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LA MANOVRA

Una Stabilità di belle speranze, ma "azzardata"

Nel complesso la legge di Stabilità (manovra finanziaria) del governo Renzi è positivamente diversa dalle precedenti. Approfitta della congiuntura economica favorevole per ridurre le imposte e agevolare le imprese. Ma non è tutto oro. Il taglio della spesa è minimo. Ed è triste che si punti ancora al gioco d'azzardo.

Economia 17_10_2015
Euro

Una volta si chiamava “Legge finanziaria”, da qualche anno è diventata “Legge di stabilità”. La sostanza è rimasta la stessa: è il bilancio preventivo per l’anno che verrà con all’interno tanti provvedimenti che avranno il vantaggio di avere una corsia preferenziale nei lavori parlamentari con la scadenza obbligatoria del 31 dicembre.

E anche questa volta si approfitta di questo treno per mandare avanti provvedimenti che riguardano solo indirettamente le finanze pubbliche, come la bizzarra decisione di far pagare l’abbonamento alla televisione, peraltro diventato una tassa, attraverso le bollette elettriche. Con la logica dei sostituti d’imposta: si chiede ad altri, che siano datori di lavoro o fornitori di servizi, di assumersi l’onere di far pagare le tasse ai cittadini, magari nascondendole nelle buste paga o nelle fatture.

Nel suo complesso tuttavia questa manovra di fine d’anno appare fondamentalmente e positivamente diversa dalle precedenti. Non ci sono nuove tasse, non appaiono vincoli particolari, non si inventano misure straordinarie destinate a rimanere permanenti. Ci sono invece agevolazioni agli investimenti delle imprese, nuove forme di sostegno ai redditi più bassi, riduzioni significative di imposte, come quelle sulla prima casa. E’ una manovra che approfitta dello scenario, molto più favorevole che in passato, in  cui si trova l’economia italiana soprattutto grazie ai fattori internazionali: bassi tassi di interesse, forte riduzione dei prezzi del petrolio e del gas rispetto al passato, maggiore disponibilità di credito grazie alla politica monetaria espansiva delle banche centrali dalle due parti dell’Atlantico. A questi elementi si può aggiungere il fatto che, nonostante un lieve rallentamento, continuano a crescere le economie dei cosiddetti paesi emergenti, Cina compresa, economie che si stanno rivelando buoni mercati di sbocco per le imprese italiane, soprattutto per quelle (e sono tante) di alta qualità.

Con questo vento favorevole, che è in gran parte alla base della crescita vicina all’1% che si registrerà a fine 2015, è stato certamente più facile impostare una manovra senza l’immediata e urgente necessità di aumentare il gettito fiscale e che, anzi può permettersi di garantire qualche piccolo taglio e qualche agevolazione in più. Anche perché, non dimentichiamolo, il “lavoro sporco” lo hanno fatto i Governi precedenti di fronte a situazioni ben più difficili e preoccupanti. Per esempio Renzi sta anche raccogliendo i frutti dei forti tagli al sistema pensionistico decisi sull’orlo del burrone dal governo Monti e dalla, tanto ingiustamente criticata, professoressa Elsa Fornero.  E può intervenire, come ha fatto, cercando di affrontare alcuni nodi ancora aperti per l’innalzamento dell’età pensionabile.  

Questa manovra ha quindi molti aspetti positivi: dall’abolizione della Tasi (la tassa comunale sui servizi indivisibili che era stata istituita solo due anni fa) al piano contro la povertà, dalle agevolazioni agli investimenti industriali alla conferma del bonus per i nuovi occupati.

Ma non possono essere dimenticati anche gli aspetti problematici. In primo luogo il fatto che i tagli strutturali di spesa sono molto limitati e rappresentano solo un pallido riflesso di quella “spendig review” di cui si era tanto parlato nei mesi scorsi. In secondo luogo il fatto che per trovare nuove entrare si punta ancora sul gioco, sulle video lotterie, sulle scommesse: si prospetta infatti la concessione di migliaia di nuove installazioni e l’apertura di veri e propri mini-casinò. Non è bello. Anzi è triste vedere un Governo che continua ad incentivare queste forme di pericoloso passatempo con provvedimenti che costituiscono una vera e propria tassa sulla povertà e sulla debolezza delle persone.