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EDITORIALE

Littizzetto e le suore, tutte voci fuori posto

Se il festoso saluto delle monache napoletane al Papa è stato un'espressione della semplicità del cuore, crea amarezza la risposta delle stesse suore a una battuta idiota della comica di Rai 3, perché si sono abbassate allo stesso livello giocando sull'ambiguità. E hanno dimenticato che il ruolo che si ricopre comporta anche un dovere...

Editoriali 30_03_2015
Littizzetto e le suore

Littizzetto e le suore

 

Forse a Gerusalemme, nel giorno dell’ingresso trionfale di Gesù, la folla che lo osannava esultante deve essere stata molto simile a quel gruppo di suore che, in Duomo a Napoli, ha reso omaggio calorosamente a Papa Francesco. Tuttavia quello che poteva essere semplicemente il gesto della fede è stato equivocato banalmente da certo personaggio televisivo che ha dimostrato solo la sua profonda immaturità.

Il caso è noto: si tratta di un commento assolutamente adolescenziale della Littizzetto sull’entusiasmo delle claustrali che hanno circondato il Santo Padre prima del tempo stabilito dal protocollo. Nel programma televisivo condotto da Fazio, infatti, la cabarettista avrebbe detto: «Il momento supremo della comicità è quando Francesco ha conosciuto le suore di clausura. Non si capisce se erano tutte intorno al Papa perché non avevano mai visto un Papa o non avevano mai visto un uomo».

Quel che più sorprende, però, è la risposta, arrivata puntuale dalle monache attraverso Facebook: «Ci dispiace che la signora Littizzetto abbia pensato che le ‘represse’ monache di clausura stessero aspettando il papa per abbracciare un uomo …probabilmente per fare questo avremmo scelto un altro luogo e ben altri uomini… se avessimo voluto…»

Il tutto mi ha profondamente amareggiato. Mi ha amareggiato la bassezza di livello della Littizzetto, ma tant’è; per quel che ho potuto capire (noi monache non guardiamo la TV e men che meno la trasmissione di Fazio) il tenore di quel programma non è certo culturalmente e stilisticamente alto. Ma ancora di più mi ha amareggiato la risposta perché si è abbassata al medesimo livello indugiando nell’equivoco.

Per quanto mi riguarda il rispetto del rapporto uomo donna m’impedirebbe di assurgere questo a paradigma di licenziosità e stupidità. E se questo è luogo comune nel mondo, non deve mai esserlo tra noi. Proprio noi monache siamo custodi di una verginità che vuole essere segno di una sponsalità più grande e non dovremmo mai stare al gioco delle banalità mondane, piene di doppiezza di sensi e di ambiguità. Sarebbe stato ben più saggio non rispondere affatto al fine di non dare peso o visibilità a parole così banali.

Io non condanno le monache che hanno esternato il loro entusiasmo per l’incontro con il Papa, conosco l’ambiente monastico e so che vi regna (contrariamente a quello che si possa immaginare) una semplicità di gesti e una spontaneità, a volte, di modi dal sapore fanciullesco. Mi rendo conto però che siamo sotto lo sguardo di occhi impuri i quali non possono comprendere la semplicità del cuore e, se la vedono, ne sono invidiosi. Certo è che lo scorrere delle immagini di quell’incontro ha fatto balzare agli occhi un dato di fatto che obbliga a meditare.

Il ’68 ha spazzato via non solo il senso dell’autorità e dell’Istituzione in generale, ma anche in particolare il senso dei doveri legati ad un ruolo. Quello che si potrebbe spontaneamente fare come persona non ci è lecito fare quando rappresentiamo un ruolo che ricopre, all’interno della comunità, un significato specifico. Il ruolo impone dei limiti che andrebbero osservati. Oggi sembrano applaudite solo le persone che travalicano il loro ruolo per esercitare un’autorità o vestire un abito in mondo anticonformista. E questo è deleterio per le giovani generazioni.

Alle cabarettiste di turno, come alle mie consorelle monache mi verrebbe fatto di dire: «Nel Papa abbiamo toccato la Presenza; nel Papa abbiamo toccato la fede, nel Papa abbiamo toccato il Sacramento di un Altro al quale apparteniamo! Altro amore non conosciamo, altro significato non sappiamo dare ai nostri gesti».

Del resto chissà cosa avrebbe detto la Littizzetto se le fosse toccato di fare la cronista della Synaxis in Bethania, di fronte al gesto di Maria di Betania che unge i piedi di Cristo con olio di nardo e li asciuga con i suoi capelli! Senza la fede tutto è consegnato all’impurità e alla vacuità. Senza Cristo niente può essere compreso delle verità profonde dell’uomo e dei suoi sentimenti più puri.