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UN BUSINESS FIORENTE

Un appartamento per soli profughi gay

A Modena un appartamento per richiedenti asilo omosessuali che raccontano persecuzioni nei loro Paesi. Ma la realtà dice altro: «Il numero dei richiedenti asilo riconosciuti omosessuali perseguitati è insignificante. In realtà è soltanto un modo per costruire permessi ad hoc. Come dimostra il caso del Gambia dove il dittatore non c'è più, ma continuano ad arrivare richiedenti». Un membro di una commissione territoriale racconta la verità alla Nuova BQ. 

Cronaca 06_02_2017

Bisogna riconoscere alla nutrita comunità Lgbt di avere una perspicace dote nello sfruttare al meglio le occasioni. Oggi la parola d’ordine è quella dell’accoglienza ai migranti, i quali sono per il 90% dei semplici richiedenti asilo che non saranno mai riconosciuti titolari di status da rifugiato, perché migranti economici, ma questo non scoraggia i tanti che fanno business con i progetti di accoglienza. 

Una tendenza che non poteva non lasciare indifferente l’Arcigay, che ha concluso con il Comune di Modena un singolare progetto: l’istituzione di un appartamento che ospiti rifugiati, ma in realtà si tratta di semplici richiedenti asilo, che hanno una caratteristica comune: sono tutti dichiaratamente omosessuali. La cosa è stata stigmatizzata anche dal consigliere comunale di Forza Italia Antonio Platis.

In Comune a Modena ovviamente si canta vittoria: «Solo un una terra come l’Emilia dove si è ben seminato si potevano realizzare progetti di questo tipo», ha detto trionfante l’assessore alle Pari opportunità Andrea Bosi. Dal canto suo Arcigay e la “solita” cooperativa, che si chiama Caleidos, non hanno mancato di citare alcune storie di omosessuali e transgender discriminati nel loro paese e che in Italia hanno finalmente trovato la salvezza. Come il caso di un richiedente asilo proveniente dall’Europa dell’Est che per giustificare la sua permanenza qui ha detto: «Sono arrivato in Italia circa tre anni fa e contestualmente nel mio paese è uscita la legge contro la propaganda gay – racconta – non si tratta di una normativa contro gli omosessuali, non parla di illegalità ma porta gli omofobi a sentirsi dalla parte della ragione. Se dici ad esempio ad un bambino che è normale essere gay – spiega – vieni multato e tutti ritengono lecito, forze dell’ordine comprese, picchiare un gay o insultarlo».

Ovviamente la storia vuole instillare furbescamente nel lettore, la convizione che si stia parlando dell'odiata Russia. Peccato che è proprio dalla sua testimonianza che si evince come non ci sia alcuna normativa contro gli omosessuali. Ciò a cui non si fa riferimento - e la Nuova BQ non ha mancato di metterlo in evidenza - è il fatto che si tratti di una legge a tutela dell’infanzia dall’adescamento omo. 

Ne consegue che la motivazione della figura “giuridica” del gay perseguitato è molto, molto flebile. Quasi costruita ad hoc, perché è vero che nel mondo esistono stati che reprimono con il carcere la pratica omoerotica, ma quanti sono i gay che arrivano nel nostro Paese e che dopo essersi dichiarati tali vi restano come rifugiati? «Una percentuale così bassa da essere considerata insignificante, questo però a fronte dell’enorme aumento delle richieste pervenute alle commissioni territoriali che devono poi decidere sullo status». A parlare alla Nuova BQ è un membro di una delle tante commissioni territoriali italiane che sono i terminali con i quali si deve scontrare la speranza, quasi sempre artificiale e motivata alla bisogna, di un visa para un sueno tanto irraggiungibile quanto immotivato. 

