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FOCUS

Russia, il problema è la demografia

Il successo dei comunisti si spiega in reazione alla crisi economica. Ma anche in Russia la crisi economica non è mai solamente economica.
- Qualcosa di nuovo accade in Russia, di M. Dell'Asta
- Hillary Clinton critica le elezioni russe

Attualità 07_12_2011
Vladimir Putin

 

Mi sono trovato a Mosca la settimana scorsa, ultima settimana elettorale, e partecipo in questi giorni a Vilnius, in forza del mio incarico istituzionale all'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), all'Incontro dei Ministri degli Esteri dei 56 Paesi della stessa OSCE, che ha tra i suoi temi più caldi il giudizio degli osservatori di questo organismo internazionale, che ha tra le sue principali competenze la verifica della regolarità delle elezioni nei Paesi partecipanti, sulla presenza di irregolarità nelle elezioni per la Duma celebrate in Russia nello scorso weekend.

La stessa Hillary Clinton ha denunciato a Vilnius queste irregolarità, contro cui protestano diversi blog e siti Internet russi, alcuni dei quali sono stati «disturbati» o chiusi dal governo.  Naturalmente, la questione è in gran parte politica e riguarda la competizione per la leadership globale, fra gli Stati Uniti gravemente indeboliti dalla crisi economica e Paesi economicamente forti come la Russia che profittano di questa crisi nordamericana ed europea per riproporre un loro più significativo ruolo internazionale. Di questo scenario si deve temer conto quando si esaminano le critiche alle elezioni russe.

L'OSCE ha in effetti rilevato irregolarità che vanno denunciate, ma ha anche affermato che in linea generale «gli elettori hanno potuto far sentir la loro voce». E che cosa ha detto questa voce? Il partito di Vladimir Putin, "Russia Unita", mantiene la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, ma i suoi voti sono scesi dal 64% al 50%, con la conseguente perdita della «maggioranza costituzionale» dei due terzi che permetteva a questo partito da solo di far passare modifiche della Costituzione. Il risultato più significativo - che qualcuno in Russia ha definito addirittura «apocalittico» - è la crescita del Partito Comunista nostalgico dell'Unione Sovietica,  che ha conseguito il 20% circa dei voti. Dieci anni dopo essersi liberati dal comunismo, sembra che un russo su cinque lo rimpianga. Eppure la Russia, pur avendo molti problemi, regge in modo non indecoroso alla crisi economica internazionale, e con Putin ha riconquistato un ruolo politico internazionale di grande rilievo, ancorché - come ha ricordato a Vilnius il suo ministro degli Esteri Sergei Lavrov - abbia vissuto come un inganno quello che considera un abuso della risoluzione delle Nazioni Unite sulla Libia, cui non si era opposta ma che fu poi usata non soltanto per proteggere i civili libici ma per rovesciare il regime.

Che cosa sta succedendo? Come spiegare l'insuccesso (relativo) di Putin e l'incredibile successo dei comunisti? C'è certamente una domanda di libertà e una denuncia della corruzione, ma i partiti che vorrebbero una democrazia russa più simile a quelle occidentali e che s'ispirano al liberalismo europeo nel loro complesso sono rimasti sotto al 4%. Oltre ai comunisti e a "Russia Giusta", costola di sinistra che si è staccata da "Russia Unita" di Putin, beneficiari del terremoto elettorale sono i nazionalisti del Partito Liberale Democratico - secondo i suoi critici, né liberale né democratico ma piuttosto xenofobo - di Vladimir Zhirinovsky, saliti a un rispettabile 12%. Come altrove, le opinioni del "popolo di Facebook" che sembra aspirare a una Russia più simile all'Occidente, colpiscono i giornalisti stranieri ma non si rivelano poi maggioritarie nelle urne. 

