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SCENARI

Pd e Cinque Stelle temono il nuovo partito di Conte

Il premier Giuseppe Conte non teme di cadere per mano delle opposizioni bensì per una congiura di palazzo contro di lui. E le voci su un suo nuovo partito tolgono il sonno a Pd e Cinque Stelle, che vorrebbero disarcionarlo ma temono che egli possa sfruttare la sua popolarità per creare un nuovo contenitore destinato a pescare voti nel centrosinistra, togliendoli a loro. I partiti personali non hanno mai avuto grande successo.

Politica 13_06_2020

I partiti di governo lamentano la scarsa collaborazione del centrodestra anche durante gli Stati generali. In realtà il premier Giuseppe Conte non teme di cadere per mano delle opposizioni bensì per una congiura di palazzo contro di lui. E le voci su un suo nuovo partito tolgono il sonno a Pd e Cinque Stelle, che vorrebbero disarcionarlo ma temono che egli possa sfruttare la sua popolarità per creare un nuovo contenitore destinato a pescare voti nel centrosinistra, togliendoli a loro.

Ieri il diretto interessato ha smentito categoricamente. «Sarebbe folle dedicare energie a un mio partito, dedicare a questi pensieri anche una sola caloria», ha replicato lapidario ai giornalisti che gli facevano domande sul punto.

E’ possibile che gli Stati generali siano stati convocati come “arma di distrazione di massa” per allentare la tensione attorno al Premier, sempre più inviso ai suoi alleati e ieri impegnato nell’audizione sulla mancata zona rossa di Alzano Lombardo e Nembro. Ma il fantasma di un partito del premier aleggia da tempo. Anzi c’è chi vede negli Stati generali proprio l’espediente ideato dal premier per rubare ai partiti la scena e capitalizzare il patrimonio di consensi su cui attualmente potrebbe contare.

Fino a due anni fa di Giuseppe Conte si sapeva poco o nulla. Era lontanissimo dai radar degli osservatori politici. Oggi tutto ruota attorno alle sue scelte e al suo futuro politico. C’è chi addirittura pensa che stia puntando al Quirinale, fra un anno e mezzo, e c’è chi gli attribuisce il disegno di ricreare una sorta di Democrazia cristiana con l’avallo del Vaticano e di alcuni ambienti cattolici.

Le voci saranno pure infondate, ma il fatto stesso che circolano ha stimolato i sondaggisti a sondare gli umori popolari su un possibile partito di Giuseppe Conte. I dati sono sorprendenti. Secondo Emg-Acqua e la Noto Sondaggi, in ipotetiche elezioni politiche, una creatura politica del genere potrebbe raccogliere tra il 15 e il 16 per cento. Di per sé la notizia dovrebbe far dormire sonni tranquilli alla compagine di governo. In realtà ha scatenato le gelosie dei partiti, che sarebbero i principali sconfitti in un’operazione del genere. Il Pd, stando a tali proiezioni, scenderebbe al 12 per cento, il Movimento 5 Stelle al 9 per cento e Italia Viva al 2,5. Leu sparirebbe dalla scena politica con lo 0,5 per cento. Solo in minima parte una formazione politica fondata dal premier risveglierebbe negli indecisi e negli astenuti la voglia di tornare a votare.

Nessuno dei sondaggisti accredita Conte della possibilità di conquistare voti sul versante del centrodestra. La Lega, infatti, resterebbe di gran lunga il primo partito, con il 28%, raccogliendo il doppio dei voti di Fratelli d’Italia (14%), mentre Forza Italia scenderebbe al 6 e il partito del governatore ligure Giovanni Toti all’1 per cento. Il centrodestra, quindi, sarebbe di gran lunga maggioranza nel Paese, con oltre 10 punti in più della somma dei voti delle forze di governo.

L’operazione Conte si tradurrebbe, quindi, in una sorta di resa dei conti tra gli alleati di maggioranza e non avrebbe alcun effetto persuasivo sull’elettorato di centrodestra.

Di qui la fortissima irritazione in particolare tra i grillini, che considerano il premier una loro creatura e ora si vedono scippare da un suo eventuale partito gran parte del loro bottino elettorale.

Ma al momento le elezioni politiche non appaiono vicine. Dunque queste voci si possono anche catalogare come ricostruzioni giornalistiche fantasiose. I precedenti, però, dovrebbero spingere il premier alla cautela.

I partiti personali non hanno mai avuto grande successo. Il caso più eloquente è quello di Mario Monti. Dopo essere stato nominato senatore a vita e dopo essere diventato premier nel novembre 2011, l’ex Rettore della Bocconi governò il Paese per tutto il 2012 e, nell’approssimarsi delle elezioni politiche del febbraio 2013, decise di fondare un suo partito (Scelta civica), che raccolse poco più dell’8% (poco più del 10% in alleanza con altri partiti centristi). Si posizionò, quindi, dopo i tre poli di centrosinistra, centrodestra e grillino, e finì soltanto per impedire che dalle urne uscisse un vincitore. Fu, dunque, fonte di ulteriore destabilizzazione del quadro politico. Peraltro quella scelta fu anche un tradimento degli impegni presi, visto e considerato che il governo Monti nacque come governo tecnico, anzi d’emergenza, senza alcuna velleità o ambizione politica, ma poi perse smalto e vigore nel corso dei mesi, proprio quando si capì che il premier nutriva ambizioni politiche. Monti fece un suo partito pochi mesi prima della fine della legislatura. Di un eventuale partito di Conte si parla invece in piena crisi economica e a tre anni di distanza dalle prossime elezioni politiche, che in linea teorica dovrebbero svolgersi nel 2023. Si tratta, quindi, di un discorso quanto meno prematuro. A meno che non ci sia la volontà, a breve, di porre fine all’esperienza dell’attuale Governo e di ridare la parola agli elettori per chiedere direttamente a loro da chi intendano essere governati nella delicatissima fase che ci accingiamo a vivere dopo la pandemia.

Anche altre operazioni di impronta personalistica non hanno avuto in passato e non stanno avendo ora grande successo presso l’elettorato. Angelino Alfano uscì da Forza Italia e fondò un suo partito (Nuovo centrodestra), che gli consentì di rimanere in sella ma senza raccogliere grandissimi consensi. Oggi assistiamo, nel campo della sinistra, a operazioni di puro potere come quella di Italia Viva, con Matteo Renzi che vuole prendersi la rivincita nei riguardi del Pd e vuole condizionare il Governo Conte, e come quella di Insieme, con Carlo Calenda che attacca il Pd ma anche gli altri partiti della coalizione. Entrambe le neonate formazioni politiche di Renzi e Calenda sono accreditate di uno striminzito 2% a testa. Peraltro, man mano che ci si avvicina alle urne, il consenso notoriamente si polarizza e quindi prevale il principio del voto utile, cioè indirizzato ai partiti più grandi che hanno maggiori possibilità di vittoria.

A Conte potrebbe succedere la stessa cosa. Stritolato nella tenaglia tra Pd e Cinque Stelle e incalzato dalla probabile emergenza socio-economica destinata ad esplodere nei prossimi mesi, potrebbe presto perdere tutte le sponde che attualmente consentono agli analisti politici di giudicare un suo partito un’operazione redditizia elettoralmente.