Già. In questo caso il membro di commissione può parlarci di quanto accade in una commissione prefettizia, che può essere tenuta come esempio. Numericamente parlando solo il 2% dei richiedenti asilo che ottengono lo status di rifugiato è riconosciuto come omosessuale perseguitato nel paese d’origine. Ma attenzione: stiamo parlando di una percentuale bassa a fronte di un’altrettanto bassa percentuale di successo, che in Italia si delinea attorno al 10% delle richieste. In pratica il 2% del 10%. A conti fatti non certo un esercito di perseguitati in fuga da chissà quale pericolo. 

Appurato che si tratta solo di un’esigua percentuale non resta che  denunciare un fenomeno strisciante, ma evidentemente molto remunerativo. Sono tantissimi infatti i richiedenti asilo che, complice il buonismo italico, si dichiarano al loro arrivo nel Bel Paese come perseguitati per ragioni di orientamento sessuale. Peccato che però le storie che raccontano davanti alla commissione siano così precostituite e quasi “telefonate” da essere smascherate subito. 

«C’è il caso - ad esempio - di chi racconta che era solito incontrarsi con il partner negli alberghi. Una motivazione però inverosimile perché in un Paese dove l’omosessualità è reato non deve essere facile prenotare un albergo ad ore. Oppure chi, per descrivere la propria condizione, non ha fatto altro che dire: “gli volevo bene (riferito al partner ndr): andavamo a ballare o al cinema”». Tutto qui. E’ evidente che se le presunte vittime non sono un grado di fornire dettagli su episodi specifici della loro condizione e della presunta discriminazione o persecuzione, per le commissioni prefettizie questo vuol dire una sola cosa: tutto ciò è falso, architettato ad hoc con il solo scopo di avere il papello. 

C’è chi poi ha detto di essere scappato dopo essere stato scoperto con il fidanzato, ma di non sapere più nulla del suo compagno perché “io pensavo solo a salvare la pelle”. «E’ evidente - insiste la nostra fonte che questa storia non è mai esistita». Che quella della persecuzione omosessuale sia una scusa quasi scientifica è dimostrato poi dalla vicenda del Gambia. Qui, è vero, l’omosessualità è punita col carcere, ma questo è destinato a non valere più da circa due mesi, da quando il dittatore Yahya Jammeh ha lasciato, seppure a fatica, il potere, scappando con la cassa, ma consentendo agli abitanti di poter respirare anche in termini di diritti civili. 

La conseguenza? «L’ergastolo per gli omosessuali c'è ancora - ha detto - ma dalle informazioni in nostro possesso la situazione in Gambia è moolto probabilmente destinata a mutare perché la legge nasceva dall'odio viscerale per il dittatore verso gli omosessuali. Solo che continuano ad arrivare da noi cittadini che si proclamano del Gambia e che dicono di essere omosessuali perseguitati. Perseguitati per un reato che presto non esisterà più. Infatti per il 70% dei gambiani che arrivano da noi è molto difficile trovare delle scuse plausibili vanificando gli sforzi che prima erano molto “remunerativi”». Ma c’è di più: torniamo alla Russia e all’Est Europa, un’altra zona messa dall’Arcigay sul piatto della “persecuzione”. Ebbene: «Dalla Russia e dall'Ucraina non c'è mai stato nessuno che si sia proclamato omosessuale». 

Conclusione: anche quella dell’Europa dell’Est è una solenne sciocchezza. Come la quasi totalità delle richieste. Merito dei prefetti che, trasformatisi ormai in agenti immobiliari, riescono a smascherare i tanti “truffatori”, anche se a loro non si può imputare nulla. Sarebbe infatti interessante risalire nella filiera del business e scoprire chi insuffla loro, persone comunque nel bisogno, la storia della persecuzione gay. 

Ovviamente, mentre ci si preoccupa di non riscontrabili persecuzioni agli omosessuali, ci si dimentica del tutto delle persecuzioni vere, che i cristiani devono subire nei campi profughi per mano dei compagni di branda di fede islamica. Ma questo è uno scandalo che le istituzioni non vogliono vedere.