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Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
MARIA NEL VANGELO

Rischiò la lapidazione per darci il Dio vivente

Una riflessione sulla vita della donna, che con il suo sì ha contribuito all'Incarnazione. Dio, per abitare tra gli uomini, ha preso casa in Lei.

Cultura 26_02_2011
Icona Madonna

Si avvicina l’uscita del secondo libro del Santo Padre sulla vita di Gesù. In attesa di poterne essere edificato ed istruito, propongo questo articolo dedicato alla vita della donna che più da vicino ha contribuito all’incarnazione di Gesù, Dio fattosi uomo tra gli uomini.

Dal vangelo apprendiamo che quando Gesù prese carne in lei, Maria era una vergine, sposa di Giuseppe (Lc 1,27) ma non ancora in casa con lui (Mt 1,18). Questo fatto coincide con il sesto mese di gravidanza dell’anziana parente (il concetto di cugina era inesistente e c’era almeno una generazione di differenza di età) Elisabetta, moglie di Zaccaria, sacerdote della classe di Abia.

Il sesto mese di gravidanza
inizia dopo cinque mesi ed un giorno e dura fino al compiersi del mese: dunque il concepimento di Giovanni, grossolanamente, datava da 150 a 180 giorni prima.
Non avvenne in un periodo qualunque, ma in corrispondenza del turno di servizio al tempio della classe di Abia, che quell’anno permetteva a Zaccaria di essere il sacerdote incaricato di offrire l’incenso al tempio, nel giorno dello yom kippur.

Questa chiave di lettura molto precisa trova la sua ragione in diversi indizi: l’insistenza sull’incenso (citato in tre versetti consecutivi in Lc 1,9-11); l’entrare dentro il santuario, nel Santo dei santi, oltre le imponenti cortine del “velo” del tempio, presso l’altare (Lc 1,9), tipico di questo peculiare giorno (Levitico 16 ed anche Es 30,10; Lev 23,27-31 e 25,9; Num 29,7-11); l’accenno al “toccare in sorte” che induce a pensare che potevano passare anni prima che la rotazione delle 24 classi sacerdotali (1 Cr 24,1-19) nell’ambito del calendario lunare con anni a lunghezza variabile, portasse un sacerdote (più d’uno per ogni classe) a poter officiare da solo lo yom kippur nel cuore del tempio.

Altre logiche considerazioni
già illustrate a proposito dell’anno di battesimo di Gesù (nel XVI anno di regno di Tiberio) e sulla data di morte di Erode (che non fu nel 4 a.C., ma quasi quattro anni più tardi), portano a stabilire che il turno di Zaccaria del quale stiamo parlando è quello del 3 a.C. ed in particolare quello yom kippur (10 tishri), in base agli algoritmi dei calendari perpetui disponibili in internet, corrisponderebbe al 17 settembre del nostro attuale calendario gregoriano, un martedì (per quanto i calendari utilizzabili siano differenti, sette giorni sono sempre sette per tutti ed anche dove sono stati aggiunti o persi giorni, non è mai cambiato l’ordine dei sette).

Si era nel 3759 del calendario ebraico. Il turno sacerdotale durava una settimana ed andava da sabato a sabato. Per quanto ammutolito (Lc 1,22), Zaccaria terminò il proprio servizio e poi tornò a casa: il primo giorno utile (dopo il sabato immediatamente successivo) è il 20 settembre.
Il concepimento di Giovanni, annunciato a Zaccaria al tempio, deve essere avvenuto necessariamente dopo il suo ritorno a casa. Nella tradizione cristiana orientale se ne fa memoria liturgica, da data antichissima, al 22 settembre. Capitava in piena festa delle Capanne (dal 15 al 22 tishri), tra l’altro una festività di altissimo significato messianico.

I cinque mesi di gravidanza celata da Elisabetta, si compiono attorno al 20 di febbraio del 2 a.C.: nel mese successivo a questa data, nel sesto mese di Elisabetta, avviene l’Annunciazione.

