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IMMIGRAZIONE

Spagna e Ong: come far solidarietà nei porti altrui

Le Ong coinvolte nel business dell’immigrazione clandestina partono al contrattacco con una lettera aperta inviata ai governi dell’Unione. Chiedono, senza troppi mezzi termini, la riapertura dei porti, per lo sbarco degli emigranti. Intanto anche la Spagna del governo socialista Sanchez dà un giro di vite. Ma chiede all'Italia di essere solidale

Politica 04_02_2019
Un salvataggio nel Mediterraneo

Messe all’indice in tutta Europa, dove in questi anni hanno ricevuto oltre 11 miliardi di contributi Ue (forse a patto che sbarcassero migranti illegali in Italia), le Ong coinvolte nel business dell’immigrazione clandestina partono al contrattacco con una lettera aperta inviata ai governi dell’Unione. 

"Due anni dopo l' accordo sulla migrazione tra Italia e Libia, oltre 5.300 persone sono morte nel Mediterraneo e altre ancora stanno soffrendo nei campi di detenzione libici", recita il testo firmato da 50 organizzazioni e piattaforme umanitarie, tra cui Oxfam, Msf, Caritas Europa, e Human Rights Watch che accusano le cancellerie europee di essere "diventate complici della tragedia nel Mediterraneo" e affermano che "alcuni Stati membri dell' Ue hanno deliberatamente costretto molte Ong che conducono operazioni di ricerca e soccorso ad interrompere la loro attività di salvataggio".

Nel documento le 50 organizzazioni chiedono di "dare sostegno alle operazioni di ricerca e salvataggio", di "adottare una gestione degli sbarchi che risponda ai criteri di prevedibilità e tempestività" e di "interrompere la cooperazione con la guardia costiera libica". In pratica vorrebbero imporre all’Europa e soprattutto agli Stati mediterranei e all’Italia di riaprire i porti all’immigrazione illegale gestita dai trafficanti e dalle stesse Ong. Ridicolo poi che parlino di sofferenze nei campi di detenzione libica, quando i migranti soccorsi non vengono certo da questi centri gestiti dalle autorità di Tripoli, ma dai campi gestiti da trafficanti a cui i migranti illegali si sono rivolti per farsi portare in Europa. Gli stessi trafficanti che sembrano essere in costante collegamento con le Ong, le cui navi si trovano “casualmente” sempre di fronte al tratto di costa da dove salpano i barconi e i gommoni.

I centri di detenzione libici dove vengono portati i migranti soccorsi in mare dalla Guardia Costiera libica (quella che le Ong vorrebbero far chiudere) vedono invece la presenza di personale dell’Unhcr e dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) che ha curato il rimpatrio di circa 40 mila clandestini. Una presenza minimizzata dalle stesse agenzie dell’Onu, ormai soggetti non certo neutrali ma ben schierati sul fronte immigrazionista come dimostra anche il Global Compact for Migration promosso dal Palazzi di Vetro che di fatto riconosce a chiunque il diritto a migrare dove vuole ed elimina la distinzione tra migrante legale e illegale. 

Il governo italiano non è però l’unico impegnato a cercare un modo per impedire alle navi delle Ong di continuare le loro attività. L’esecutivo spagnolo che tanto aveva accusato quello italiano per la politica dei “porti chiusi” agli immigrati illegali e alle navi delle Ong, punta ora a dimezzare il numero di arrivi, che ha raggiunto un record di 64.298 persone nel 2018. L'Esecutivo guidato dal premier socialista Pedro Sanchez ha delineato un piano che include maggiori pattugliamenti e il blocco delle navi delle Ong nei porti impedendo loro di prendere il mare. Paradossalmente il blocco dei clandestini è diventato una delle priorità dell'esecutivo socialista che, fino a ieri, accusava di “disumanità” il ministro e vicepremier italiano Matteo Salvini. Le cifre dell'anno scorso, che hanno visto la Spagna diventare la principale porta di accesso all'Ue attraverso il Mediterraneo, proprio in seguito alla chiusura dei porti italiani, hanno portato anche Madrid a mettere a punto un inasprimento della politica migratoria, probabilmente anche in seguito all’esame di alcuni sondaggi che indicano come anche gli spagnoli mostrino crescente insofferenza nei confronti di un’immigrazione illegale che comporta elevati costi di welfare e crea gravi problemi di criminalità.

Il governo iberico punta quindi a ridurre di almeno il 50% i flussi nel 2019 (anno cominciato con un nuovo boom di sbarchi) e, secondo il quotidiano El Paìs, i dettagli sarebbero stati messi a punto nei giorni scorsi in un vertice guidato dal vicepremier Carmen Calvo con i ministri dell'Interno, degli Affari Esteri, del Lavoro e dello Sviluppo. Una delle iniziative proposte vede il ritiro delle navi soccorso della Guardia Costiera (Salvamento Marítimo) ora impegnate alla ricerca di barconi in alto mare: interverranno solo su chiamata in caso di allarme naufragi. L’obiettivo evidente è copiare quanto fatto dall’Italia che fece arretrare già nella seconda metà 2017 le sue navi delle acque prospicenti le coste libiche lasciando alle motovedette di tripoli il compito di effettuare il maggior numero di interventi riportando i dietro i clandestini. Madrid vorrebbe quindi lasciare alle motovedette marocchine il grosso degli interventi di soccorso ai barconi riportando i clandestini sulle coste africane. Finora le navi della Guardia Costiera spagnola hanno effettuato l’82% degli interventi di soccorso ai barconi di migranti illegali.

Il governo spagnolo sta cercando così di indurre il Marocco ad ampliare la portata dell'azione di soccorso e in aggiunta, sta negando i permessi per navigare alle imbarcazioni delle Ong che soccorrono i clandestini in acque prospicenti le coste africane e li trasportano in Spagna. All'imbarcazione dell'Ong Open Arms è stato negato il permesso di salpare da Barcellona dall'inizio di gennaio, stessa sorte per la nave Aita Mari, dell'Ong Salvamento Marítimo Humanitario. In entrambi i casi la motivazione del blocco imposta da Madrid è stata che le navi non soddisfano le misure di sicurezza necessarie per ospitare un gran numero di persone soccorse, ma si tratta di un evidente pretesto per ridurre il numero di sbarchi di clandestini. Paradossalmente il governo spagnolo si impegna a esercitare nuove pressioni sull'Italia affinchè riapra i porti  ai migranti illegali, ma rifiuta di farsi carico dell'accoglienza di parte dei clandestini sbarcati in Sicilia dalle Ong, accusando l'Italia (sulle cui coste dal 2013 sono sbarcati quasi 700 mila clandsestini) di mancannza di solidarietà