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MISSIONI ALL'ESTERO

Somalia, gli italiani tornano protagonisti

A 20 anni dalla Battaglia del Pastificio, a Mogadiscio, gli italiani tornano in Somalia alla testa della missione europea di addestramento delle forze locali.Un'opportunità per giocare un ruolo da protagonisti.

Esteri 02_01_2014
Il generale Mingiardi

Sono trascorsi 20 anni dalla battaglia del Pastificio di Mogadiscio che oppose i paracadutisti della brigata Folgore ai miliziani del “signore della guerra” Mohamed Farah Aidid nell’ambito dell’operazione delle Nazioni Unite che tra il 1993 e il 1995 tentò invano di fermare la guerra civile somala. L’Italia sembra destinata a ricoprire ancora un ruolo di primo piano in Somalia, terra che negli ultimi 12 anni è diventata un campo di battaglia del conflitto globale contro gli estremisti islamici dei movimenti affiliati ad al-Qaeda.

L’ultima campagna della guerra somala, che si trascina dal 1990, è ancora in corso e vede il traballante governo somalo impegnato contro il movimento jihadista Shebab (“la gioventù”) sostenuto dal supporto militare dei droni e dei contractors statunitensi e da 22mila soldati della missione dell’Unione Africana AMISOM (African Union Mission in Somalia). L’impiego di queste forze è finanziato dall’Unione Europea che ha appena stanziato altri 124 milioni di euro necessari alle spese operative e agli stipendi delle truppe africane. Grazie soprattutto a questi contingenti forniti da Kenya, Uganda, Gibuti, Sierra Leone e Burundi, nell’anno appena trascorso è stato possibile respingere gli shebab lontano da Mogadiscio consentendo un più efficace insediamento nella capitale delle istituzioni somale sostenute politicamente e finanziariamente dalla comunità internazionale.

La Ue è impegnata da tre anni in una missione di addestramento delle reclute dell’esercito governativo somalo, nota come European Union Training Mission – Somalia, e sviluppatasi inizialmente in Uganda proprio perché Mogadiscio non presentava le garanzie di sicurezza richieste da Bruxelles. Già nella primavera scorsa parte degli istruttori si era trasferita dalla base ugandese di Bihanga a Mogadiscio dove nel compound dell’aeroporto è stata costruita una base per gli istruttori e un campo d’addestramento per le reclute. Una fase che ha visto un ampio ruolo assegnato all’Italia che ha ricoperto nell’ultimo anno la posizione di vicecomandante di Eutm-Somalia schierando una trentina di militari tra istruttori e paracadutisti addetti alla sicurezza su un totale di 125 militari europei (di 30 Paesi diversi) assegnati nel complesso alla missione.

Dal 15 febbraio l’Italia tornerà a ricoprire un ruolo militare di leadership in Somalia con la nomina del generale di brigata Massimo Mingiardi, 50 anni, alla testa di Eutm-Somalia. Attualmente vice comandante della Scuola di fanteria di Cesano, Mingiardi è un paracadutista, è stato fino a pochi mesi or sono comandante della brigata Folgore ma soprattutto è un veterano della Somalia dove prestò servizio nel 1993 con i gradi di capitano comandante di una compagnia di paracadutisti durante la missione dell’Onu che cercò invano di stabilizzare il Paese.

La nomina dell’ufficiale italiano (che coincide con la chiusura della sede ugandese e il trasferimento dell’intera missione Ue in territorio somalo) è stata annunciata nei giorni scorsi dal Comitato europeo per la politica di sicurezza che doveva avvicendare alla testa della missione il generale irlandese Gerald Aherne. La scelta di Mingiardi non rappresenta solo il riconoscimento del ruolo privilegiato dell’Italia nella sua ex colonia in Africa Orientale, ma offre anche il valore aggiunto di un ufficiale che già conosce quel teatro operativo in cui i paracadutisti combatterono per 18 mesi sempre in prima linea.

Pur non prevedendo azioni di combattimento ma solo addestrative, la missione Eutm-Somalia non è certo priva di rischi come testimoniano i vari tentativi di colpire gli istruttori europei che hanno finora addestrato quasi 4 mila reclute somale. Benché siano stati respinti dai sobborghi della capitale, gli shabab hanno ancora numerose cellule attive a Mogadiscio che non esitano a condurre blitz e attacchi suicidi con tattiche simili a quelle utilizzate dai talebani afghani. Lo ha dimostrato l’attentato suicida condotto ieri da tre kamikaze all'hotel Jazeera di Mogadiscio, frequentato da funzionari di governo e da stranieri e situato nell’area “protetta” di sicurezza che comprende anche l’aeroporto, in cui sono morte 11 personeLo ha dimostrato l’attentato suicida condotto ieri da tre kamikaze all'hotel Jazeera di Mogadiscio, frequentato da funzionari di governo e da stranieri e situato nell’area “protetta” di sicurezza che comprende anche l’aeroporto, in cui sono morte 11 persone.

Colpire gli istruttori e le forze somale significa per i miliziani attaccare l’Europa protagonista finanziaria della guerra contro gli jihadisti con stanziamenti recenti di 44 milioni di euro per sostenere le forze di sicurezza e l’apparato giudiziario somalo e di 11,6 milioni a copertura dei costi di Eutm-Somalia per il biennio febbraio 2013/ marzo 2015.

La nomina di Mingiardi offre inoltre a Roma l’opportunità di tornare a giocare un ruolo da protagonista in Somalia dopo che negli ultimi tempi è stata messa in disparte dagli anglo-americani, improntati a esercitare un’influenza sul Paese in via di stabilizzazione. Mogadiscio pullula di uomini di CIA, NSA e contractors mentre i britannici sono stati i primi a riaprire l’ambasciata a Mogadiscio e a Londra si è tenuta l’estate scorsa la conferenza internazionale sulla Somalia. A conferma dell’attenzione non certo disinteressata di Londra vi sono stanziamenti per 29 milioni di euro in aiuti destinati a esercito e polizia somali.

L’interesse della comunità internazionale a stabilizzare la Somalia non è solo legato al dilagare della minaccia islamista e alla posizione strategica del Paese che si affaccia sull’Oceano Indiano ma anche alle ingenti risorse economiche: dai giacimenti di petrolio e gas off-shore all’uranio rilevato a Nord di Mogadiscio fino alle ricche risorse ittiche e agricole attualmente poco o male sfruttate anche a causa del conflitto. L’Italia sembra quindi interessata a non farsi scavalcare da altri alleati che puntano a incassare in termini commerciali i crediti maturati con le operazioni di sostegno al governo locale.

A Gibuti sono attivi da quasi un anno 32 carabinieri che addestrano i poliziotti somali mentre nuovi programmi potrebbero vedere protagonisti gli italiani nel campo della difesa marittima. La Somalia ha recentemente annunciato di aver assegnato alla società olandese Atlantic Marine and Offshore Group una commessa per la costituzione di un embrione di Guardia costiera ma si parla di programmi di assistenza per fornire addestramento e mezzi allo scopo di debellare la pirateria. Benché la presenza di flotte internazionali e guardie armate sui mercantili abbiano limitato nel 2013 i sequestri di navi ad appena due casi, le coste somale restano infestate dai pirati. Un fenomeno che potrà essere debellato solo quando le forze di Mogadiscio o quelle alleate avranno assunto il controllo del territorio e delle coste del Paese.