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LO STALLO POLITICO

Non si sa più cosa fare. In attesa dell'uomo forte

A Manovra neanche approvata la maggioranza arranca senza idee e senza politica. Non sanno più che cosa fare. Intanto l'Istat certifica il desiderio degli italiani di un uomo forte. 

Editoriali 08_12_2019

Sono ormai diverse settimane che si respira nei palazzi della politica un’aria permanente di incertezza e di precarietà. Ogni giorno il sentimento prevalente muta, ogni giorno si cambia linea. A giorni di pessimismo sulla tenuta del governo, segnati da minacce esplicite di crisi da parte degli esponenti di questo o quel partito, ne seguono altri in cui tutti lanciano assicurazioni impregnate di ottimismo, giuramenti di fedeltà alla coalizione rossogialla. E l’alternarsi degli umori prevalenti è ormai giornaliero, basta confrontare i quotidiani degli ultimi giorni.

La verità è che non sanno più che cosa fare, i problemi si accumulano senza trovare soluzione, dall’ILVA al MES, ad Alitalia, alla riforma della giustizia con abolizione o meno della prescrizione, alla Manovra stessa con tasse che entrano ed escono anche più volte in uno stesso giorno. Su nessuno di questi punti c’è un accordo unanime, anzi la spaccatura, col passare dei giorni appare sempre più profonda e meno aggiustabile. 

Pensate che la Manovra è ancora oggetto di discussione e di litigi in Consiglio dei Ministri, con le commissioni parlamentari che si agitano a vuoto nell’attesa del definitivo testo governativo. E siamo al 9 dicembre, la manovra va tassativamente approvata entro il 31 sennò scatta l’esercizio provvisorio, e i passaggi parlamentari dovrebbero essere tre. 

Eppure non è che manchi il confronto, anzi. I vertici di maggioranza sono stati 24 in meno di cento giorni di governo, a cui vanno aggiunte le riunioni del Consiglio dei ministri con relativi pre-Consigli, e gli incontri a tre o a quattro partiti dedicati a temi particolari. 

Il problema è che proprio non c’è una visione comune sui temi, nè tanto meno c’è condivisione sul futuro, sulle prospettive del paese e dello stesso governo. È chiaro che mancano le condizioni minime per poter guidare un paese come l’Italia. Rimane il grande ‘sogno’ di fermare l’ascesa del centrodestra, rimane la ‘chimera’ di eleggere il nuovo presidente della Repubblica (nel 2023, figuriamoci!), rimane più prosaicamente la prospettiva che nessuno vuole lasciarsi sfuggire, di fare in primavera le centinaia di nomine degli Enti di Stato. E allora si tira a campare, ogni partito cerca solo il proprio interesse, la propria visibilità nel caso di elezioni politiche che potrebbero capitare anche solo per un incidente. Pur se nessuno le vuole perché sinonimo di sconfitta. Si limitano a minacciarle ma, di loro volontà, non le farebbero mai.

In questa situazione non può stupire il dato rilevato dall’ISTAT del 48% di italiani favorevoli “all’uomo forte al potere che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni”, con la percentuale che cresce di 15 e 20 punti al calare del reddito e della posizione sociale degli intervistati. 

Alcuni osservatori hanno visto in questo un segnale di crisi letale della democrazia, un annuncio di morte della democrazia rappresentativa. Crediamo piutttosto che la maggioranza degli italiani, di ogni ceto e classe sociale, sia stufa di governi inconcludenti, di partiti che danno prova di saper solo litigare ferocemente tra di loro, di problemi che si incancreniscono senza mai trovare soluzione. Anche perché questi problemi che non vengono risolti mordono la carne viva dei cittadini, incidono sulle loro condizioni di vita e di lavoro o non-lavoro, tolgono certezze al presente e speranze al futuro. E per i meno abbienti e i meno istruiti il prezzo da pagare è ancora più alto.

Attenti però, il segnale vale per tutti: per i rossogialli che sono i primi responsabili di questa situazione, ma anche per gli altri che prima o poi andranno al governo e si troveranno a gestire problemi colossali e crisi incancrenite. Vanno studiate approfonditamente e dettagliatamente ora le soluzioni da adottare urgentemente allora: e questo è un imperativo categorico.