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GIORNATA

Religioni senza Dio, preghiera senza un perché

La Giornata odierna di preghiera e digiuno ispirata al documento di Abu Dhabi e proposta a tutte le religioni si fonda su un generico desiderio di pace e di salute che è tutto umano e anche il fine è tutto umano. Al divino ci si rivolge perché soddisfi i nostri desideri umani. Ma senza il desiderio di conversione anche la preghiera è senza senso.

Editoriali 14_05_2020

Oggi cade la Giornata di preghiera e digiuno proposta dall’Alto Comitato per la fratellanza umana composto da capi religiosi che si ispirano al documento firmato ad Abu Dhabi (clicca qui) da Francesco e dal grande imam di al-Azhar. Il Comitato è formato da otto membri, due cattolici, cinque musulmani più il rabbino M. Bruce Lustig della Congregazione ebraica di Washington, aggiunto di recente. Alla giornata ha aderito anche papa Francesco.

Due video molto eloquenti sul nuovo spirito di “Abu Dhabi” di questa Giornata sono stati preparati e diffusi in molte lingue, uno a cura del Comitato stesso (clicca qui) e l’altro a cura del Vaticano (clicca qui). La proposta è rivolta a tutte le religioni e, anzi, a tutti gli uomini, anche non credenti perché, come dichiarato da Cenap Aydin, musulmano, direttore dell’Istituto Tevere, centro di dialogo interculturale e interreligioso di Roma: “invita tutti ad avere un desiderio per la pace, per il benessere, per il bene comune, e questo invito tocca tutti quanti”.

L’invito a pregare insieme si fonda quindi non sulle verità credute, che in questo caso vengono evidentemente messe da parte, ma su un comune desiderio umano di pace e benessere presente in tutti. Per questo ognuno prega “a seconda della sua religione, fede o dottrina”, qualsiasi essa sia. Secondo i due video tale desiderio nasce dalla comune esperienza delle difficoltà durante la pandemia che ci avrebbe fatto capire che siamo “sulla stessa barca” e che “insieme saremo più forti”.

Lo scopo della Giornata è così dichiarato: costruire “un mondo più umano e con più spirito di fratellanza che mai”. La motivazione di partenza è umana e quindi anche il fine non può essere che umano. Si parte da una comune esperienza umana di disagio e da un umano desiderio di pace e benessere e si finisce per pregare per un mondo in cui questi desideri umani vengano soddisfatti. Tra questo inizio e questa fine il divino che viene pregato risulta marginale, di passaggio, strumentale: è indifferente chi e cosa esso sia (indifferente anche se esso sia), perché la partenza e l’approdo rimangono umani.

Al divino ci si rivolge perché soddisfi i nostri desideri umani. È evidente che così non c’è nessun tipo di conversione, ognuno rimane quello che è, come nei giorni precedenti a questa Giornata, perché non si chiede al divino di cambiare i nostri desideri per conformarli ai suoi, ma di confermare i nostri. Ora, una preghiera senza conversione che senso ha?

Nel video di presentazione della Santa Sede si sente dire che “la preghiera è un valore universale” e “preghiamo tutti insieme per sentirci Chiesa, famiglia, e sconfiggiamo la pandemia”. Ciò rimanda ancora ad un orizzonte solo umano della preghiera come espressione di un desiderio e alla Chiesa come indistinta e non meglio caratterizzata famiglia umana che combatte per il proprio benessere. Il cardinale Zuppi, nella sua lettera alla diocesi in occasione della Giornata, estende il discorso anche al digiuno che secondo lui deve “rafforzarci nella determinazione a combattere ogni male” e nel “dovere di amare e custodire insieme la nostra unica casa comune”. Una cosa è certa: un digiuno così inteso sarà (forse) umano ma non certo cristiano.   

Tornando alla proposta del Comitato, essa dice che “I nostri fratelli credono in Dio creatore” e per questo le religioni devono pregare insieme Dio Creatore che debelli la pandemia. Ma non è per niente vero che tutte le religioni credono in un Dio creatore: l’appello del Comitato si basa su una falsità. Per credere in Dio creatore si deve credere in un Dio trascendente, in un Dio personale, in un Dio intelligente, in un Dio provvidente. Non tutte le religioni credono in un Dio dalle simili caratteristiche. Per alcune Dio è solo Volontà e non Intelligenza, per altre è una realtà anonima e non personale, per altre ancora è immanente e non trascendente. Se il motivo per pregare insieme è che tutti crediamo in un Dio creatore questo motivo è una grande sciocchezza.

Ammesso pure che tutte le religioni credano in un Dio creatore, bisogna poi anche vedere come intendono la creazione. Dal nulla? Per emanazione? Per evoluzione? Secondo ragione o secondo la sola volontà? E per ognuna di queste motivazioni nascono visioni delle cose molto diverse tra loro. Come non basta dire “Dio creatore”, non basta nemmeno dire “creazione”.

Si dice che queste iniziative corrono il rischio di provocare nei credenti un certo indifferentismo religioso. La realtà, purtroppo, è molto diversa. Esse infatti sono rese possibili proprio dall’indifferentismo religioso, che c’è già nelle loro motivazioni prima ancora che nelle conseguenze. Se poi, come fa il teologo Giuseppe Lorizio su Famiglia Cristiana, si mette in relazione la Giornata di oggi con la gioia per la conversione all’islam di Silvia Romano e ambedue i fatti vengono fatti risalire alla Dignitatis humanae del Vaticano II, la confusione è completa.