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IL CASO

Non solo banche Ecco a chi piace speculare facile

«Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Dispiace scomodare il Vangelo per commentare le vicende politico-finanziarie che hanno accompagnato il salvataggio di quattro banche che erano arrivate sull’orlo del fallimento. Ecco chi ci ha perso e perché. 

Economia 11_12_2015
Nella crisi delle banche fallite molti hanno giocato sporco

«Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Dispiace scomodare il Vangelo per commentare le vicende politico-finanziarie che hanno accompagnato il salvataggio di quattro banche che erano arrivate sull’orlo del fallimento. Ma di questo si tratta. Infatti, nei casi di Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara si sono susseguiti: 

1) la spregiudicata gestione degli amministratori; 

2) i ritardi nella vigilanza della Banca d’Italia; 

3) il mancato intervento dell’Authority, la Consob; che avrebbe dovuto garantire la correttezza e la trasparenza delle offerte ai risparmiatori; 

4) la scarsa e spesso fuorviante informazione da parte di molti organi di informazione; 

5) la speculazione politica che, in particolare con la Lega, ha soffiato sul fuoco della protesta popolare;

6) l’incoerenza delle autorità europee che hanno impedito altre soluzioni, peraltro praticate fino all’anno scorso da altri Paesi, aggrappandosi a formalismi burocratici;

7) la sprovvedutezza di molti risparmiatori che hanno sottoscritto offerte e firmato moduli tratti spesso in inganno da funzionari in mala fede;

8) l’ingenuità di un ministro dell’Economia che ha parlato di possibile «intervento umanitario» per aiutare persone che hanno, ovviamente, diritto a tutto il rispetto e la solidarietà, ma che comunque hanno compiuto operazioni finanziarie chiaramente rischiose (e il rischio non è una categoria dello spirito, qualche volta si verifica). 

A ogni livello ci sono stati quindi errori ed omissioni, in alcuni casi anche reati sui quali giustamente indaga e giudicherà la magistratura. In una storia che dimostra come in questo Paese ci sia un enorme bisogno non tanto di cultura economica, ma di semplice conoscenza dei meccanismi di base dell’economia e della finanza. Con un po’ di cinismo si potrebbe ricordare quello che diceva il grande economista John Kenneth Galbraith: «Il capitalismo è un sistema nel quale ogni tanto, d'improvviso, succede qualcosa che separa il denaro dagli stupidi».

Ricordiamo allora brevemente i fatti. Le quattro banche (Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di risparmio di Chieti e Cassa di risparmio di Ferrara) sono state gestite male negli ultimi anni, spesso con dirigenti e amministratori che hanno fatto prevalere gli interessi personali, e proprio per le ingenti perdite nei mesi scorsi sono state poste in amministrazione straordinaria da parte della Banca d’Italia. Tra gli episodi di cattiva gestione c’è anche l’offerta ai clienti di azioni delle rispettive banche e di obbligazioni “subordinate”, cioè il cui rimborso è collegato a particolari condizioni. Queste azioni e queste obbligazioni sono per loro natura titoli rischiosi: in pratica se l’azienda, in questo caso la banca, ottiene buoni utili può garantire alti dividendi per le azioni e i buoni tassi di interesse promessi per le obbligazioni. Ma se l’azienda va male o addirittura fallisce gli azionisti e gli obbligazionisti possono arrivare, come è avvenuto, a perdere tutto.

Un risparmiatore “normale” non metterebbe mai tutto il proprio piccolo o grande patrimonio in un solo tipo di investimento, fosse anche il più sicuro del mondo. La diversificazione è la prima regola che andrebbe insegnata e soprattutto praticata. I fallimenti delle aziende e delle banche sono nella natura stessa di un sistema dinamico. Così come i successi e i grandi guadagni. Nel mondo sono fallite grandi banche (ricordate Lehman Brother’s?) e anche in Italia vi sono stati istituti salvati da altre banche gestite meglio: tra questi, solo per fare un esempio, la banca della Lega, il Credieuronord,  i cui dirigenti sono stati condannati per la cattiva gestione e che è stata salvata nel 2004 dalla Banca popolare di Lodi, a sua volta poi assorbita dal Banco popolare. 

Ma torniamo alla quattro banche. Di fronte all’aggravarsi dei conti, all’emergere di nuove difficoltà, al rischio di una corsa al ritiro dei depositi con effetti incontrollabili sull’intero sistema bancario, il governo ha deciso a fine novembre di intervenire con un decreto applicando in gran parte il “meccanismo per la risoluzione” previsto dalle norme europee che entreranno peraltro in vigore pienamente il primo gennaio 2016. Le quattro banche praticamente hanno cessato di esistere e hanno d’imperio conferito le loro attività a un nuovo soggetto giuridico con il compito della gestione ordinaria in vista del passaggio del controllo a gruppi più grandi. I crediti in sofferenza o non più esigibili sono stati  conferiti ad una cosiddetta “bad bank”, una banca “brutta”, che avrà solo il compito di recuperare quanto si dimostrerà recuperabile. 

Tutta l’operazione ha un costo comunque 4 miliardi di euro, resi disponibile per metà dal Fondo interbancario di garanzia e per metà da un prestito delle tre grandi banche italiane, Intesa, Unicredit e Ubi.  Per coprire le perdite saranno necessari 1,7 miliardi di euro, 1,8 miliardi serviranno per dare nuovi capitali alle banche e garantirne la piena operatività, mentre almeno 140 milioni di euro saranno necessari per dotare di mezzi sufficienti la “bad bank”. Come ha commentato il capo della Vigilanza della Banca d’Italia Carmelo Barbagallo, in Parlamento «con i provvedimenti di risoluzione  è stata assicurata la continuità operativa delle banche in crisi, sono stati tutelati i risparmi raccolti in forma di depositi, conti correnti e obbligazioni ordinarie, è stata preservata l'occupazione, non sono state impiegate risorse pubbliche».

In conclusione quindi. I clienti con un conto corrente non hanno perso nulla e possono continuare a utilizzare i servizi delle rispettive banche senza alcun problema, ancor più garantiti dal fatto di essere sotto l’ombrello dell’intero sistema bancario. I lavoratori delle stesse banche hanno il loro posto maggiormente garantito. Chi aveva investito in azioni o in obbligazioni “subordinate” ha invece perso tutto: se lo ha fatto consapevolmente, attirato da più alte prospettive di rendimento, può solo battersi il petto, se è invece stato ingannato può, anzi deve, denunciare il fatto ai carabinieri.  Il sistema bancario italiano peraltro ha dato una nuova dimostrazione di solidità e di capacità di affrontare la crisi di singoli istituti. E questo è un buon segnale, purtroppo dimenticato da chi soffia sul fuoco della protesta o della disinformazione.