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GIORNATA DELLA PACE

Pena di morte e amninstia: il Papa rilancia

É stato diffuso messaggio di Papa Francesco per la 49 Giornata Mondiale della Pace, che si terrà il 1° gennaio 2016. Il documento ha al suo centro la nozione d’indifferenza – verso Dio, i fratelli e la sfera politica e sociale – che è denunciata come peccato, e invita a gesti concreti di conversione. E il Papa rinnova anche «l’appello per l’abolizione della pena di morte, là dove essa è ancora in vigore», e invita «a considerare la possibilità di un’amnistia» per l’Anno Santo.

Ecclesia 16_12_2015
Papa Francesco

Formalmente datato 8 dicembre, è stato diffuso il 15 dicembre il messaggio di Papa Francesco per la quarantanovesima Giornata Mondiale della Pace, che si terrà il 1° gennaio 2016. Il documento ha al suo centro la nozione d’indifferenza – verso Dio, i fratelli e la sfera politica e sociale – che è denunciata come peccato, invitando a gesti concreti di conversione nell’Anno Santo della Misericordia. Il messaggio si apre con l’esclamazione che «Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona!». 

Ci sarebbero molte ragioni per perdere la speranza. «Le guerre e le azioni terroristiche, con le loro tragiche conseguenze, i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni, hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”»: un’espressione che il Papa ha usato più volte. Ma ci sono stati anche segnali positivi, tra cui il Papa elenca il diffuso interesse per l’ambiente e la buona accoglienza dell’enciclica «Laudato si’». Il 2015 è stato anche «un anno speciale per la Chiesa», perché ha segnato il cinquantesimo anniversario della Dichiarazione Nostra aetate e della Costituzione pastorale Gaudium et spes del Concilio Ecumenico Vaticano II e l’inizio del Giubileo della Misericordia.

Ci sono dunque «molteplici ragioni per credere nella capacità dell’umanità di agire insieme in solidarietà, nel riconoscimento della propria interconnessione e interdipendenza, avendo a cuore i membri più fragili e la salvaguardia del bene comune». E tuttavia ancora oggi, anzi soprattutto oggi, «l’indifferenza costituisce una minaccia per la famiglia umana». «Certo è che l’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui, caratterizza una tipologia umana piuttosto diffusa e presente in ogni epoca della storia. Tuttavia, ai nostri giorni esso ha superato decisamente l’ambito individuale per assumere una dimensione globale e produrre il fenomeno della “globalizzazione dell’indifferenza”». Il documento esamina tre diverse forme d’indifferenza.

La prima forma d’indifferenza è quella «verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato. È questo uno dei gravi effetti di un umanesimo falso e del materialismo pratico, combinati con un pensiero relativistico e nichilistico». L’uomo oggi «pensa di essere l’autore di sé stesso, della propria vita e della società; egli si sente autosufficiente e mira non solo a sostituirsi a Dio, ma a farne completamente a meno; di conseguenza, pensa di non dovere niente a nessuno, eccetto che a sé stesso, e pretende di avere solo diritti». Francesco ricorda il Magistero di Benedetto XVI contro il relativismo e il falso umanesimo, e l’affermazione del Beato Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio secondo cui «non vi è umanesimo vero se non aperto verso l’Assoluto, nel riconoscimento di una vocazione, che offre l’idea vera della vita umana».

Segue «l’indifferenza nei confronti del prossimo», che assume diverse forme. «C’è chi è ben informato, ascolta la radio, legge i giornali o assiste a programmi televisivi, ma lo fa in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione: queste persone conoscono vagamente i drammi che affliggono l’umanità ma non si sentono coinvolte, non vivono la compassione. Questo è l’atteggiamento di chi sa, ma tiene lo sguardo, il pensiero e l’azione rivolti a sé stesso». Il Papa constata che «l’aumento delle informazioni, proprio del nostro tempo, non significa di per sé aumento di attenzione ai problemi, se non è accompagnato da un’apertura delle coscienze». Anzi, esso «può comportare una certa saturazione che anestetizza e, in qualche misura, relativizza la gravità dei problemi». In altri casi, invece, «l’indifferenza si manifesta come mancanza di attenzione verso la realtà circostante, specialmente quella più lontana. Alcune persone preferiscono non cercare, non informarsi e vivono il loro benessere e la loro comodità sorde al grido di dolore dell’umanità sofferente. Quasi senza accorgercene, siamo diventati incapaci di provare compassione per gli altri, per i loro drammi, non ci interessa curarci di loro, come se ciò che accade ad essi fosse una responsabilità estranea a noi, che non ci compete».

