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Unesco versus Erdogan

L’Unesco chiede di verificare lo stato di Santa Sofia e Cristo Salvatore in Chora

Dopo la trasformazione in moschee, preoccupa lo stato di affreschi e mosaici cristiani. Erdogan sottolinea la destinazione a moschea di Santa Sofia con un dipinto che riproduce versetti del Corano

 

Il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan ha trasformato in moschea la Basilica di Santa Sofia a luglio e il monastero di Cristo Salvatore in Chora a ottobre. Di recente ha voluto rimarcarlo con un dono alla basilica ora chiamata“Ayasofya-i Kebir Mosque-i Şerif”. Si tratta di un dipinto calligrafico che riproduce un hadith, un racconto sulla vita del profeta Maometto, e i versetti 159 e 160 della terza Sura del Corano, Al-i Imran. Il primo versetto dice: “È per misericordia di Allah che sei dolce nei loro confronti! Se fossi stato duro di cuore, si sarebbero allontanati da te. Perdona loro e supplica che siano assolti. Consultati con loro sugli ordini da impartire; poi, quando hai deciso abbi fiducia in Allah. Allah ama coloro che confidano in Lui. Il secondo: “Se Allah vi sostiene, nessuno vi può sconfiggere. Se vi abbandona, chi vi potrà aiutare? Confidino in Allah i credenti”. Il dipinto, realizzato su una tavola di 234x350 centimetri, è opera dell’artista Mehmet Ozçay. Per la scritta, che è su fondo nero, sono stati usati due caratteri. L’opera per volontà del presidente è stata sistemata su una parete vicino al pulpito. Per utilizzare i due edifici come moschee è stato necessario coprire affreschi, icone e mosaici cristiani. Per i musulmani infatti è “haram”, sacrilego, pregare in presenza di raffigurazioni di esseri viventi, a maggior ragione se si tratta di immagini cristiane. Ali Erbas, il capo dalla Diyanet, il dicastero per gli affari religiosi sotto la cui autorità si trovano adesso Santa Sofia e Chora, aveva assicurato che quelli della basilica sarebbero stati coperti solo nelle ore di preghiera o semplicemente resi invisibili agli occhi dei fedeli musulmani spegnendo le luci che li illuminano. Invece dal 24 luglio, giorno in cui si è svolta la prima preghiera islamica, guidata da Ali Erbas alla presenza del presidente Recep Tayyip Erdogan, le raffigurazioni cristiane sono state coperte con dei teli bianchi che non sono più stati rimossi. Entrambi gli edifici sono patrimonio dell’umanità. La destinazione d’uso avrebbe quindi dovuto essere discussa e autorizzata dal Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco. Così non è stato. All’inizio di dicembre l’agenzia Onu ha rivolto al governo turco la richiesta di esaminare Santa Sofia e Chora per verificarne lo stato e le eventuali alterazioni. L’Unesco – riporta l’agenzia AsiaNews – chiede che il controllo venga effettuato dall’inviato speciale Mounir Bouchenaki, un archeologo di primo piano e fra i massimi esperti del settore: “a destare ‘particolare preoccupazione’ sono le cronache emerse nell’ultimo periodo, secondo le quali vi sarebbero stati interventi da parte delle autorità turche alle due strutture per ‘cancellarne’ le origini cristiane e rendere più visibile la trasformazione in luogo di culto islamico”