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COVID E PARITARIE

Scuola: il successo del modello lombardo, il più pluralista

La riapertura delle scuole non è uguale dappertutto, in Italia. Come volevasi dimostrare, la scuola pubblica non statale (paritaria) ha assorbito lo shock della chiusura di mezzo anno scolastico meglio rispetto alla scuola pubblica. Ma solo le paritarie più ricche sopravvivono. Uno studio di Anna Monia Alfieri e una soluzione per non finire in una società classista

Educazione 08_10_2020
Istituto Gonzaga, Milano

La riapertura delle scuole non è uguale dappertutto, in Italia. Ci sono differenze sostanziali fra la ripartenza nella scuola pubblica e quella delle scuole paritarie. Come volevasi dimostrare, la scuola pubblica non statale (paritaria) ha assorbito lo shock della chiusura di mezzo anno scolastico meglio rispetto alla scuola pubblica. In Lombardia hanno riaperto tutte, in tempo. Ma anche qui c’è una differenza fra paritaria e paritaria, perché, in tutta Italia, quelle con rette troppo basse hanno dovuto chiudere i battenti.

A compiere questo studio sugli effetti della riapertura è suor Anna Monia Alfieri, nel suo ultimo focus realizzato con l’Istituto Bruno Leoni. La Alfieri (collaboratrice della Nuova Bussola Quotidiana) è stata una delle promotrici della Maratona della famiglia e della scuola, da sempre è in prima linea nella difesa della scuola pubblica paritaria. In questo inizio anno scolastico 2020/2021 può già tirare le somme e confermare quel che temeva: “Il Covid, in modo drammatico, ha semplicemente accelerato un copione già scritto. Abbiamo detto che sarebbero cadute le scuole dei poveri, quelle che hanno una retta di 3.500 euro. Ormai quelle scuole hanno chiuso i battenti”. Sopravvivono e continuano a registrare iscrizioni le scuole con un retta pari o superiore al costo standard medio di uno studente (cioè quanto lo studente costa alla scuola), che è di 3.800 euro annui per l’asilo, 4.200 per le elementari, a 5mila per le medie e 5.500 per le scuole superiori. Un prezzo che non tutte le famiglie possono permettersi, sapendo poi che già pagano le tasse per finanziare una scuola statale di cui non usufruiscono.

Per fare un confronto utile a capire la differenza fra i due servizi, il costo medio standard di uno studente in una scuola superiore paritaria è di 5.500 euro, quello di uno studente nell’equivalente statale è di 8.500, circa un terzo in più. Sono 3mila euro sprecati, su cui però tutti i cittadini devono pagare le tasse. Oltre al danno la beffa: la scuola pubblica statale ha retto molto peggio della paritaria lo shock della riapertura dopo mesi di chiusura, come dimostra la mancanza di professore, di aule e di insegnanti di sostegno. Eppure lo Stato difficilmente investirà molto sulle paritarie, anche se un loro eventuale fallimento potrebbe comportare costi molto superiori: se solo gli studenti si dovessero ri-iscrivere a scuole statali costerebbero in media 3mila euro in più a testa, ogni anno e interamente a carico del contribuente.

Lo scenario che si sta delineando è una maggior divaricazione di vere e proprie classi sociali. Sopravvivono le scuole statali e quelle paritarie che hanno rette sufficientemente alte da permettere di quadrare i conti. Il divario è anche nella qualità: avremo sempre più una differenza fra una scuola statale mediamente inefficiente e una piccola scuola paritaria d’élite. E la differenza è anche territoriale, perché in Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria le famiglie sono più aiutate che in altre regioni. In Lombardia (su cui si concentra lo studio di suor Anna Monia Alfieri) una famiglia che volesse iscrivere un figlio alla scuola paritaria può contare sulla Dote Scuola, quella che in altre regioni settentrionali si chiama Buono Scuola, su un contributo comunale, sugli aiuti della Chiesa, con l’aiuto della Chiesa ambrosiana per gli scolari degli asili e la borsa di studio della Cei per gli studenti delle medie e superiori, oltre ai contributi ministeriali e alle detrazioni Irpef. I contributi previsti dal decreto Cura Italia e quelli per l’Emergenza Covid, al momento, non si sono ancora visti. In tutto, una famiglia lombarda a basso reddito può risparmiare quasi 4.500 euro all’anno per un figlio iscritto in una scuola superiore paritaria, pagando 2.213 invece che 6.694.

Questo cosa comporta? Che vi saranno meno differenze di classe: anche le famiglie meno abbienti avranno accesso ad una istruzione di alta qualità in una scuola non statale. La Lombardia è la regione che, attualmente, aiuta più delle altre il pluralismo educativo. Dove le famiglie hanno meno possibilità di scelta, invece, sempre meno famiglie abbienti manderanno i loro figli in scuole sempre più care, tutti gli altri ricorreranno alla statale. Prendere ad esempio il modello lombardo e applicarlo al resto del Paese aiuterebbe a non avere una società così diseguale. Eppure, basta leggere qualunque giornale per capire quanto odio covi nei confronti del modello lombardo. Proprio perché funziona.