Terzo: indifferenza politica e sociale, che è anche indifferenza verso l’ambiente. Anche questa deriva anzitutto dall’indifferenza verso Dio. Francesco invita a rileggere il discorso al Corpo Diplomatico del 2013 di Benedetto XVI, secondo cui «esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra», e «senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace». Commenta il regnante Pontefice che «l’oblio e la negazione di Dio, che inducono l’uomo a non riconoscere più alcuna norma al di sopra di sé e a prendere come norma soltanto sé stesso, hanno prodotto crudeltà e violenza senza misura». Si tratta di peccati, perché «l’indifferenza, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune», favorendo con il proprio disimpegno politiche economiche, sociali e ambientali «nefaste».

La Sacra Scrittura – dalla storia di Caino e Abele alla parabola del Buon Samaritano – ci mostra che «l’indifferenza […] cerca spesso pretesti: nell’osservanza dei precetti rituali, nella quantità di cose che bisogna fare, negli antagonismi che ci tengono lontani gli uni dagli altri, nei pregiudizi di ogni genere che ci impediscono di farci prossimo». Ma ci mostra anche che «la misericordia è il cuore di Dio. Perciò dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli; un cuore che batte forte dovunque la dignità umana – riflesso del volto di Dio nelle sue creature – sia in gioco». Ecco dunque l’antidoto all’indifferenza: «promuovere una cultura di solidarietà e misericordia».

Chi sono i soggetti della solidarietà «come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale»?. Il Papa ne elenca in particolare tre. Anzitutto la famiglia, «il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità». Quindi la scuola, luogo di libertà se sa essere – Francesco cita ancora Benedetto XVI – anche «luogo di apertura al trascendente». Terzo: i mezzi di comunicazione, che dovrebbero «porsi al servizio della verità e non di interessi particolari». E Francesco, forse con un accenno a Vatileaks, aggiunge che «gli operatori culturali e dei media dovrebbero anche vigilare affinché il modo in cui si ottengono e si diffondono le informazioni sia sempre giuridicamente e moralmente lecito».

Ma non tutto è male nei media e nella società. Ci sono anche «esempi di impegno lodevole», che «costituiscono buone pratiche nel cammino verso una società più umana». Associazioni, movimenti ma anche «giornalisti e fotografi che informano l’opinione pubblica sulle situazioni difficili che interpellano le coscienze» e «si impegnano per la difesa dei diritti umani, in particolare quelli delle minoranze etniche e religiose, dei popoli indigeni, delle donne e dei bambini, e di tutti coloro che vivono in condizioni di maggiore vulnerabilità». E «ci sono anche tanti sacerdoti e missionari che, come buoni pastori, restano accanto ai loro fedeli e li sostengono nonostante i pericoli e i disagi, in particolare durante i conflitti armati». Lo stesso fanno tante famiglie, e non pochi giovani.

Nell’ultima parte del messaggio, il Papa richiama il Giubileo della Misericordia, come occasione per gesti concreti che reagiscano all’indifferenza. Agli Stati chiede in particolare di pensare ai detenuti, studiando «misure concrete per migliorare le loro condizioni di vita nelle carceri, accordando un’attenzione speciale a coloro che sono privati della libertà in attesa di giudizio, avendo a mente la finalità rieducativa della sanzione penale e valutando la possibilità di inserire nelle legislazioni nazionali pene alternative alla detenzione carceraria». E il Papa rinnova anche «l’appello alle autorità statali per l’abolizione della pena di morte, là dove essa è ancora in vigore», e invita «a considerare la possibilità di un’amnistia» per l’Anno Santo. Invita pure gli Stati a essere generosi con migranti e rifugiati, certo «nel rispetto dei reciproci doveri e responsabilità», e a prendersi cura dei disoccupati e dei malati.

Quanto alla comunità internazionale, Francesco rivolge «un triplice appello ad astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche – e per lungo tempo – l’integrità morale e spirituale; alla cancellazione o alla gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; all’adozione di politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale ed inalienabile dei nascituri alla vita».

Il Papa affida l’umanità «all’intercessione di Maria Santissima, Madre premurosa per i bisogni dell’umanità, affinché ci ottenga dal suo Figlio Gesù, Principe della Pace, l’esaudimento delle nostre suppliche e la benedizione del nostro impegno quotidiano per un mondo fraterno e solidale».