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PENSIERO UNICO

Sospesa dal college perché pro-life vince il ricorso

Julia Rynkiewicz, studentessa di ostetricia, fu denunciata da un suo docente che l’aveva vista nello stand dell’associazione per la vita Nottingham Students for Life. Ne seguì una sospensione e solo dopo mesi la riammissione in ateneo. Nonostante ciò, solo il fatto che abbia dovuto combattere la dice lunga sul pericolo per la libertà di espressione.

Libertà religiosa 02_12_2020

Sospesa dalla sua università perché pro life, quindi reintegrata con tanto di scuse e risarcimento.

La vicenda che ha avuto per protagonista Julia Rynkiewicz, studentessa di ostetricia, alla fine si è conclusa nel migliore dei modi, anche se non può non stimolare qualche riflessione di tipo amaro. Prima però di commentarla urge riepilogarla, questa vicenda, facendo così un passo indietro e ricordando quello che ne è stato il principio.

Tutto ha avuto inizio nel 2019, quando la Rynkiewicz, venticinquenne - «cattolica romana» si è premurato di precisare il Telegraph, raccontando la sua storia - iscritta ad ostetricia all'Università di Nottingham, in Inghilterra, era stata avvistata da un suo docente in occasione di una fiera scolastica riservata alle matricole, presso uno stand dell’associazione pro life Nottingham Students for Life (NSFL). Nulla di particolarmente strano, si converrà, nel fatto che una ostetrica sia per la vita. Tanto più, dettaglio non irrilevante, che di quell’associazione la giovane in questione era addirittura la presidente. Ciò nonostante, per chi ha visto la Rynkiewicz in quello stand la cosa deve essere sembrata davvero grave dato che, dopo aver scambiato qualche battuta con lei, ha pensato di presentare un formale reclamo dall’università, subito accolto.

Morale: appena tre giorni dopo, la studentessa è stata sospesa dalla sua università, con conseguente stop del suo programma di formazione in ospedale. Ciò nonostante dopo quattro mesi, precisamente a gennaio, l'Università di Nottingham ha sbloccato la situazione di Julia Rynkiewicz; la quale però, reduce da un periodo di angoscia e tormenti – anche in vista di un futuro professionale che, ai suoi occhi, pareva pregiudicato – non si è accontentata, comprensibilmente, di una pacca sulla spalla.

Così, assistita da Alliance Defending Freedom – battagliera realtà attiva dal 1994 per la libertà religiosa - la studentessa ha deciso di andare fino in fondo chiedendo ed ottenendo delle scuse dal suo ateneo, con tanto di liquidazione di una somma, della quale non è nota l’entità ma che ha tutto il sapore di un risarcimento. Anche se non si è arrivati in tribunale, insomma, la giovane ha comunque ottenuto una vittoria di non poco conto; e infatti la cosa ha avuto una certa eco sui media inglesi.

Da parte sua, l'Università di Nottingham sembra avere imparato la lezione. Infatti un suo portavoce ha dichiarato che, se da un lato l’ateneo continuerà a stare su posizioni in favore di dei diritti riproduttivi – quindi dell’aborto -, dall’altro lavorerà per maggiori aperture verso chi la pensa diversamente: e ci mancherebbe, verrebbe da commentare.

Infatti, a dispetto del suo confortante epilogo, è difficile non scorgere in questa vicenda – che pure ha visto la giovane studentessa britannica uscire a testa alta – l’ombra di una seria minaccia per la libertà religiosa e di opinione. Una minaccia di cui molti paiono in realtà già al corrente, come confermato da un recente sondaggio secondo cui il 38% degli studenti inglesi evita oggi accuratamente di esporre il proprio pensiero, sapendolo in conflitto con quello delle istituzioni in cui si stanno formando, per timore che ciò possa avere per loro ripercussioni negative.

«Finché le università continueranno a discriminare le opinioni conservatrici, pro-life e simili», ha commentato in proposito Catherine Robinson, portavoce dell’associazione pro life Right To Life UK, «il dibattito e la discussione continueranno a essere soffocati e, all’interno delle loro università, gli studenti continueranno a temere ritorsioni». Parole dalle quali è difficile dissentire, e che confermano come quella di Julia Rynkiewicz che ha ottenuto formali scuse dalla sua università, sia indubbiamente una bella notizia, per la quale è lecito rallegrarsi. Una rondine non fa però, purtroppo, primavera nel lungo e intollerante inverno del politicamente corretto.