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POGROM DELL'ORISSA

Liberato uno dei cristiani innocenti incarcerati in India

Gornath Chalanseth, uno dei sette cristiani innocenti che languiscono in carcere da un decennio nel distretto di Kandhamal (Orissa), è tornato libero, per decisione della Corte Suprema dell’India. Ha fatto da capro espiatorio per l'uccisione del leader indù Swami Laxmanananda Saraswati, causa del grande pogrom anti-cristiano dell'Orissa.

Libertà religiosa 23_05_2019
Gornath accolto dai familiari, fuori dal carcere

Gornath Chalanseth, uno dei sette cristiani innocenti che languiscono in carcere da un decennio nel distretto di Kandhamal nello Stato orientale dell’Orissa, è tornato in libertà il 21 maggio pomeriggio, per decisione della Corte Suprema dell’India.

«Ringrazio Dio per la liberazione. Non trovo parole per esprimere la mia gioia» ha detto Chalanseth che ha ricevuto un'emozionante accoglienza di fronte al cancello d'acciaio della prigione di Phulbani (sede del distretto del Kandhamal), dove più di una ventina di membri della sua famiglia si sono riuniti, per ore, ad attenderlo sin dalla mattina presto. «Oggi è il giorno più felice della mia vita» ha detto Rutha, la moglie di Gornath mentre, con un mazzo di fiori, attendeva la scarcerazione del marito. Tutti e quattro i figli di Gornath, compresa la figlia già sposata, Santilatha, si sono uniti ai tre fratelli, sorelle e matrigna, che hanno affrontato un viaggio di cinque ore dalla zona di Kotagarh fino al carcere per accogliere Gornath, nel momento della sua liberazione, dopo l’ordine del 9 maggio dato dal massimo tribunale indiano su istanza presentata dal team di avvocati della Adf (Alliance Defending Freedom) di New Delhi. «L’unico che manca qui è il nostro nonno, il 90enne Bachan Chalanseth, troppo anziano per affrontare questo viaggio», ha spiegato Nithaniel Chalanseth, il più grande dei tre figli, che stava dandosi da fare per far sì che l’ordine di scarcerazione venisse eseguito. «Ho solo un pallido ricordo del giorno in cui hanno portato via mio padre», ricorda il 17enne Shisir che ha passato il decimo esame scolastico due mesi fa. «Ma oggi è un gran giorno di gioia per noi, perché papà tornerà a casa», dice Shisir raggiante.

Dopo aver abbracciato i suoi famigliari, Gornath è stato accompagnato nella vicina chiesa e ha ringraziato, fra lacrime di gioia che gli scorrevano sul volto. Gornath, con altri sei cristiani*, Bhaskar Sunamajhi, Bijay Sanseth, Buddhadev Nayak, Durjo Sunamajhi, Sanatan Badamajhi e Munda Badamajhi, che è mentalmente disturbato, è stato condannato all’ergastolo da un terzo giudice nel 2013, dopo che due giudici erano stati trasferiti. La sentenza riguardava l’assassinio di Swami Laxmanananda Saraswati nel Kandhamal, il 23 agosto 2008. L’uccisione del leader religioso indù e di alcuni suoi compagni in un centro religioso induista nel Kandhamal aveva provocato un’ondata di violenza senza precedenti, durata quattro mesi e costata la vita a circa 100 persone, mentre altre 56mila sono rimaste senza tetto.

Nonostante la gioia per la sua liberazione da una prigionia durata un decennio, Gornath ha detto alla NBQ (che era sul posto ad assistere all’evento) con una punta di tristezza: «Sono contento per la mia libertà, ma ci sono altri innocenti in carcere. Sei innocenti del Kandhamal sono ancora in galera».

 

*Il giornalista Anto Akkara sta promuovendo una campagna online dal marzo del 2016 per i sette innocenti del Kandhamal. Ogni firma online su questo sito genera automaticamente quattro email, indirizzate al procuratore capo dell’India, al presidente dell’India, all’Alta Corte dell’Orissa e alla Commissione Nazionale per i Diritti Umani. Il giornalista è autore di libri inchiesta sul Kandhamal, compreso Chi ha ucciso Swami Laxmanananda? E ha prodotto il documentario Innocenti in carcere, visitabile sul sito.