Che cosa disturba gli elettori russi? Senza dimenticare altri fattori, quando si tratta della politica e della società russa non dovremmo mai dimenticare la vera apocalisse che, come ha ricordato lo stesso Putin, costituisce la più grave minaccia per il futuro della Russia. È l’apocalisse demografica. Alla caduta del comunismo gli abitanti della Federazione Russa sfioravano i 150 milioni. Oggi sono meno di 140, con un tasso di natalità in costante declino - fanalino di coda dell’Europa e ormai del mondo insieme all’Italia - al punto che si prevedono riduzioni a 128 milioni di abitanti entro il 2025 e a 109 entro il 2050. Ogni anno spariscono - secondo i dati ufficiali e anche a causa di un numero impressionante di aborti - 700mila cittadini, ma per altri le cifre sono «ponderate» per non creare allarme eccessivo e il calo demografico annuale è in realtà intorno al milione di persone.

Le conseguenze sono quelle solite delle catastrofi demografiche. Aumenta l’immigrazione, peraltro non sufficiente a coprire il crollo delle nascite in Russia perché chi emigra dall’Africa o dalla Cina preferisce altre destinazioni. Aumenta la percentuale di musulmani, perché fra le minoranze etniche islamiche, non solo in Cecenia, non esiste calo demografico o quasi. L’invecchiamento della popolazione genera costi pensionistici che si mangiano molte delle pure immense risorse del petrolio e del gas. A catena, ne soffre tutta l’economia. Poiché il numero dei giovani è in declino, decresce la base di reclutamento non solo per lo sport - le squadre di calcio russe prosperano, ma sono piene di brasiliani -, ma anche o soprattutto per l’esercito e per le carriere intellettuali.

Decresce il numero dei produttori e dei consumatori. Le campagne - a causa di una dissennata urbanizzazione, ma anche della demografia - si spopolano: e, se le fattorie sono abbandonate, viene meno pure la prima vigilanza contro i rischi da incendio, come si è visto in occasione della catastrofe dell'agosto 2010, uno dei maggiori incendi nella storia dell'umanità. Dove abbiamo già visto questo scenario? Nelle lucide previsioni sul suicidio demografico dei Paesi senza giovani della Chiesa Cattolica: nei discorsi del beato Giovanni Paolo II (1920-2005) sul "suicidio demografico dell'Europa", nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI e negli studi dell’economista e direttore della banca vaticana IOR Ettore Gotti Tedeschi. È bizzarro che vi sia chi contesta questi studi proprio mentre da Mosca ne arrivano così drammatiche conferme.

La situazione della Russia, in preda sì a convulsioni politiche ma pure alla peggiore crisi demografica della sua storia, conferma infatti in modo evidente le analisi di Gotti Tedeschi e del Papa. Gli incentivi per le famiglie e il tentativo di limitare gli aborti dell’attuale governo russo sono forse misure troppo deboli e troppo tardive, ma mostrano almeno che Putin ha cominciato a capire dov’è il problema.

La soluzione non potrà essere soltanto economica: anzi, di soldi in Russia ne girano perfino troppi. Né ha autentiche prospettive politiche la nostalgia del comunismo, che paradossalmente - certo non per ragioni morali, ma perché come tutti i regimi totalitari quello sovietico considerava il numero degli abitanti garanzia di potenza - limitava gli aborti e favoriva le maternità. In realtà solo un ritorno alla speranza e ai valori, al senso della famiglia della vecchia "Santa Russia", per troppo tempo superficialmente derisa, potranno salvare questo immenso Paese di cui il mondo non può più fare a meno. Discretamente, cercando di non urtare antiche suscettibilità e di proseguire il dialogo ecumenico, la Chiesa Cattolica offre il suo aiuto, consapevole che - nei tempi che solo Dio conosce - un rapporto ritrovato con Roma potrà offrire alla Russia quel rinnovamento spirituale cui tanti dicono di aspirare ma che nessuno riesce davvero a intravedere all’orizzonte.

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