Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
LUCE SULLE RIVOLTE USA

Se il KKK torna ad attaccare i neri e le chiese

Il KKK nacque come movimento di bianchi protestanti e da sempre usa la violenza contro le persone di colore e contro la Chiesa cattolica. Quest'ultima si prodigò sempre per le minoranze discriminate, come testimoniano molti episodi storici che coinvolgono papi, ambasciatori apostolici e sacerdoti. Oggi si dice che le proteste sono contro il razzismo ma l'attacco alle chiese degli "incappucciati" mostra un ribaltamento di fronte menzognero. 

Esteri 05_06_2020

I fatti di Minneapolis e le rivolte dilagate un po’ ovunque hanno costretto l’America, ancora una volta, a fare i conti con quel virus non più sistemico ma comunque a tratti risorgente che risponde al nome di razzismo.

La morte dell’afroamericano George Floyd ha toccato un nervo scoperto della società americana, eredità di un passato che una minoranza nociva si ostina a non voler accettare come concluso. Ma il passato, si sa, può servire da lezione per il futuro solo quando non viene censurato, strumentalizzato politicamente o peggio ancora dimenticato. E nella storia del lato più oscuro degli Stati Uniti c’è un capitolo su cui si è posata una coltre, ingiusta, di polvere.

Per soffiarla via può essere d’aiuto la visione di una pellicola hollywoodiana degli anni Sessanta - “Il cardinale” di Otto Preminger - nella quale si ripercorre la vita di un giovane figlio di un tranviere diventato principe di Santa Romana Chiesa. Nel film d’antan, invecchiato bene, ad un certo punto il protagonista – divenuto minutante di belle speranze presso la Segreteria di Stato – si reca nella Georgia americana degli anni ’30 a sostegno di un sacerdote nero a cui era stata vandalizzata la chiesa. La sua missione, però, non passa inosservata agli occhi del Ku Klux Klan che lo rapisce e lo tortura su una croce. Non si tratta soltanto di finzione cinematografica: uno degli ultimi martiri cattolici in terra statunitense fu padre James Coyle, ucciso nel 1921 da un ministro protestante appartenente alla tristemente nota società segreta. L'uomo gli sparò in testa dopo che il religioso aveva sposato la figlia maggiorenne - convertitasi segretamente al cattolicesimo e per questo torturata dai genitori - con un operaio portoricano di colore.

Sin dalla nascita nell’Ottocento, il KKK mise nel mirino i cattolici in nome dello slogan “America is protestant and so it must remain”. L’influenza dei suprematisti bianchi sulla classe politica locale fece sì che in alcuni Stati il sentimento anticattolico, fomentato da leggende nere inventate e dalle accuse di servilismo verso un sovrano straniero, si tramutasse in proposte legislative discriminatorie che, ad esempio, intendevano proibire l’insegnamento nelle scuole pubbliche agli odiati papisti.

La Santa Sede ebbe un assaggio significativo del clima persecutorio in cui erano costretti a vivere i cattolici d’oltreoceano con il tour statunitense del futuro cardinale Bedini nel 1853. Il diplomatico, inviato da Pio IX per avere il quadro della situazione sulla Chiesa locale, venne accolto da violente manifestazioni di piazza dove ci scappò persino il morto tra i dimostranti che agitavano cartelli con su scritto “Down with the Papacy”. Il ventennio tra il 1834 ed il 1854 fu uno dei peggiori per la comunità cattolica locale: a Philadelphia una diceria scatenò gli assalti alle chiese con tanto di sassaiola contro il  monastero delle Sisters of Charity mentre a Boston i manifestanti bruciarono un convento.

Non a caso, questo diffuso sentimento anticattolico divenne uno dei principali pilastri ideologici del neocostituito Ku Klux Klan nel 1865. I gruppi razzisti ritenevano che fosse incompatibile l’essere fedeli al papa e l’essere al tempo stesso buoni cittadini e promuovevano continuamente campagne diffamatorie, costruite su storie di rapimenti finalizzati a conversioni forzate e di depravazioni sessuali.

L’odio anticattolico accompagnò anche la rinascita del KKK negli anni Venti: in Alabama i militanti incappucciati organizzavano picchetti davanti ai negozi dei commercianti cattolici per boicottarli, minacciavano i datori di lavoro per fargli licenziare i dipendenti sgranarosari ed assalivano persino gli asili gestiti da religiosi per spaventare i bambini che credevano di trovarsi di fronte a fantasmi. La forma più comune d’intimidazione consisteva nel bruciare croci davanti alle chiese e alle scuole cattoliche. La persecuzione diede vita anche a coraggiose manifestazioni di resistenza, come quella di cui furono protagonisti gli studenti dell’Università di Notre Dame, a South Bend, Indiana, nel 1924.

