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Condizione femminile e COVID-19

Nel 2020 47 milioni di donne povere in più. È davvero colpa del virus?

Undp e UN Women prevedono un forte aumento della povertà, soprattutto nelle donne nella fascia d’età riproduttiva. Le regioni più colpite, l’Africa sub sahariana e l’Asia meridionale

 

Svipop 18_09_2020

Da decenni il mancato sviluppo, i diritti umani violati, il malgoverno endemico dei paesi cosiddetti poveri, soprattutto asiatici e africani, vengono attribuiti a fattori esterni, a ingerenze passate e presenti. Per l’Africa, ad esempio, tutti i mali sarebbero iniziati con l’esplorazione delle sue coste da parte di Spagna e Portogallo: a seguire, la tratta degli schiavi, la colonizzazione europea, l’imperialismo, la globalizzazione, il riscaldamento globale… Adesso è la volta del COVID-19. Il 3 settembre l’Undp, programma Onu per lo sviluppo, e la UN Women hanno diffuso un rapporto sugli effetti della pandemia sulla condizione della donna. In base ai dati raccolti, la pandemia spingerà sotto la soglia di povertà 47 milioni di donne, portandone il totale complessivo a 435 milioni. Prima del Covid-19 si prevedeva una riduzione del 2,7 per cento del tasso di povertà femminile nel mondo tra il 2019 e il 2021. Adesso invece le proiezioni indicano un aumento del 9,1 per cento, molto più dell'incremento globale previsto, che colpirà soprattutto donne in età riproduttiva. L’anno prossimo, dice il rapporto, nella fascia di età compresa tra 25 e 34 anni ogni 100 uomini poveri ci saranno 118 donne povere e il divario salirà a 121donne su 100 uomini entro il 2030. Le due regioni più colpite saranno l’Africa sub-sahariana, dove già vive il 59 per cento delle donne povere, e l’Asia meridionale, dove nella fascia d’età tra 25 e 34 anni nel 2030 ci saranno 129 donne povere ogni 100 uomini. Premesso che le proiezioni relative a fenomeni così complessi sono soggette a smentite e rettifiche anche clamorose, se saranno confermate il rapporto precisa che a determinare la situazione descritta contribuirà la crescita inarrestabile delle disuguaglianze sessuali preesistenti. Non è il COVID-1, dunque, a penalizzare le donne, ma, ancora una volta, lo status inferiore loro attribuito nelle società tuttora influenzate dai valori e dalle istituzioni propri delle economie arcaiche e delle comunità patriarcali e autoritarie.