Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giorgio a cura di Ermes Dovico

PAPA FRANCESCO

Senza Risurrezione, la «fede è all’acqua di rose»

Nell’udienza generale del 3 aprile 2013 Papa Francesco ha ripreso le catechesi dell’Anno della fede là dove Benedetto XVI le aveva interrotte. E parla, in particolare, alle donne e ai giovani.
- L'Udienza del 3 aprile || - A proposito di quote rosa

Ecclesia 04_04_2013
Papa Francesco

Nell’udienza generale del 3 aprile 2013 Papa Francesco ha ripreso le catechesi dell’Anno della fede là dove Benedetto XVI le aveva interrotte, continuando il commento al Credo. La meditazione del Pontefice si è incentrata sull’affermazione del Credo «Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture», particolarmente appropriata per il tempo di Pasqua. È anche, ha detto il Papa, «il centro del messaggio cristiano, risuonato fin dagli inizi e trasmesso perché giunga fino a noi». Un primo Credo, una «breve confessione di fede», è quello contenuto nella Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo: «A voi […] ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto; cioè che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture, e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici». Papa Francesco attira l’attenzione su questo primo Credo, certo succinto ma importante per la sua antichità, dove san Paolo vuole indicarci «il cuore della nostra speranza. Senza questa fede nella morte e nella risurrezione di Gesù la nostra speranza sarà debole», anzi «non sarà neppure speranza». Lo ribadisce la stessa lettera di san Paolo: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati».

Possono sembrare cose ovvie, ma non lo sono più. Ci troviamo in un’epoca in cui «spesso si è cercato di oscurare la fede nella Risurrezione di Gesù, e anche fra gli stessi credenti si sono insinuati dubbi». C’è chi crede che la Risurrezione sia solo un simbolo o una metafora.  Ma una fede senza Risurrezione come evento realmente accaduto nella storia è una «fede “all’acqua di rose”, come diciamo noi; non è la fede forte». Perché si diffonde la fede «all’acqua di rose»? Avviene «per superficialità, a volte per indifferenza, occupati da mille cose che si ritengono più importanti della fede, oppure per una visione solo orizzontale della vita». Ma solo se crediamo alla Risurrezione come fatto storico, che si è davvero verificato, ci apriamo «al futuro eterno di Dio, alla felicità piena, alla certezza che il male, il peccato, la morte possono essere vinti», illuminando anche «con una luce nuova» tutte le realtà quotidiane.

Lo scettico uomo moderno si chiederà come possiamo essere certi che Gesù è veramente risorto. «Ci sono due tipi di testimonianze nel Nuovo Testamento: alcune sono nella forma di professione di fede, cioè di formule sintetiche che indicano il centro della fede; altre invece sono nella forma di racconto dell’evento della Risurrezione e dei fatti legati ad esso». Le professioni di fede risalgono già ai primi tempi apostolici. Non c’è solo la Prima Lettera ai Corinzi. Troviamo una professione di fede anche nella Lettera ai Romani, dove san Paolo scrive: «Se con la tua bocca proclamerai: “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo». Possiamo esserne certi: «fin dai primi passi della Chiesa è ben salda e chiara la fede nel Mistero di Morte e Risurrezione di Gesù».

Quanto alla seconda categoria di testimonianze, quelle «nella forma di racconto, che troviamo nei Vangeli», colpisce – ha detto il Papa – «che le prime testimoni di questo evento furono le donne». Le donne che vanno al sepolcro, e ricevono dall’angelo il primo annuncio della Risurrezione, «sono spinte dall’amore e sanno accogliere questo annuncio con fede: credono, e subito lo trasmettono, non lo tengono per sé, lo trasmettono». Qui troviamo un insegnamento molto importante per noi. Se crediamo veramente nella Risurrezione, se la nostra fede non è «all’acqua di rose», l’evangelizzazione nasce subito come esigenza spontanea. Se sappiamo che Gesù è risorto, sappiamo anche che lo dobbiamo necessariamente raccontare a qualcuno. «La gioia di sapere che Gesù è vivo, la speranza che riempie il cuore, non si possono contenere». Se crediamo nel Risorto – il Pontefice usa qui una delle sue espressioni preferite – allora immediatamente «abbiamo il coraggio di “uscire” per portare questa gioia e questa luce in tutti i luoghi della nostra vita!». Se possiamo dire con sincerità che «la Risurrezione di Cristo è la nostra più grande certezza» – non un’ipotesi, non un simbolo ma la certezza di un evento – allora «come non condividere con gli altri questo tesoro, questa certezza? Non è soltanto per noi, è per trasmetterla, per darla agli altri, condividerla con gli altri».

Vediamo, in seguito, quella che sembra una contraddizione. Le prime a testimoniare l’evento della Risurrezione sono donne, eppure «nelle professioni di fede del Nuovo Testamento, come testimoni della Risurrezione vengono ricordati solamente uomini, gli Apostoli, ma non le donne». C’è una ragione molto precisa per questa scelta, di natura giuridica: «secondo la Legge giudaica di quel tempo, le donne e i bambini non potevano rendere una testimonianza affidabile, credibile». I Vangeli, però, non tacciono il ruolo fondamentale delle donne. E qui possiamo «cogliere un elemento a favore della storicità della Risurrezione: se fosse un fatto inventato, nel contesto di quel tempo non sarebbe stato legato alla testimonianza delle donne. Gli evangelisti invece narrano semplicemente ciò che è avvenuto: sono le donne le prime testimoni».

Questo significa pure che «Dio non sceglie secondo i criteri umani: i primi testimoni della nascita di Gesù sono i pastori, gente semplice e umile; le prime testimoni della Risurrezione sono le donne». Vale anche come insegnamento per le donne di oggi: «dare testimonianza ai figli, ai nipotini, che Gesù è vivo, è il vivente, è risorto. Mamme e donne, avanti con questa testimonianza!». Riflettendo pure «su come le donne, nella Chiesa e nel cammino di fede, abbiano avuto e abbiano anche oggi un ruolo particolare nell’aprire le porte al Signore». «Gli Apostoli e i discepoli fanno più fatica a credere. Le donne no».

Le apparizioni narrate dai Vangeli ci fanno anche capire che dopo la Risurrezione «Gesù si rende presente in modo nuovo: è il Crocifisso, ma il suo corpo è glorioso; non è tornato alla vita terrena, bensì in una condizione nuova». Per capire che si tratta proprio di Gesù gli apostoli e i discepoli hanno bisogno di segni: ma, una volta compresi i segni, la loro certezza della Risurrezione riposa su «un fondamento incrollabile». E anche noi possiamo riconoscere Gesù Risorto da «segni»: «la Sacra Scrittura, l’Eucaristia, gli altri Sacramenti, la carità, quei gesti di amore che portano un raggio del Risorto». Là dove ci sono questi segni, lì c’è il Risorto. E c’è la speranza che «i segni di morte lascino il posto ai segni di vita». Ai giovani Papa Francesco raccomanda di restare «ancorati a questa speranza: questa àncora che è nel cielo; tenete forte la corda, siate ancorati e portate avanti la speranza. Voi, testimoni di Gesù, portate avanti la testimonianza che Gesù è vivo e questo ci darà speranza, darà speranza a questo mondo un po’ invecchiato per le guerre, per il male, per il peccato. Avanti giovani!».