I campus a maggioranza cattolica erano in quegli anni teatro di scoppi dinamitardi, accoltellamenti ed incendi di croci al punto da spingere le amministrazioni a cambiarne le intitolazioni originarie dedicate alla Madonna. A South Bend, città con una forte presenza cattolica, i membri locali del KKK tentarono una prova di forza sfilando in centro con i famosi cappucci bianchi. La parata, però, venne costretta ad una poco onorevole ritirata dall’intervento di cinquecento studenti della Notre Dame, supportati anche dalla popolazione locale di fede protestante. Gli universitari respinsero i suprematisti a colpi di patate e gli sottrassero vessilli, divise e cappucci, costringendoli ad una fuga in mutande.

Negli anni Venti, per via dell’invidia suscitata in fasce della popolazione dal successo di molti immigrati irlandesi, l’odio anticattolico toccò l’apice e divenne un caso nazionale durante un tour elettorale del ’28 per l’accoglienza a suon di croci infuocate riservata dal KKK al candidato Al Smith, il primo cattolico in corsa per la Casa Bianca. Le società segrete non si accontentavano di perseguitare i loro connazionali di diversa fede, ma arrivarono persino a raccogliere fondi da destinare al governo messicano laicista per la repressione dei cristeros. In quegli Stati, come l’Indiana, dove gli afro-americani erano pochi, i cattolici venivano perseguitati soltanto in quanto tali mentre altrove finivano nel mirino dei suprematisti anche perché solidali con la comunità afro-americana.

L’interessamento della Santa Sede per la condizione della popolazione di colore degli States già nella seconda metà dell’Ottocento è testimoniata dal telegramma di condoglianze inviato a Pio X per omaggiare la memoria del suo predecessore: “Abbiamo deciso di esprimere il nostro profondo dolore per la morte di Leone XIII, un amico dell’umanità che si è pronunciato energicamente contro il linciaggio dei neri in America”. Proprio durante il pontificato di Pecci, infatti, su impulso vaticano, si era costituita la Commission for Catholic Missions among Colored People and Indians pensata per i bisogni spirituali e le esigenze sociali di queste minoranze e capace di favorire l’integrazione nelle parrocchie anche grazie al supporto dato nella ricerca di un’occupazione a beneficio di chi abitualmente veniva discriminato per il colore della pelle. Non vanno dimenticati, poi, i missionari che scelsero di dedicare il proprio apostolato al servizio di quelle persone, che nonostante la fine della schiavitù, continuavano ad essere private dei diritti civili: svetta l’esempio di suor Katharine Drexel, fondatrice dell’ordine delle Sisters of the Blessed Sacrament che usò il patrimonio di famiglia per realizzare scuole parrocchiali arrivate ad accogliere 26 mila bambini afroamericani nel decennio in cui il KKK prosperava, quello degli anni Venti.

La rinascita della società segreta suprematista in quel periodo aumentò le uccisioni di neri a cui quasi sempre non faceva seguito alcun arresto. Dopo un grave episodio avvenuto a Chicago, l’allora cardinale Segretario di Stato Gasparri fece sapere ai vescovi statunitensi che “sarebbe stato opportuno trattare il problema della popolazione nera e condannare i recenti omicidi”. La condizione comune di perseguitati fu uno dei motivi, insieme all'assistenza spirituale e sociale, alla base della crescita di conversioni tra i membri di questa comunità. Nel secondo Dopoguerra, quando la questione razziale sembrò monopolizzare l’attività criminale dei suprematisti bianchi, attenuando il pregiudizio religioso, la Chiesa cattolica locale non smise di schierarsi in difesa dei diritti civili dei neri nelle regioni in cui venivano discriminati. Le comunità cattoliche continuarono a solidarizzare e supportare gli afro-americani soggetti a discriminazioni formali e sostanziali, come ad Omaha, in Nebraska, dove padre Markoe non esitò ad allearsi con i leader dei movimenti in difesa dei diritti civili dei neri per protestare contro la segregazione razziale attuata nelle scuole pubbliche. Quelle famiglie a cui veniva negata l’iscrizione del figlio solo per il colore della pelle trovarono sempre le porte delle parrocchie cattoliche aperte a prescindere dalla confessione professata.

Per questo le immagini che arrivano in questi giorni da Minneapolis, con la Basilica di Santa Maria vandalizzata da manifestanti incappucciati che presentano le proprie azioni come una protesta contro il razzismo appaiono un crudele ribaltamento di fronte, offensivo nei confronti della Storia della sofferenza degli afro-americani - e non solo - perseguitati.