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La battaglia in corso

L'Est Europa resiste all'ideologia Lgbt contro l'Ue

Gli assalti delle lobby Lgbt ai paesi europei continuano ma Repubblica Ceca, Romania, Lettonia ed Estonia combattono in difesa della famiglia naturale.

Gender Watch 28_01_2021

Gli assalti delle lobbies LGBTI ai paesi europei continuano, ad est la resistenza aumenta e si costruiscono difese invalicabili. Paesi baltici, Repubblica Ceca e Romania sotto attacco da parte delle furie arcobaleno e delle lobbie che le sostengono. Lettonia ed Estonia a difesa della famiglia naturale, la giustizia Ceca difende i bambini ed il loro diritto ad avere "un papà ed una mamma", mentre in Romania l’assalto alla identità cristiana tocca il suo apice.

La Lettonia è al centro, come altri paesi baltici, delle pressioni arcobaleno dei gruppi di pressione delle istituzioni europee, affinchè si legalizzino e equiparino unioni civili omoesex e diritti di genitori gay. Lo aveva ricordato nella sua intervista a La Nuova Bussola, l’Arcivescovo di Riga Zbignevs Stankevics, lo scorso 25 dicembre, dopo l’ennesima disinformazione interessata che la gran cassa del politicamente corretto aveva fatto della sua audizione in Parlamento. La pressione LGBTI si è rinforzata dopo che la Corte Costituzionale Lettone lo scorso 12 Novembre aveva stabilito che le norme sulla conciliazione lavoro-cura non rispettavano a sufficienza i genitori omosex ed aveva interpretato la Sezione 110 della Costituzione in maniera estensiva, di fatto azzardando un'equiparazione tra famiglia e matrimonio eterossesuali e genitori omosex.

Ad oggi la Lettonia non riconosce nessun tipo di unione per le coppie dello stesso sesso né diritti ai cosiddetti "genitori" LGBTI. A seguito della decisione della Corte, il Partito di centro destra lettone, Alleanza Nazionale ad inizio gennaio ha presentato la proposta di modifica costituzionale per evitare interpretazioni giudiziarie contrarie alla lettera e allo spirito della Costituzione e al volere del popolo lettone. Il 14 gennaio scorso due terzi del parlamento hanno discusso il testo e rinviato la discussione degli emendamenti alla Commissione, dopo di che nei prossimi mesi, saranno necessari tre voti con 2/3 di maggioranza per includere le modifiche nel testo costituzionale.

La stragrande maggioranza dei partiti lettoni è contraria a qualunque riconoscimento dei matrimoni o unioni civili LGBTI. L’emendamento in discussione dice a chiare lettere :”Lo Stato protegge e sostiene il matrimonio - un'unione tra un uomo e una donna, una famiglia basata sul matrimonio, i diritti dei genitori e del bambino, compreso il diritto di crescere in una famiglia basata su una madre (donna) e un padre (uomo). Lo Stato aiuta in particolare i bambini disabili, i bambini rimasti senza cure parentali o che soffrono di violenza”. A sostenere i legislatori lettoni, è scesa in campo anche la FAFCE presieduta dall’italiano Vincenzo Bassi che ha ricordato nel comunicato ufficiale come questo cambiamento costituzionale sia in linea con quelli presenti nei testi fondamentali di Bulgaria, Polonia, Ungheria, Croazia e Slovacchia.

Anche in Estonia sta soffiando il vento arcobaleno, nonostante la legge sulle unioni civili per coppie dello stesso sesso sia stata approvata sin dal 2016, si chiede una vera e propria equipollenza e parità totale di diritti tra famiglie e unioni civili gay. Negli ultimi mesi diversi sondaggi sono stati fatti per chiedere alla popolazione cosa pensi di un eventuale referendum sulla definizione di matrimonio. Ebbene, anche il popolo estone sta dimostrando una solida resistenza e, nonostante la malizia dei sondaggi, continua a dichiararsi apertamente e massicciamente a favore del mantenimento della definizione di matrimonio, come “unione di un uomo ed una donna. La stragrande maggioranza dei cittadini (70%) parteciperebbe al referendum e voterebbe per l’attuale formulazione, ed inoltre il 30% degli elettori dei partiti socialisti e verdi all’opposizione si dichiara a favore del matrimonio e famiglia uomo-donna.

Nuovo stop anche in Repubblica Ceca alle adozioni di bambini da parte delle coppie LGBTI. A Praga esiste dal 2006 il riconoscimento delle unioni civili LGBTI, le lobbies ed le forze politiche liberali e socialiste, certamente anche sotto le pressioni della Commissaria Europea Jurova (una delle paladine di Soros e delle lobbies LGBTI), stanno tentando da anni di approvare modifiche che equiparino le unioni civili ai matrimoni e riconoscano ai alle coppie dello stesso sesso il diritto di adottare bimbi. Nonstante i frequenti sondaggi di opinione nei quali si fa apparire una stragrande maggioranza dei consensi a favore di matrimoni LGBTI e adozioni, La Corte Costituzionale nei giorni scorsi ha ribadito con chiarezza che non esiste nessun diritto alla adozione dei bambini e non è possibile nemmeno che le coppie LGBTI del paese tentino di bypassare la legge interna per chiedere adozioni internazionali.

Al momento non si prevedono pericoli nemmeno in futuro per la famiglia e i bambini, anche se le pressioni esterne non diminuiranno. La Romania invece sta veramente subendo un grave assalto ai diritti ed ai sentimenti popolari che anche nel referendum dello scorso 2018 avevano dimostrato la propria tenacia nel difendere il matrimonio di un uomo e una donna. Allora, nonostante il boicottaggio di tutti partiti, i referendari erano riusciti a dimostrare che ben 3.5 milioni di cittadini sosteneva una chiara definizione costituzionale a favore di famiglia, genitori e figli. Il referendum non raggiunse il quorum e le proposte legislative giacciono in Parlamento. Nel Settembre scorso la stragrande maggioranza del Parlamento del paese vietava l’insegnamento della ideologia gender e pro aborto nelle scuole ed il Presidente della repubblica Klaus Iohannis (iscritto al PPE) però impugnava la legge davanti alla Corte Costituzionale. Le elezioni politiche del 6 dicembre consentivano ad una nuova maggioranza, inclusiva degli amici di Soros (Plus), di salire al Governo. L’assalto LGBTI si è fatto subito sentire. Il 16 dicembre, la Corte Costituzionale dichiarava la legge che vietava l’insegnamento della ideologia LGBTI nelle scuole, incostituzionale.

Poi lo scorso 19 gennaio, la Corte Europea dei Diritti Umani, la cui dipendenza da Soros è nota, ha dichiarato che la Romania viola i diritti umani dei cittadini transessuali, perché le leggi attuali non consentono loro di essere identificati come desiderano, indipendentemente dalle operazioni mediche di "riassegnamento sessuale". Un assalto in piena regola e con un piglio devastarore. La Romania resisterà, dopo il terrore di Nicolae Ceaușescu, non sarà la Corte di Strasburgo, né i paladini di George Soros, né le truppe d’assalto LGBTI a spegnere la resistenza cristiana a Bucharest e nell’Est europa.