Le parole utilizzate da Maria
, come le ha riportate Luca (che a logica può averle sapute proprio dalla Madonna) fanno echeggiare la preghiera di Ester (Est 4,17), sia nell’atteggiamento tenuto con l’Angelo, sia, pochissimi giorni dopo, visitando Elisabetta e declamando il Magnificat.

Questo ulteriore indizio rimanda
alla festività del purim, festa del “rovesciamento delle sorti”, che alla luce del cristianesimo rappresenta una vera grande debacle per satana e le sue losche manovre: in effetti la festa del purim (il 14 adar) del 2 a.C. è databile, nel nostro attuale calendario, al  periodo che stiamo considerando, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo. Per Zaccaria è l’ora di tornare al turno al tempio, 24 settimane (168 giorni) dopo quello stranissimo settembre.

Giuseppe è aiutato da Dio
nel suo momento difficile ad avere la forza ed il coraggio per iniziare a comprendere, ed a prendersi cura di Maria nel suo “sì” al Creatore. In effetti il “fiat” di Maria non fu un irenico assenso a una pia ispirazione: la giovane rischiava persino la lapidazione!  

Le ragazze a quel tempo
prendevano marito al compimento dei 14 anni di età. Il periodo di “fidanzamento” durava circa sei mesi. Queste conoscenze sui costumi del popolo ebraico a quei tempi fanno pensare che Maria compì l’età da marito nell’estate del 3 a.C. e che quindi nacque 14 anni prima, nel 17 a.C. Oggi ha 2026 anni compiuti e chi l’ha vista, la vede giovane.

Possiamo stupirci di fronte alla ricchezza di informazioni che provengono dai vangeli: i 46 anni del tempio, di cui ci parla il vangelo di Giovanni (Gv 2,20) corrispondono anche all’età di Maria nel 31 d.C., all’epoca in cui Gesù discusse a proposito degli anni da cui esisteva il tempio dopo i lavori di ristrutturazione avvenuti sotto Erode il grande.

In effetti il tempio è il luogo
dove abita Dio; e Dio, per abitare tra gli uomini, ha preso casa in Maria di Nazaret. Ed è sempre al tempio che Gesù fu presentato, mettendo Maria (e non Giuseppe che infatti morì prima) di fronte alla raggelante profezia della spada di dolore che le avrebbe trapassato l’anima il giorno della crocifissione. Ancora al tempio Giuseppe e Maria seppero da Gesù dodicenne che il suo compito era differente da ciò che in cuor loro si sarebbero accontentati di accompagnare a compimento. Maria collegava le informazioni, ragionandole: la sua fede è tanto forte quanto razionalmente fondata sulla capacità e volontà di capire, alla luce dei fatti e forte della sua profonda conoscenza delle Scritture.

Maria è a Cana, a favorire la gioia degli sposi, forzando un po’ Gesù, che sa che non è ancora l’ora. Lei, la “piena di grazia” è presente a Pentecoste assistendo alla discesa dello Spirito di Dio sui discepoli, certamente usciti “meno bene” di lei, quanto a fede, dalle recentissime vicende pasquali.  

Fanno un po’ tristezza
(ma anche sorridere) coloro i quali ritengono eccessive le devozioni a Maria, la giovane di Nazaret, la sempre vergine, la dolce sposa di Giuseppe, la madre di Dio.
La Tradizione cattolica ha dogmaticamente proposto la sua straordinaria vicenda di concepita priva del peccato originale, assunta in cielo nel suo corpo glorioso e madre della Chiesa.

Maria ci è di decisivo
aiuto nel capire chi sia davvero Gesù, come fidarci di Dio e come affidarci a lei, la mamma, per essere pieni di grazia anche nelle circostanze più dure, quando la fede emerge dal pianto, come nel sabato santo e dopo ogni venerdì santo della storia, sperando senza paura nella pasqua di Gesù, vero Dio e vero uomo, nostro Salvatore, vittorioso sul peccato e la morte.