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EGITTO

Sciolta la Fratellanza Musulmana, la storia si ripete

Una sentenza ordina lo scioglimento della Fratellanza Musulmana, come avvenne nel 1948 con la monarchia e nel 1954 con la dittatura di Nasser. La storia si ripete. E per questo gli egiziani sanno che la Fratellanza non starà a guardare...

Esteri 26_09_2013
Morsi

Nella celebre Introduzione alla storia lo storico arabo Ibn Khaldun (1332-1416), precorrendo la teoria vichiana dei corsi e ricorsi storici, sostenne l’esistenza di un moto speciale grazie al quale gli uomini e le istituzioni si evolvono gradualmente e tuttavia ritornano a situazioni già accadute. La storia recente del mondo arabo, nella fattispecie dell’Egitto sta confermando la validità delle idee propugnate dall’analista più acuto che la storia del pensiero arabo abbia mai conosciuto.

La sentenza, emessa lunedì 23 settembre dal tribunale di giustizia sommaria di Abidin al Cairo, che sanciva lo scioglimento dell’associazione dei Fratelli musulmani, la messa al bando delle sue attività e la confisca delle sue proprietà, rappresenta di fatto la storia che si ripete. Senza dubbio è stata e sarà un documento storico, poiché è di fatto la prima volta che un tribunale civile decide, su richiesta del Partito Tagammu, lo scioglimento della Fratellanza. A poche ore dalla sentenza, il Ministro della Solidarietà, ovvero la persona incaricata ad applicare quanto stabilito dal tribunale, ha ribadito di non avere alternativa e di dovere quindi passare all’azione. Un membro del Consiglio di amministrazione dell’Unione generale delle Associazioni e delle Fondazioni nazionali, Ahmad al-Fadhali, ha spiegato al quotidiano al-Dustur che la maggioranza dei membri dell’Unione si è dichiarata a favore dello scioglimento dei Fratelli musulmani poiché vi è la certezza della presenza di armi e munizioni nelle sue sedi, contravvenendo quindi all’articolo 11 della legge 84/2002 che regola le associazioni.

Anche l’ex Preside della Facoltà di Diritto dell’Università di Ain al-Shams, Nabil Midhat Salem, ha confermato la correttezza del verdetto in quanto «i Fratelli Musulmani hanno contravvenuto a tutte le regole imposte dalla legge e in modo particolare a quegli articoli della legislazione sulle associazioni che vietano attività connesse al terrorismo o organizzazioni armate». È evidente che dopo la caduta di Morsi, voluta da più di venticinque milioni di egiziani e messa in atto dall’esercito, questa sentenza giunge nel momento più opportuno ovvero nel momento in cui il popolo egiziano ha già sperimentato l’agire fallimentare della Fratellanza, ha compreso che la vittoria che l’ha vista ascendere al potere non ha portato né la scomparsa della corruzione grazie alla morale islamica né una soluzione ai problemi economici e sociali che continuano ad affliggerlo.

Purtroppo la storia dei rapporti tra la Fratellanza e il governo egiziano è macchiata di sangue ed è costellata di colpi di coda. Il ritrovamento, nel novembre 1948, da parte della polizia di un’auto contenente documenti e progetti di quello che fu definito l’apparato segreto dei Fratelli musulmani, vennero arrestati trentadue membri e messe a ferro e fuoco tutte le sedi. L’8 dicembre 1948 l’allora Primo Ministro Mahmud Fahmi al-Nuqrashi ordinò lo scioglimento della Fratellanza “per avere istigato e agito contro la sicurezza dello Stato”. Il 28 dicembre al-Nuqrashi fu assassinato da Abdel Magib Ahmad Hassan, membro del movimento e studente di veterinaria.

Il 29 ottobre 1954, dopo un mancato attentato nei confronti del Presidente Gamal Abd al-Nasser, sempre per mano di un affiliato al movimento, si ebbe la seconda messa al bando dei Fratelli musulmani e l’arresto di migliaia di loro. Fu solo con l’avvento di Sadat che lo Stato egiziano riaprì il dialogo con la Fratellanza. L'ascesa di Sadat provocò quindi un allentamento del controllo dello Stato, così il movimento negli anni '70 tornò a pubblicare libri e riviste e a prosperare occupando i posti direttivi nelle organizzazioni sindacali e infiltrando i campus universitari.

Ed è proprio l’infiltrazione nei sindacati, ma soprattutto nei campus universitari che sta diventando in questi giorni la spina nel fianco del governo egiziano. I siti legati ai Fratelli Musulmani invitano gli studenti a manifestare contro il “colpo di Stato” e a reagire. I mezzi di comunicazione cercano di essere rassicuranti, ma la tensione si percepisce chiaramente. Il 22 settembre, ovvero alla vigilia della sentenza, il quotidiano egiziano titolava «18 milioni di studenti nelle scuole annientano le proteste dei Fratelli musulmani. Spari e scontri a Sohag al primo giorno di scuola. Le scuole copte sono protette. Uomini dell’esercito a Bani Sueif scortano gli alunni della scuola elementare. Le scuole della capitale sono video sorvegliate».

Tutti gli egiziani sanno, perché la storia lo insegna, che nei momenti critici la Fratellanza non sta a guardare. Tutti gli egiziani sanno che la storia si può ripetere e che con i Fratelli musulmani non si può scherzare. Tutti gli egiziani sanno che alle misure forti i Fratelli musulmani rispondono con la legge del taglione oppure entrano in clandestinità per sferrare un attacco a sorpresa. Con la Fratellanza non esiste una vittoria, non esiste una pace duratura, bensì solo una tregua, solo un periodo in cui i suoi membri silenziosamente continuano ad operare in tutti gli strati sociali.

La speranza è che questa sentenza storica faccia davvero la Storia, ma soprattutto che conduca finalmente gli egiziani a prendere in mano il proprio destino affrontando a testa alta e con coraggio la sfida contro il movimento che da 85 anni ne minaccia la serenità e la sicurezza in nome di un islam che non è quello degli egiziani.