erano stati educati a Roma e godevano persino dell’affetto personale di Augusto imperatore. Tuttavia, al loro ritorno a Gerusalemme, scontarono le trame dei fratellastri e della zia Salomè, sorella di Erode e sua grande manipolatrice. Giuseppe Flavio riporta nel dettaglio l’intricatissima vicenda (nel capitolo XVI delle Antichità Giudaiche). Ci basti sapere che, dopo aver vissuto nel continuo sospetto su di loro dal 12 al 7 a.C., quell’anno (essendo Saturnino governatore della Siria) finirono uccisi, malgrado Augusto stesso cercasse di intercedere in loro favore.

In quell’occasione Erode fece uccidere, con il consenso popolare, anche alcune centinaia di generali accusati di essere dalla parte dei due giovani (all’incirca trentenni). All’epoca Aristobulo era già sposato: ritroveremo i suoi figli anche nel nuovo testamento (Erode Agrippa I, che fece decapire Giacomo il maggiore ed Erodiade, che fu l’indiretta causa della morte di Giovanni il Battista).
Macrobio, nella sua enciclopedica opera (Saturnalia) ci lascia un celebre gioco di parole, per cui a Roma si riteneva che fosse meglio essere un porco (us) di Erode che un suo figlio (uios). Erode non poteva mangiare carne di maiale e perciò non li uccideva come invece faceva con i propri figli.

Nel libro XVII delle Antichità Giudaiche figura che solo cinque giorni prima di morire Erode fece uccidere anche Antipatro, il suo primo figlio (avuto dalla prima moglie Doride), legittimo pretendente al trono. Per la cronaca, Antipatro fu esiliato quando Erode divorziò da Doride per sposare la prima Mariamne. Fu richiamato in patria all’epoca in cui da Roma tornavano Aristobulo e Alessandro, innescando i complotti e le lotte per l’eredità. Dopo la morte dei fratelli per parte di padre, fu accusato a sua volta di aver attentato alla vita di Erode il grande e venne giustiziato con l’assenso di Quintilio Varo: ma Quintilio Varo fu in carica dopo Saturnino (dal 6 al 4 a.C., quindi troppo “presto” per le nostre date). Probabilmente lo fu ancora dopo la morte di Erode, ma a cavallo del 1 d.C., dopo Quirinio, in Siria i Romani avevano inviato Caio, il figlio di Ottaviano Augusto.

Qui c’è molto da indagare per capire che cosa abbia rimescolato le informazioni, normalmente ordinatissime e invece in questo caso lacunose, ma non è questo lo scopo di questo articolo.
Nel libro XVI che riguarda un intervallo contenente 12 anni, ci sono i fatti dalla fine della costruzione del tempio all’uccisione di Aristobulo all’esilio di Archelao (dal 18 a.C. al 7 d.C.).
Nel libro XVII che riguarda un intervallo contenente 14 anni, sono descritti i fatti dalla morte di Alessandro ed Aristobulo all’esilio di Archelao (quindi dal 7 a.C. al 7 d.C.).
Dopo l’inizio delle malattie di Erode egli fece testamento a favore di Archelao, Antipa (figli di una samaritana, Maltace) e Filippo, che erano i più anziani tra i figli “sopravvissuti”. Non avrebbe senso che questo testamento sia giunto prima della morte di Antipatro. E se l’inizio del regno attribuito ai tre figli di Erode data al 4 a.C., come universalmente accertato dagli studiosi, questo significa che era morto Antipatro, ma non che fosse già morto Erode, che in quella data era ancora certamente vivo.

La strage degli innocenti descritta da san Matteo è un episodio marginale per gli storici: abbiamo visto che Erode ha fatto trucidare figli, mogli e centinaia di generali, nonché sommi sacerdoti e partigiani asmonei molto famosi. Possiamo dunque comprendere che i bambini trucidati in un paesino periferico come Betlemme non abbiano meritato una cronaca al di fuori dei vangeli, visto che cosa e chi veniva ammazzato nel mentre in città. La data di questo episodio deve trovarsi nel 1 a.C., tra quando i Magi partirono senza farsi trovare e quando la follia di Erode montò irrefrenabile,  mentre la Sacra Famiglia era già andata a rifugiarsi in Egitto. Qui emerge ancora l’assoluta credibilità storica dei vangeli.

L’ordine impartito fu di uccidere i bambini fino al secondo anno di età: e infatti quando morì Erode Gesù aveva già compiuto un anno. Il vecchio re, nell’irrazionalità di non rendersi conto che in quei mesi qualcuno poteva aver cambiato residenza, diede un ordine “logico” ed un criterio preciso per l’esecuzione sommaria (due anni corrisponde grosso modo all’allattamento al seno), del tutto coerente con le informazioni ricevute dai Magi (Erode era malato e collerico, ma mosso da lucidissima follia).      

La Sacra Famiglia era fuggita in Egitto: non una novità per gli ebrei perseguitati, ai quali il Signore avesse suggerito una via di fuga. In Egitto andò Abramo. Vi andò Giuseppe e lo raggiunsero Giacobbe ed i fratelli. Dall’Egitto tornò Mosè. Troviamo passi importanti anche in 1 Re 11,40 a proposito di un vecchio Salomone non più giusto, bensì idolatra, che costringe il figlio alla fuga. Ed anche in 2 Re 25,26 per fuggire dai Caldei. Nel vangelo nulla è scritto per caso.

L’approssimarsi di san Silvestro ci trovi vigilanti e gioiosi. Il “mondo”, dopo aver “ricorso” a Babbo Natale e alle slitte, e prima di ricorrere alla Befana e alle calze, indulgerà tra i botti a qualche scaramanzia come gli indumenti intimi di color rosso per ingraziarsi un futuro migliore. Da cristiani, grazie all’Incarnazione e all’Epifania di Nostro Signore Gesù, richiamati dalla cronaca al martirio di santo Stefano, possiamo iniziare l’anno con una vivificata fede in Lui, facendone il centro indiscusso della nostra vita, tanto più che ogni episodio dei Vangeli ci sottrae dalla sottile tentazione di aver a che fare con un bell’ideale che ci ispira nobili sentimenti: è la storia che ci vincola ai fatti e alle loro conseguenze. Per noi significa sapere che la storia è saldamente nelle mani di Dio, anche quando ci scontriamo con lo sfregio del dolore innocente. È la logica della Croce: la sola che salva. Buon anno.